martedì 4 maggio 2010

La città verrà distrutta all'alba: l'ossessione tutta americana di perdere il conformismo sociale e la "normalità"


La città verrà distrutta all'alba (The crazies), 2010, un film di Breck Eisner (lo stesso regista di Sahara, dall'omonimo romanzo di Clive Cussler) è il remake dignitoso del film di George A. Romero del 1973
A volte alcuni film horror ritornano in remake.
Capita che un giovane regista che, magari, lo ha avuto come film di culto da giovane provi a rifarlo oppure che un produttore o una casa cinematografica decidano di rilanciare una vecchia storia, adattandola ai tempi moderni.
A volte, l'operazione riesce ed è accativante: basti pensare ai ben tre remake successivi de L'invasione degli ultracorpi, grazie all'impronta originale impressa a ciascuno dei rifacimenti dal proprio regista. Direi che questa operazione riesce bene, soprattutto quando il regista che si cimenta con il film cult riesce ad essere "originalmente" fedele alla lettera del film che lo ispira, a reinterpretarlo senza copiarlo, a mantenerne intatto lo spirito senza riprodurlo pedissequamente, perchè in tal caso il remake rischierebbe di rimanere soltanto un clone, un film "copycat" e senz'anima.
Diciamo che questo remake è onesto e accattivante: ed è già una gran lode! Del resto chi potrebbe osare cimentarsi con un maestro della cinematografia horror della levatura di Romero e uscire indenne dal confronto? Tanto più che, di questo rifacimento, è lo stesso George A. Romero il produttore esecutivo...
Sembra che Romero abbia telefonato alcuni giorni prima dell'uscita statunitense a Eisner per discutere sul film, comunicandogli come approvasse l'opera in quanto «una vera reinterpretazione» dell'originale, aggiungendo che riteneva «fosse ben fatto»...

Come è nella pellicola precedente, anche qui, la TRAMA - con un'ambientazione temporale spostata di circa trent'anni (ci sono i telefoni e i computer) ruota attorno a una pericolosa arma biologica che, accidentalmente immessa nell'ambiente, inquinando prima le acque potabili e poi anche l'aria, raggiunge Ogden Marsh, una piccola cittadina rurale degli Stati Uniti d'America di poco più di 1500 anime.
La vicenda si divide in due piani narrativi tra loro paralleli ma uniti da un filo sottile: il prima tratta dei cittadini intenti a sopravvivere alla follia scatenata dall'arma biologica (da qui il titolo originale, "The crazies", vale a dire i "matti"), mentre il secondo mostra gli sforzi del governo e dell'apparato militare per nascondere l'intera vicenda all'opinione pubblica che qui, a differenza che film di Romero, sono appena accennati, per quanto concerne le vicissitudini nella "stanza dei bottoni", soppiantate da veloci riprese satellitari che individuano la zona del contagio e da "guardiani" che fotografano e registrano visivamente gli eventi, per fornire evidenze della necessità di attuare delle misure di "contenimento" sempre più rigide e massiccie, mentre hanno pieno sviluppo nelle operazioni militari aggressive e cruente per evitare che il contagio si diffonda.
Stessa identica conclusione rispetto all'originale: la città verrà distrutta all'alba con un ordigno nucleare, con tutti i suoi abitanti, almeno quelli rimasti ancora in vita.
Lo sceriffo e la moglie, unici sopravvisuti che siano riusciti a forzare l'anello di contenimento,, si dirigono verso una città vicina.
In chiusura, una città più grande, Cedar Rapids, di più di 100.000 abitanti, viene individuata per mezzo della sorveglianza satellitare e ritenuta idonea per l'attivazione di misure di contenimento del rischio biologico.
Insomma, la storia non ha fine e sembra promettere una escalation verso la catastrofe.

