giovedì 1 luglio 2010

L'inferno di Treblinka nel reportàge di Vasilij Grossman


Anche chi abbia avuto occasione di leggere molte testimonianze e saggi sulle devastanti azioni perpretate all'interno dei campi di concentramento nazisti, proverà sgomento nello sfogliare le pagine del reportàge di Vasilij Grossman su Treblika (L'inferno di Treblinka, Adelphi, 2010).
Nelle sue pagine che costituiscono un
folgorante, esemplare, reportage - fondato su testimonianze di prima mano, raccolte subito dopo l'ingresso delle truppe russe nel campo di Treblinka - e scritto, quindi, subito dopo la liberazione del campo, nell'autunno 1944 -, viene rappresentata da Vasilij Grossman, inviato di guerra d'eccezione, la più terribile fabbrica della morte nazista Il resoconto breve, ma denso e impressionante nella csua essenziale crudezza, venne inizialmente pubblicato sulla rivista "Znamja" (Bandiera).
Per iniziativa del procuratore militare sovietico, in occasione del processo di Norimberga, ne venne data lettura davanti al collegio d'accusa.
Soprattutto a Treblinka, le SS cercarono di cancellare ogni traccia dei loro misfatti, ma non poterono portare a termine la loro opera, poichè - negli ultimi giorni prima della liberazione - si sviluppò proprio qui un'insurrezione armata da parte dei deportati.
Il caso di Treblinka è meno conosciuto ed inflazionato nei media, forse, rispetto a quello di altri campi della morte: Grossman nella sua cronaca enfatizza due elementi, in partiolar modo. Uno era che molti dei deportati (compresi anche gruppi di non ebrei) erano persuasi con l'inganno a fare questo trasferimento. L'altro è che, qui, la fabbrica della morte fu più rozza di quanto non accade ad Auschwitz: basta leggere il racconto di Grossman per capire perchè. Forse, perchè qui - a differenza di Auschwitz non vi era nessun impianto industriale da alimentare con manovalenza di schiavi a bassissimo costo.
A Treblinka la catena di montaggio di morte era indistintamente per tutti coloro che arrivavano con i convogli plurigiornalieri: non veniva operata alcuna selezione, poichè tutti dovevano essere soppressi non appena fossero arrivati, secondo una procedura che, con precisione meccanica, si ripeteva più volte al giorno.

Infine, un terzo aspetto significativo è che Treblinka fu il luogo di morte non solo di ebrei, ma anche di rappresentanti di altri gruppi etnici e di molti internati politici.
Leggendo alcuni dettagli, quali la gratuita crudeltà delle SS, il modo di spogliare i deportati di qualsiasi traccia della loro umanità e della individualità di ciascuno, l'uso di strumenti di intimidazione, saltano immediatamente all'occhio alcuni elementi che lasciano suppore che l'orrere di quei campi non sia mai finito e che, piuttosto, venga perpetuato in molti modi e in molti scenari diversi - anche contemporanei.
Viene naturale pensare a ciò che è accaduto nellla base-prigione di Guantanamo, sino alla sua chiusura, e a ciò che è stato perpetuato ad Abu Graib, con una ferocia inaudita, analoga e sovrapponibile a quella della SS a Treblinka.
Ci sono delle barriere e delle inibizioni ad agire che non bisognerebbe mai abbattere e, soprattutto, bisogna ricordarsi che qualsiasi azione volta a spogliare un essere umano della sua "umanità" e della sua specificità di individuo porta immediatamente a conseguenze nefaste, poichè un essere "reificato" e "amorfizzato" può ricevere qualsiasi trattamento senza che si attivino blocchi comportamentali fondati sull'empatia.

1 commento:

  1. Ho letto il libro e ne sono rimasto agghiacciato. Ne avevo letti di reportage circa il medesimo argomento ma nessuno, seppure la brevità di quest'ultimo, mi aveva impressionato a tal punto.

    Speriamo molti lo leggano e comprendano a fondo cosa è accaduto a pochissimi anni di distanza da noi. Orrore.

    Grazie....

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