lunedì 24 novembre 2008

Dopo il maestrale e l'onda, quel che resta sulla sabbia


Il vento di maestrale
ha imperversato
furioso
tutta notte,
con raffiche e mulinelli
ululando,
fischiando
squassando

Eolo, Nettuno e Odino
se la sono spassata,
sornioni

Grandi onde,
al mattino,
ancora s'infrangono
con furia
sulla spiaggia,
rombando

Il mare è tutto uno spumeggiare bianco
e dalle creste impetuose
si levano cortine di pulviscolo sottile
e mille arcobaleni

Il giorno dopo,
la quiete

Una morbida risacca
s'infrange
sulla battigia

E' tanto strana
questa sospensione
dopo l'ansimare concitato
dei cavalloni!

Dovunque,
si vedono le tracce
della loro irruenza...

Alghe,
rami spezzati
grandi pezzi d'un graticcio di legno,
divelto chissà da dove

Perfino un cassonetto
giace acquattato
tra altre scorie

E poi...
grandi cumuli di posidonie
strappate dal fondale,
pezzi di legno,
secchielli,
palette,
formine dalla foggia bizzarra
(e tutto in plastica
dai vivi colori)


E ancora,
(meraviglia delle meraviglie!)
conchiglie di ogni forma,
ossi di seppia,
gusci di ricci di mare
(quellli senza le spine)

Un letto
fitto fitto
di piccoli trofei marini
che aspettano soltanto di essere raccolti...
da chi soltanto sappia accorgersi di loro

E Momi è lì,
come ogni mattino

Cammina
a testa china,
attenta,
e, ogni tanto, si rannicchia
per esaminare
qualcosa che ha colto
la sua attenzione,
traendo vitalità
da ciò che vede

Talvolta,
si lascia sfuggire
un grido di stupore,
quasi estasiata,
davanti ad un forma più bella
ad un colore insolito,
mai visto prima

Intanto,
il suo cagnolo
dai grandi occhi languidi,
cerchiati di kajal,
corre a perdifiato
avanti ed indietro
(è il puro piacere della corsa)
inebriato di odori e sensazioni
(sente di essere
sui terreni di caccia ancestrali,
come quando sogna...)

Momi e il suo cagnolo:
due esseri puri
che gioiscono di cose semplici
con il dono sublime
di poter sperimentare la meraviglia...