L'esordio e la fine del film presentano delle immagini di apocalisse con il fuoco purificatore che distrugge ogni cosa.
Vi è in entrame le storie, l'ossessione americana per il contagio (figlia minore della paura del la Bomba) da parte di un agente infettivo sfuggito per accidente dai laboratori dove vengono messe a punto armi biologiche, da utilizzare come strumenti di distruzione di massa o come elementi "destabilizzatori" di territori nemici.
Non a caso uno dei capovalori di Stephen King, indiscusso maestro dell'horror, L'ombra dello scorpione (1978) comincia proprio con una epidemia che si diffonde su larga scala, decimando la popolazione americana, per avviare nuovi scenari di lotta tra il Bene e il Male.
L'ombra dello scorpione (The Stand) è un romanzo post-apocalittico in cui viene sviluppata l'ambientazione già presente nel racconto Risacca notturna e in cui fa la sua comparsa per la prima volta l'antieroe per eccellenza di King, Randall Flagg, che apparirà anche in Gli occhi del drago e nella saga della Torre Nera. La storia inizia con la morte di quasi tutta la popolazione dell'America settentrionale (e, presumibilmente, del mondo) in seguito alla dispersione di un'arma batteriologica sfuggita al controllo dell'uomo: un virus - conosciuto con il nome formale di Progetto Azzurro (e in gergo come "Capitan Trips") - mutazione letale dell'agente eziologico dell'influenza, caratterizzato da un tasso di infettività del 99,4% ed un tasso di mortalità del 100%.
La prima sezione del libro, intitolata appunto "Capitan Trips", si svolge in un lasso di tempo di 19 giorni e racconta del quasi totale sterminio della razza umana ad opera del virus stesso. L'edizione completa del libro inizia con un prologo intitolato "Il cerchio si apre" che spiega come la super-influenza fuggì dal laboratorio in cui fu creata.
Qui, nel film di Eisner, il Male prende la forma di un'epidemia che trasforma onesti e timorati cittadini in belve rabbiose ed assetate di sangue. E' significativo che la diffusione del morbo si verifica in una piccola cittadina rurale, quasi a sottolineare che l'Americano medio teme tutto ciò che può insidiare la sua quieta normalità fatta di piccole cose, di riti quotidiani che si svolgono all'interno di angusti orizzonti in cui ciò che conta è l'adattamento meticoloso alla routine di ogni giorno (identico tema a quello proposto dalla prima versione de L'invasione degli ultracorpi di Don Siegel).
La normalità dei cittadini americani è assediata: questa l'idea del film.
Una normalità che, malgrado il tempo trascorso tra i due film, è rimasta immutata nei suoi caposaldi: la famiglia, il rispetto delle regole, la partecipazione ai riti sociali, in un contesto in cui sembra che nulla debba mai cambiare.
Se non fosse per la comparsa degli strumenti tecnologici preposti alla comunicazione nel secondo film, si potrebbe dire che siamo ancora fermi agli anni Settanta.
Insomma, la normalità del cittadino medio americano risiede nel conformismo ed in una forma di immutabilità, sorretta da un ottimismo di base un po' ingenuo, quello - per intenderci - di "Keep o the sunny side of the road"... e dal desiderio di stabilità: ciò che fa paura e che attenta alla normalità della vita è il movimento, il cambiamento.
La colonna sonora, proprio a rimarcare ciò, si perde nelle note un po' mielose di "Keep smiling through" che sembra provenire direttamente dagli anni Sessanta, subito prima che l'epidemia dei mostri rabbiosi si scateni, mentre gran parte della popolazione di Ogden Marsh sta assistendo (appunto: la "normalità") ad una partita di Baseball.
La perdita del conformismo trasforma i cittadini timorati in esseri rabbiosi, spinti da una cieca determinazione omicida e senza più alcuna luce negli occhi, una clonazione a tutti gli effetti degli zombie, a suo tempo partoriti dalla fantasia di Romero (La notte dei morti viventi).

Ovviamente, il film, per quanto con questo sbilanciamento sulle destabilizzazioni comportamentali, spinge anche a una riflessione (per quanto non approfondita) sul rischio potenziale delle armi biologiche, tuttora esistenti ma protette rigidamente dal segreto militare, e sulla loro pericolosità nel caso che i protocolli di protezione dovessero fallire.

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