mercoledì 5 novembre 2008

L'auto-sommergibile


Sono in un auto, ma non alla guida. Il guidatore mi è sconosciuto. In ogni caso, io sto seduto da passeggero accanto a lui. Procediamo lenti e sicuri, a velocità costante. La strada è stretta, fiancheggiata da alte pareti perpendicolari, lisce.
Si potrebbe quasi pensare che stiamo percorrendo un canyon.  La strada è davvero stretta: le fiancate dell'auto (niente più che una piccola utilitaria)  quasi strisciano sulla roccia levigata. Non solo è angusta, è anche in lieve pendio. Man mano che procediamo le pareti si fanno sempre più alte e da vertigine, mentre il riquadro di cielo in alto si trasforma in una stretta fessura.
Mi accorgo che il fondo della strada si va ricoprendo d'acqua: e, siccome la discesa non si arresta, il suo livello si innalza sempre di più. Arriva prima ai mozzi delle ruote, poi a fari, poi inghiotte anche il cofano. Adesso, il movimento dell'auto è accompagnato da un lieve sciabordio. Poi, l'acqua sale all'altezza dei finestrini: è limpida e trasparente. Mi sembra di essere in un videogioco della Nintendo, calato in una delle avventure mirabolanti di Super-Mario... Per tutto il tempo, né io né il guidatore proferiamo verbo.
Quando l'acqua, tende a superare il vano dei finestrini e a salire oltre il tetto, comincio ad essere ansioso: del panico imminente ci sono già tutti i segni, come la tachicardia, la difficoltà a respirare e la sudorazione.



Ho l'impressione che lo spazio dell'abitacolo si faccia stretto e che sempre più grande si faccia la difficoltà a respirare. Malgrado ciò, con il guidatore che, imperturbabile, è fermo nella sua mission di far procedere il veicolo, continuiamo a non scambiarci alcuna parola. Mi agito. Cerco di aprire il finestrino: niente. Cerco di spalancare lo sportello: niente da fare! Le maniglie sono bloccate: e, in ogni caso, non ci sarebbe abbastanza spazio per aprirlo. Provo a rompere il parabrezza, ma posso far conto soltanto sulle mie mani nude: quindi, anche in questo caso, niente!
E ancora, non una parola viene pronunciata, per dar corpo e sonorità al panico crescente. L'ansia si fa intollerabile. Di colpo mi sveglio: puff puff pant pant!!!!
Rifletto con sollievo che si trattava solo di un sogno, alla Little Nemo (il famoso Little Nemo in Slumberland di Winsor McCay): che sollievo!!!
Ma accipicchia!
(3.11.2008)


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