venerdì 30 luglio 2010

Una gita a Scopello: la bellezza non è nello stare, ma nella nostalgia del ritorno


Il fascino dell'antico baglio del piccolo borgo di Scopello, un vero e proprio avamposto al limitare della Riserva naturale orientata dello Zingaro, è indubbio.
Quella dei bagli è una tradizione edilizia (al tempo stesso abitativa e funzionale) nata nel Sud dell'Italia, allo scopo di garantire un rifugio parzialmente fortificato alle popolazioni stanziali di contadini dalle incursioni dei Saraceni che erano particolarmente frequenti e di cui si ha memoria sino agli inizi del XIX secolo.
A questo scopo, venivano costruite le torri di guardia, delle quali, nel corso del tempo venne edificata un'intera cintura lungo tutto il perimetro costiero della Sicilia, seguendo il principio della "corrispondenza visiva", nel senso che da ogni torre fosse possibile inviare dei segnali (il più delle volte di fuoco e di fumo) alle due torri immediatamente vicine.
Laddove, la densità abitativa era maggiore, le torri di guardia venivano costruite più numerose, come pure la loro frequenza era in funzione dell'anfrattuosità della costa e della necessità di rispettare sempre il principio della corrispondenza visuale (su questo affascinante pezzo di storia e sulle sue testimonianze rimane fondamentale lo studio di Salvatore Mazzarella e Renato Zanca, Il libro delle Torri. Le torri costiere di Sicilia nei secoli XVI-XX , Palermo, Sellerio, 1985).
Il baglio è dominato da un’antica torre saracena a pianta rotonda, oggi diruta, che venne eretta su di un alto sperone roccioso, pressoché inaccessibile, proprio alle sue spalle.
L'incuria degli uomini e le intemperie (un fulmine le ha dato il colpo finale) l'hanno trasformata in un romantico rudere (e qui il termine "romantico" lo aggiungo per dare un certo valore a quel che rimane della torre, anche se a nessuno probabilmente gliene frega niente, all'infuori – penso - degli autori dell'importante saggio storico-architettonico che ho citato prima nel quale, per ciascuna delle torri di guardia, venivano raccomandati gli interventi conservativi minimi per evitarne il degrado, ma anche le possibili destinazioni d'uso)...
Il fascino del baglio è grande: la grande porta di accesso che accentua l'idea del presidio fortificato, l'acciottolato di levigate pietre di fiume, il maestoso eucalipto al centro della corte, i numerosi spazi abitativi con negozietti ricavati dalla cortina di edifici che ne costituiscono il perimetro, gli ameni schieramenti di tavolini e sedie da bar ombreggiati dalla verzura, in un'atmosfera sonora in cui manca il fastidioso brusio di sottofondo dei motori a scoppio tipico della città (chi arriva a Scopello deve parcheggiare l'auto in apposite aree fuori dal borgo), mentre si è accarezzati dallo stormire delle foglie e dal gentile chiacchiericcio degli scampoli di umanità presenti, un chiacchiericcio che però appare debole e sommesso, discreto insomma.
Tutto sembra fatto apposta per indurre alla rilassatezza e al languido abbandono, proprio durante le ore più calde del giorno.
Vi si può stare seduti immersi in un piacevole freschetto, gustando un’abbondante granita al caffé o al limone (non proprio eccellenti, ma ci si può accontentare), godendosi una sigaretta e leggendo un libro.
Poi, dopo questa pausa durante la quale - come accade in diecimila altri posti che possiedono queste qualità - ci si augura di poter avere una stanza proprio qui, con la finestra che guarda all'interno del baglio e viverci in ritiro, godendosi la lettura di un buon libro oppure scrivendo - ci si alza ed è imperioso andare in un vicoletto poco più in là dove – tradizionalmente - fanno il più buon pani cunzatu che vi possa mai capitare di mangiare.
Ma diffidate delle imitazioni!
Ci sono altri bar di Scopello che vi rifilano u pani cunzatu, ma non è quello che dovete mangiare.
Se mangiate l'imitazione rimarrete delusi!
Invece, dovete andare in questa viuzza dove è ubicato l'unico panificio del paese (di antichissima tradizione) e qui vi fanno u pani cunzatu nella variante con acciughe (per quelli a cui piace piccantello) o senza, servito sempre ben caldo, alla temperatura più idonea per far sviluppare al meglio gli aromi e i sapori dei diversi ingredienti che lo compongono.