domenica 23 novembre 2008

Rosolino il pescatore e del piacere di leggere libri

Viviamo in tempi in cui il piacere intimo della lettura senza finalità, guidata dal puro piacere della conoscenza e dell'intrattenimento, tende a smarrirsi sempre più con l'incalzare dei mezzi di comunicazione della modernità, che presentano - in forme standard - riletture "letterali" della realtà senza che venga più dato alcuno spazio alla fantasia, e che, in qualche misura, possano derivare da un'elaborazione individuale. A causa di ciò, c'è dunque un eccesso di falsi "sogni" pre-confezionati e pre-digeriti, infarciti di elementi iperbolici che, conditi di roboanti colonne sonore e rutilanti stimoli visuali, "dopano" la fantasia dell'individuo e delle masse.
E' sorprendente che in un contesto in cui i giovani (e, con loro, gli adulti) rifuggono dal gusto "lento" della lettura, si possa trovare qualcuno che, invece, proprio di tale attività - solitaria, non rumorosa, intimista - faccia uno dei piaceri più sublimi della sua vita.
Proprio pochi giorni fa ci è capitato di incontrare una persona rustica, un naîf cultore del libro.
Rosolino il pescatore è un personaggio del borgo marinaro di Mondello che tutti ben conoscono.
Dalle prime ore del giorno è sempre là con il suo banchetto a vendere il pesce fresco: poche scelte essenziali che variano di giorno in giorno, ma si tratta sempre di pesci vivi e guizzanti, appena pescati.
Mentre ci decantava i pregi di vope, calamari, triglie e caponi, ho notato un grosso tomo che occhieggiava subito dietro le cassette del pesce.
Incuriosito, gli ho domandato cosa fosse.
Rosolino s'è illuminato in volto, ha subito preso con incredibile delicatezza il volume rilegato - con la sovraccoperta un po' stazzonata e vissuta da macchie e ditate - con quelle sue mani antiche, piene di nodi, umide di pescato e chiazzate di squame argentee, e ce ne ha mostrato la copertina.
Sorpresa! Si trattava del libro di Oriana Fallaci ("Un cappello pieno di ciliegie") che, uscito postumo pochi mesi addietro, racconta in forma un po' romanzata la storia della sua famiglia attraverso numerose generazioni.
Rosolino ci ha parlato con entusiasmo di questo libro, dicendo che lo legge in ogni momento libero tra un cliente e l'altro.
Si immerge nella lettura e, così facendo, sogna e viaggia.
E la stessa cosa gli succede quando se ne torna a casa la sera e siede nella sua poltrona con il libro del momento, poggiato sulle ginocchia. "E così mi passo il tempo", ci dice.
Ci racconta che il suo primo approccio alla lettura avvenne con un grosso volume, "Dinasty", di cui ci racconta per sommi capi la storia, anche questa volta con coinvolgimento. "Era un volume davvero grosso", ci dice, "Eppure, piano piano, pagina dopo pagina me lo sono letto tutto!", concude compiaciuto.
Ci dice anche di aver letto anche un altro romanzo, "Giulia" di cui nè io nè Romina sappiamo parlare. E, per entrambi i volumi citati, le nostre ricerche in internet non hanno sortito alcun risultato. Magari, Rosolino ce ne ha riferito i titoli in maniera imperfetta.
Tutti e due, amanti della lettura come siamo, siamo deliziati da questa conversazione con un personaggio che sinora abbiamo conosciuto come uno dei "venditori" di pesce della piazzetta di Mondello e che ora, inaspettatamente, abbiamo scoperto casualmente nella veste di appassionato lettore.
Rosolino è davvero genuino e vero, immediato di modi e non complicato: tanto fa pensare al protagonista di uno dei romanzi scarni di Sepulveda, "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore".
Questa la trama essenziale del piccolo romanzo

Il vecchio Antonio José Bolivar vive ai margini della foresta amazzonica equadoriana. Vi è approdato dopo molte disavventure che non gli hanno lasciato molto: i suoi tanti anni, la fotografia sbiadita di una donna che fu sua moglie, i ricordi di un'esperienza, finita male, di colono bianco e alcuni romanzi d'amore che legge e rilegge nella solitudine della sua capanna sulla riva del grande fiume.

E' stato bello scoprire quest'aspetto inedito di Rosolino che, proprio per il suo amorevole e certosino approccio alla lettura dovrebbe essere citato ad esempio vivente di quanto piacere si possa trarre dalle storie raccontate (e dal raccontar storie) per coloro che, dei libri, non vogliono sentire neppure l'odore, preferendo ad essi la stimolazione fugace ed effimera della televisione, del computer, dei videogiochi e di internet.
La lezione è che, con la lentezza della lettura, si possono costruire nella nostra mente - assieme all'autore - interi mondi e farli vivere, mediandone l'esistenza con il filtro dei nostri "occhialacci di legno".
Ogni libro, ogni storia vive nella mente di chi le lgge, sortendo dei risultati inaspettati ed imprevisti.
L'autore, con ogni suo romanzo, lancia nel mondo una freccia che viaggia da un lettore all'altro provocando in essi degli effetti ed amplificandone di volta in volta l'esistenza che finisce con il diventare autonoma e svincolata dall'intenzionalità originaria del suo creatore.
Proprio per questo, Rosolino meriterebbe di essere visitato dalle scolaresche delle Elementari e delle Medie perchè da lui ascoltino la storia di come egli abbia cominciato a leggere e preso a considerare i libri suoi amici fidati.

venerdì 21 novembre 2008

Cingerti vorrei con le mie braccia

Oro fuso sulla superficie del mare,
nel primo mattino,
scintillii che fanno tremar le palpebre

Orme di uccelli sulla sabbia,
intersecate in molteplici traiettorie

Meduse rattrapppite in gelatina informe,
ammasi di alghe
trascinati dall'onda,
letti di minute conchiglie

