martedì 28 aprile 2009

Siamo solo marionette...


A Padova, invece, in una città semideserta, se non per i maratoneti che dopo le quattro ore di gara continuavano ad arrivare alla spicciolata al traguardo, mi sono imbattutto in un teatrino ambulante, abbandonato al centro di una piazza.
Le marionette, tutte in pose di riposo, ma con gli occhi ben aperti e vigili, attendevano pazienti che il burattinaio - loro signore e padrone - tornasse per dare loro ancora una volta un po' di vita effimera...

Quell'ombrello verde in dissolvenza


Una breve camminata per Matera mi ha donato degli scorci inimmaginabili; poi, alla fine, il congedo in dissolvenza me lo ha dato questo ombrello verde che si allontanava nella piazza deserta, battuta da una fredda pioggia fuori stagione.
Quell'ombrello verde in dissolvenza sintetizza l'architettura interiore di quel giorno.

domenica 12 aprile 2009

L'angolo confortevole

Cammino per le strade al mattino. Il vento soffia di continuo. Solleva vecchie pagine di giornale gualcite, volantini che promettono mirabili prestiti e che nessuno si sofferma mai a leggere, mentre i pacchetti di sigarette accartocciati più pesanti resistono alle sollecitazioni eoliche e se ne stanno tronfi con i loro messaggi di morte tra foglie morte, cocci di vetro e petali di glicine ancora carichi di un sontuoso profumo.
Si passa attraverso quel che resta della notte e dei caroselli dello svago alcoolico.

Vie deserte, all'alba della Pasqua di rinascita.
Una sottile malinconia mi circola nel sangue.
Il frusciare del vento crea una sensazione di attesa, incerta ed indefinibile.
Rientro a casa e qui mi sento subito rinvigorito.
La malinconia mi abbandona, perchè mi ritrovo all'interno d'una sfera rassicurante e conosciuta nei più minuti dettagli.
Tutto sotto controllo.

La cappa si dissolve.
In fondo, mai ci si deve allontanare dai luoghi conosciuti, dalle isole rassicuranti della propria vita.
Allontanarsi, per poi tornare dopo brevi intervalli, ma mai farlo dopo anni e anni.
Il rischio potrebbe essere quello di trovarsi a confronto con derive possibili ed intollerabili del proprio sviluppo personale, l'enunciazione dei propri fantasmi, il disimpasto di aspetti sgradevoli del nostro Sè che ci siamo lasciati alle spalle, nel tentativo di essere migliori.
Come accade nel racconto di Henry James, "The jolly corner".

mercoledì 8 aprile 2009

E se le opere di narrativa potessero essere "fabbricate" da un supercomputer?


Uno splendido libro, di quelli che afferri quando stai per uscire di casa e ti porti nello zaino, per avere una cosa da leggere nei tempi morti della tua giornata e che, nel giro di poco, hai divorato.
Non conosco ancora in modo completo l'opera di Roald Dahl, se non per la sua "Fabbrica del cioccolato" e qualche altra short novel, tipo "Il vicario, cari voi" (corredato come molti dei libri di Dahl, dalle belle illustrazioni di Quentin Blake).
I suoi scritti, apparentemente indirizziti ad un pubblico di piccini, sono caratterizzati da una graffiante ironia e dalla capacità, nello stesso tempo, di dire delle cose molto profonde, con il pregio che le sue narrazioni possono essere apprezzate da lettori di tutte le età.
Il titolo di questo libricino è fallace, tuttavia: perchè il libro contiene, in verità, due racconti. Oltre a "Il libraio che imbrogliò l'Inghilterra" ("The bookseller"), storia d'una geniale truffa mandata avanti - sino all'inevitabile passo falso - da una male assortita coppia ("Tanto va la gatta al lardo...")t coniene l'assai più apprezzabile "Lo scrittore automatico" ("The Great Automatic Grammatisator") n cui uno scrittore frustrato, perchè le sue creazioni letterarie vengono regolarmente rifiutate per la pubblicazione, mette a punto una sorta di super-computer capace di comporre ogni sorta di racconto e poi anche di romanzo, miscelando abilmente generi, stili, lessico e financo target di riviste in cui far pubblicare lo scritto o di lettori.
In questo secondo racconto, l'inganno non verrà mai scoperto: Mr Knipe - Il geniale scrittore-inventore - e Mr Bohlen, il suo finanziatore, la faranno franca riuscendo nel loro intento, sino alla realizzazione di traguardi sempre più ambiziosi (compreso, alla fine, il monopolio dell'editoria).
"Lo scrittore automatico" è decisamente una condanna feroce nei confronti di tutti quegli scrittori che si danno delle arie, ma anche dei critici e dei comitati di lettori delle case editrici: l'affermazione forte è che, ammesso e non concesso, che fosse possibile realizzare una simile macchina, il prodotto realizzato alla fine del processo sarebbe del tutto indistinguibile da quello partorito con fatica dalla mente di una singola persona.
E gli scrittori, a quel punto, potrebbero andarsene tutti in pensione... o essere pagati per non scrivere più una sola parola.
Tanto all'intrattenimento letterario e al piacere dei lettori ci penserà con efficacia la macchina computazionale...
L'importante, tuttavia, è lasciare loro l'illusione che dietro quei romanzi o racconti ci siano dei "veri" scrittori, in carne ed ossa...
La critica trasposta nell'ironia lieve - eppure graffiante - di Roald Dahl non è del tutto campata in aria.
L'editoria contemporanea - per quanto dica di essere in crisi - sforna di continuo nuovi testi e propone di continuo scrittori emergenti che sono, in alcuni casi fortunati, la scoperta letteraria dell'anno, mentre i più rimangono semplici comprimari che - se gli va bene - riescono a conquistarsi una propria nicchia di lettori.
Di rado le tirature della maggior parte delle "nuove" opere vengono vendute in modo soddisfacente e, in tempi sempre più ristretti, passa al circuito remainder oppure va direttamente al macero.
Ciononostante, siccome il mercato dell'editoria, al pari di ogni altro settore produttivo, deve girare in continuazione, nuovi libri vengono di continuo sfornati ad un ritmo a dir poco "asfissiante": non c'è giorno che in libreria non ci siano delle novità a far bella mostra di sé.
Oggi, gli scrittori, pur essendo dei "creativi", sono asserviti alle esigenze di un sistema aziendale di produzione: quindi, mentre un tempo lo Scrittore era a tutti gli effetti un' vero artigiano della parola scritta e seguiva il proprio processo creativo dall'inizio alla fine senza tanti strumenti tecnologici (e basti pensare al lento e paziente lavoro lessicale di cesello che Alessandro Manzoni s'impose prima di licenziare definitivamente alle stampe "I Promessi Sposi"), oggi lo scrittore ha un coorte di personaggi che lo seguono nel suo percorso: dall'agente letterario (che colloca sul mercato le sue opere), ad un proprio comitato di lettori personali e di consiglieri fidati, ad un rappresentante della casa editrice incaricato di svolgere l'"editing" del testo (compito cruciale), ai cosiddetti "negri" di cui si avvalgono gli scrittori di best-sellers più affermati per l'esecuzione del lavoro iniziale di composizione del testo a partire da un semplice canovaccio.
Lo scrittore, in definitiva, non è più padrone di ciò che scrive, ma si limita a "sfornare", il più delle volte, un prodotto grezzo che, poi in fase di rifinitura, subisce per esigenze di congruenza editoriale una serie di estesi rimaneggiamenti.
Quindi, anche se il super-computer che elabora testi letterari più o meno complessi non è ancora stato inventato, l'intuizione beffarda di Roald Dahl è davvero geniale: lo scrittore moderno (con diversi gradi di coinvolgimento in funzione della sua posizione "in graduatoria") è sempre di più un semplice ingranaggio d'una macchina editoriale sempre più complessa e, pertanto, facilmente sostituibile.