Davanti al panificio, dove il pane è sempre caldo e si respira una tiepida fragranza di forno sono allestiti tavolini, sedie e panche alquanto rustici all'ombra di alcuni fichi che dalle loro basse ed intricate fronde gettano sugli avventori una pesante ombra e, magari, c’è anche un gatto che ti osserva pigramente, appollaiata su di un ramo.
Non c'è nulla di più godurioso dell'addentare una porzione di pani cunzatu che trasuda un po' d'olio (ma è inevitabile), annaffiandolo con della buona birra fresca e poi, per concludere, addentare anche una cassatella ancora calda di cottura.
Dopo questi "riti" che fanno immancabilmente parte della puntata a Scopello, si può andar via pienamente soddisfatti, anche se - mentre già si volgono le spalle al baglio - il cuore viene invaso da un pizzico di nostalgia, perché si ha la consapevolezza che si sta per lasciare uno di quei luoghi un po' magici che posseggono in sé delle qualità profondamente terapeutiche per l'animo esacerbato del cittadino delle grandi metropoli.

Ma, proprio andando via, la vista d'un asinello lasciato a pascolare la magra erba rinsecchita dalla calura ha un potere rasserenante. Lo "sceccarello del tuo cuore", con una delle zampe vincolata ad una fune che gli consente una mobilità limitata a pochi metri, ti osserva a lungo con la testa leggermente storta, con le punte delle sue grandi orecchie che convergono sulla linea mediana sin quasi a toccarsi e, con quel suo sguardo enigmatico dai grandi occhi scuri e profondi, sembra dirti: "Tu almeno hai la libertà di andartene e poi di ritornare... Non vedi che io, invece, sono qui legato e mi posso muovere soltanto in un raggio di dieci metri? Non essere triste, dunque! Quando vorrai potrai tornare! Io, invece, ho la certezza della mia prigionia qui, dove sono nato e dove, forse, morirò".
In fondo, tutto è relativo, come anche tutto è fatidico.
Lo sceccarello ha ragione.
Alcuni posti sono belli per te, perché tu ci arrivi, ci stai per tutto il tempo che vuoi e te li godi, ma sai bene anche che quando vorrai potrai andartene.
E, quindi, questi luoghi conserveranno sempre immutato il loro fascino, perché non arriveranno mai ad essere per te una prigione opprimente...
La bellezza non è tanto nello stare, quanto piuttosto nella possibilità di sperimentare nostalgia e di poter fare ritorno.

1 commento:

  1. Il calore del sole e l’aria quasi ferma, un piccolo paese che vive nel passato e nel presente ma che sembra quasi non conoscere il futuro.
    Potresti trascorrerci le ore in silenzio seduto su un muretto o in un bar d’altri tempi o ascoltare le semplici chiacchiere piene di quotidianità che curiosamente fanno sorridere. Potresti osservare senza spostare lo sguardo per ore.
    Piccoli negozi, passi leggeri, voci forti e dure. Assapori il pane mescolato ai doni della sua terra, caldo e saporito. Il piacere del non far nulla, se non seguire stradelli dal terreno sabbioso osservando colori che ti entrano nel cuore,
    Mi viene in mente una poesia di Fernando Pessoa:

    Campana del mio villaggio
    dolente nell'imbrunire,
    ogni rintocco tuo
    dentro di me risuona.

    Così lento è il tuo suonare,
    triste come di vita,
    che il tuo primo rintocco
    già il secondo ricorda.

    Per quanto tu sia vicina,
    quando passo errabondo,
    per me sei come un sogno,
    mi suoni dentro lontana.

    Ad ogni rintocco tuo,
    vibrante nel cielo aperto,
    è più remoto il passato,
    più urgente la nostalgia

    RispondiElimina

 
Creative Commons License
Pensieri sparsi by Maurizio Crispi is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at mauriziocrispi.blogspot.com.