Un cagnolo irruento
scorrazza
avanti ed indietro
con una carica di vitalità
che risiede tutta nella magia del suo tartufo,
nero ed umido,
ricettacolo (e sensore)
di infinite tracce olfattive,
e nei suoi occhi languidi
contornati di cajal

Balza, fa le finte,
annusa e poi riparte
in un gioco che non ha fine,

gioioso

Felice di essere,
pur nell'incosapevolezza dell'essere

Sulla battiggia,
una donna se ne sta se seduta,
la testa tra le gambe,
assorta
e lunghi capelli biondi
le nascondono il viso

E' lì,
accanto a lei,
che vorrei essere

Cingerle le spalle con il braccio
carezzarle i capelli
baciarla sulle labbra tumide e volitive,
parlarle.

Questo vorrei nel nuovo giorno,
triste e malinconico
in cui, ad oscurare il sole,
verranno lacrime di pioggia
e freddo vento di tramontana

giovedì 13 novembre 2008

notte di luna, con tristezza



Il pigro sciabordio della risacca

sulla battigia levigata


e accesa di mille luccichii
ingenera serenità e pace,

parlando
con le sue infinite
variazioni fonetiche

di ciò che ritorna in eterno,

in echi di circolarità,

e di ciò che resta


A destra e a sinistra
della lunga
striscia di sabbia,
spoglia,
s'indovinano altre presenze
umane.

Figurette scure,

in piedi o sdraiate


Alcuni sono pescatori a canna, forse.

e, poi, coppie distese, ammantate di buio

Nel silenzio,

rotto solo dal lieve rumore del mare

e dal discontinuo soffio della brezza,

s'odono
bisbiglii complici

e sommesse risate

e qualche esclamazione di giubilo

dei pescatori


Luci
lontane,
riflesse sull'acqua
in lunghe strisce
ondulate,
portano il pensiero a presenze umane
che, nella
quiete della notte,
giacciono immemori

sprofondate

nell'avvolgente abbraccio di Morfeo

Gente
che sogna e che,
forse,desidera

mentre qualcuno, invece,

troppo ricorda

e soffre

e piange accorato


Intanto,

il disco pallido
della luna
gioca a rimpiattino
con nuvole candide,
creando
incantesimi

di luci e ombre
con il suo tenue lucore

Granelli di
sabbia,
umida e fresca,
scivolano, uno a uno,
tra le mie
dita,
segnando il tempo,
secondo dopo secondo,

rincorrendosi leggeri


Ma ogni secondo dura un'eternità


In questo
tempo sospeso,
proprio nel luogo che Momi abita ed ama e

che, ogni giorno, impregna con la sua fulgida presenza
lei è
con me,
pur assente,
e parla al mio cuore,
riscaldandolo


Palermo, il 13.11.2008




mercoledì 5 novembre 2008

L'auto-sommergibile


Sono in un auto, ma non alla guida. Il guidatore mi è sconosciuto. In ogni caso, io sto seduto da passeggero accanto a lui. Procediamo lenti e sicuri, a velocità costante. La strada è stretta, fiancheggiata da alte pareti perpendicolari, lisce.
Si potrebbe quasi pensare che stiamo percorrendo un canyon.  La strada è davvero stretta: le fiancate dell'auto (niente più che una piccola utilitaria)  quasi strisciano sulla roccia levigata. Non solo è angusta, è anche in lieve pendio. Man mano che procediamo le pareti si fanno sempre più alte e da vertigine, mentre il riquadro di cielo in alto si trasforma in una stretta fessura.
Mi accorgo che il fondo della strada si va ricoprendo d'acqua: e, siccome la discesa non si arresta, il suo livello si innalza sempre di più. Arriva prima ai mozzi delle ruote, poi a fari, poi inghiotte anche il cofano. Adesso, il movimento dell'auto è accompagnato da un lieve sciabordio. Poi, l'acqua sale all'altezza dei finestrini: è limpida e trasparente. Mi sembra di essere in un videogioco della Nintendo, calato in una delle avventure mirabolanti di Super-Mario... Per tutto il tempo, né io né il guidatore proferiamo verbo.
Quando l'acqua, tende a superare il vano dei finestrini e a salire oltre il tetto, comincio ad essere ansioso: del panico imminente ci sono già tutti i segni, come la tachicardia, la difficoltà a respirare e la sudorazione.



