martedì 4 maggio 2010

Ironman 2: toni da commedia innestati in un action movie tecnologico, ma con poca verve


Avendo visto Ironman 1, non si poteva perdere il secondo episodio, Ironman 2, un film di John Favreau (2010).
Con mio figlio che mi ci ha accompagnato, abbiamo convenuto che il primo della serie era stato molto più bello.
Perchè?
Sicuramente uno dei motivi di ciò è che il primo - come è per tutti i film che hanno per protagonista un supereroe - racconta la storia degli inizi ("the beginnings"), come il supereroe è nato, quali sono stati i percorsi che lo hanno portato ad acquisire un super-potere oppure a costruirsi una speciale identità, eventualmente con l'ausilio di supporti tecnologici che richiedono un perfezionamento per prove ed errori a partire da un prototipo rudimentale, come era stato nel caso di Ironman 1.
Ironman 1 era stato, da questo punto vista decisamente rutilante, anche perchè interpretato da Robert Downey jr con grande ironia, facendosi portatore di un messaggio anti-militarista.
Questa secondo capitolo della saga accusa una certa stanchezza: esaurita la meraviglia degli inizi, il regista - per rinverdire la trama e l'interesse degli spettatori - ha sentito la necessità di introdurre elementi di intrigo e di "spionaggio" industriale, attività di intelligence in nome della "sicurezza" USA, minacciata dal fatto che una potenziale arma letale sia in possesso di un privato cittadino, e vendette personali (come è il caso dell'socura e non chiara guerra perseguita da Ivan Vanko (un sempre più devastato Mickey Rourke) ai danni di Tony Stark (che è sempre interpretato da Robert Downey Jr).
In questa pellicola, sono molti i dialoghi e le parti statiche che poi tracimano in un'eccedenza compensatoria di lotte e voli di protesi cibernetiche armate di tutto punto e persino di una piccola armata di droni.
Tra le chicche: il bacio finale tra Tony Stark e la sua segretaria-manager-tuttofare, Pepper Potts (Gwyneth Paltrow), algida, efficiente, ma in segreto innamoratissima del suo datore di lavoro (sempre troppo distratto da altre donne e molto vanesio) e oltremodo gelosa: e, per l'attivazione di questo piano narrativo, è funzionale il controcanto di una neo-segretaria procace e abilissima nelle arti marziali, Natalie Rushman (Scarlet Johansson, affascinante come sempre).
Altra chicca, che è come una firma dell'autorialità delsupereroe a fumetti è la breve comparsa di Stan Lee, nei panni di se stesso, mentre Jon Favreau che, prima di darsi alla regia, ha avuto un passato di attore, si è ritagliato la parte di Happy Hogan, autista alquanto macchiettistico e concitato di Stark e Pepper Potts.
Ai toni leggeri da commedia si alternano quelli più scanditi dell'action movie tecnologico.
In ogni caso, per chi aprrezza le saghe dei supereroi della Marvel trasposte in film, rimane indubbiamente un film da vedere.

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