lunedì 6 aprile 2009

Dormire quando capita: un modo diverso di vivere il sonno


Sono sempre rimasto colpito dal modo sereno e pacato con cui in certi del paesi del mondo la gente si mette a dormire, non appena può farlo.
Non è stanchezza, non è mancanza di sonno, ma è fondamentalmente una diversa modalità di rapporto con il sonno che non prevede necessariamente l'essere in un luogo specifico adibito al sonno e al riposo (la camera da letto) o all'interno di una fascia oriaria determinata.
In un recente saggio sull'insonnia (Eluned Summers-Bremner, Insonnia. Una storia culturale, Donzelli, 2008), l'autrice - che è una studiosa di letteratura e storia delle donne - esamina il sonno in Occidente e nei cosiddetti paesi "civilizzati" per giungere alla conclusione, suffragata da dati etologici, antropologici, sociologici che non c'è nessuna ragione valida per cui il sonno debba essere circoscritto esclusivamente alle ore notturne né che debba essere continuativo per quel tot di ore, senza le quali molti oggi si sentono "persi".
Una definizione di sonno fortemente "normata", peraltro, giova solo agli introiti delle case farmaceutiche che producono rimedi chimici contro l'insonnia.

Sembrerebbe piuttosto che possa essere più aderente alle caratteristiche ancestrali dell'uomo il sonno breve e spezzato e soprattutto quel dormire che si attiva "ogni volta che si può".
Un sonno frequente, mai prolungato, che a noi "civilizzati" appare in controtendenza rispetto all'iperattività dell'Occidente.
In India come in Nepal, come in molti paesi africani, è frequente vedere gente che dorme nei posti più impensabili e negli orari più strani.
Se non c'è niente da fare si dorme e ci si rigenera, ma anche si sperperano di meno le proprie energie e le proprie risorse, in condizioni di vita in cui non c'è particolare abbondanza di cibo....
Dormire è dunque un modo per rallentare il proprio metabolismo energetico e per mettersi per così dire in "stand-by".
Nel corso dei miei viaggi ho raccolto molteplici immagini di dormienti "esotici", ripromettendomi di usarle un giorno per un libro fotografico proprio su questo tema.
Dormire alla presenza di altri o in un luogo pubblico, peraltro, è espressione di grande fiducia nei confronti del mondo, perchè ad esso ci si espone indifesi, vulnerabili ed inerti.

Prima occorreva viaggiare sino a luoghi esotici per vedere dei "dormienti" al di fuori delle ore canoniche che l'Occidente riserva al sonno.
Oggi, invece, anche dalle nostre parti è più facile osservare questo fenomeno.
L'altro giorno, in una bella giornata di sole, mi sono sdraiato su di una panchina del parco vicino a casa e, lì, mi sono beatamente addormentato.
Mi è sembrata un'esperienza davvero straordinaria.
Da provare.


Nella foto: un dormiente a Villa Sperlinga (Palermo, Marzo 2009)
 
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