Ho l'impressione che lo spazio dell'abitacolo si faccia stretto e che sempre più grande si faccia la difficoltà a respirare. Malgrado ciò, con il guidatore che, imperturbabile, è fermo nella sua mission di far procedere il veicolo, continuiamo a non scambiarci alcuna parola. Mi agito. Cerco di aprire il finestrino: niente. Cerco di spalancare lo sportello: niente da fare! Le maniglie sono bloccate: e, in ogni caso, non ci sarebbe abbastanza spazio per aprirlo. Provo a rompere il parabrezza, ma posso far conto soltanto sulle mie mani nude: quindi, anche in questo caso, niente!
E ancora, non una parola viene pronunciata, per dar corpo e sonorità al panico crescente. L'ansia si fa intollerabile. Di colpo mi sveglio: puff puff pant pant!!!!
Rifletto con sollievo che si trattava solo di un sogno, alla Little Nemo (il famoso Little Nemo in Slumberland di Winsor McCay): che sollievo!!!
Ma accipicchia!
(3.11.2008)


lunedì 3 novembre 2008

Le capre, i gabbiani ed un corvo nero


In un giorno ottobrino, nel tratto di mare compreso tra Mondello e Barcarello, la temperatura è insolitamente mite, il mare è di una calma piatta, olio.
Le canoe, costeggiando, fendono la superficie liscia ed immota con un delicato sciabordio. La parete del monte si erge a picco sul mare, selvaggia ed aspra. Bisogna proprio storcere il collo per guardarne il ciglio che se ne sta almeno un centinaio di metri più su, il bordo di roccia friabile, appena indorato dal sole, mentre tutto il resto è ancora immerso nel cono d'ombra, benchè si sia già a metà mattina.
La parete è scoscesa: in basso, nuda scogliera di massi bianchi accatastati l'uno sull'altro quasi fossero stati lanciati senza un metodo da un ciclope iracondo. Più in alto, un ripido pendio disseminato di rocce affioranti da un terreno ghiaioso e friabile, tenuto assieme dalla crescita disordinata di disi ed altre essenze vegetali.
Il pendio è incastonato di capre che si muovono lente, cercando l'erba più succosa. Ci si chiede, guardando dal basso e sperimentando un lieve senso di vertigine, come abbiano fatto a finire lassù. Eppure, si muovono con agilità e per nulla intimorite, saltando come stambecchi da una pietra all'altra. Il loro forte odore si sente sino alla linea dell'acqua: forse è proprio il lezzo intenso che spinge a guardare verso l'alto.
Più in basso, nell'intrico di massi della scogliera chiazzati di guano, c'è un bianchieggiare di gabbiani che se ne stanno immobili, una colonia di nidificazione, forse.
E c'è anche un corvo nero che si svolazza qua e là, tenendoli d'occhio. Il corvaccio, senza parere, con brevi voli (che intrecciano ghirigori ed arabeschi), fa delle escursioni di esplorazione, cercando di avvicinarsi il più possibile per ghermire dai nidi qualche piccolo o le uova ancora in attesa della schiusa.
Ma i gabbiani sono vigili.
Non si lasciano ingannare dai raggiri dal perfido corvo.
Ogni volta che il corvo vilmente si avvicina loro, stormi di gabbiani-sentinella si levano battendo le ali con vigore e stridendo per poi prendere la via del mare, volando radenti sulla sua superficie plumbea e tornando, infine, alle loro postazioni.
Non a caso il termine "mobbing" con la sua acccezione moderna, è stato utilizzato proprio per descrivere questo comportamento cooperativo e schiamazzante dei gabbiani nella difesa dei propri terreni di cova, nei confronti di ogni malcapitato (uomo o animale che sia) che si sia avvicinato troppo a loro. Semplicemente per un fattore numerico, loro l'hanno sempre vinta sui predatori isolati.
E fu così che, anche questa volta, il malcapitato corvo se ne restò a bocca asciutta.



 
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