giovedì 25 febbraio 2010

E' uscito il romanzo "Gli archivi di Dracula": un serrato prequel del "Dracula" di Bram Stoker


La letteratura sul vampiro è di questi tempi assai fiorente, ma come fanno notare alcuni critici (tra i quali Giuseppe Lippi, prefatore de “Il battello del delirio" - Gargoyle, 2010 - con un interessante ed approfondito saggio, intitolato "Il vampiro in America"), vi è una tendenza generalizzata a trasformare i racconti sui vampiri in saghe a puntate e a borghesizzarli, "normalizzandoli", nel senso di farli diventare degli esseri “quasi” comuni che vivono, gioiscono, amano, vanno a scuola, lavorano come tutti gli altri esseri viventi.
L’esempio massimo di questa tendenza sono i romanzi di Stephanie Meyer che, non caso, sono divenuti oggetti di culto tra le più giovani generazioni.
Il vampiro, all’insegna di una buonistica political correctness viene normalizzato, con la precisazione che, come tra gli esseri umani, nella popolazione dei vampiri ci sono i “buoni” che obbediscono a precise regole di comportamento nei confronti degli umani e che cercano di trovare soluzioni alternative alla propria (fisiologica) sete di sangue e i “cattivi” che invece soggiacciono maggiormente alla propria natura ferina, anche se poi – più benignamente - finiscono solo con l’accanirsi in una lotta senza tregua contro la genìa buona della propria specie. Il vampiro, in questo tipo di rivisitazione del tutto proclive al dettato della moda, tende a diventare o un eroe idealizzabile o un borghese stretto tra abitudini piccine ed asfittiche oppure un teppistello da quattro soldi, o bullo o delinquente che dir si voglia, che - a tratti - si trasfigura in personaggio dalle aspirazioni nazi-fasciste, ma certamente ben lontano da una reincarnazione demonica del Male assoluto.
In questo clima culturale, arriva dalla Gargoyle Books un altro pregevole recupero di un testo inedito in Italia, pubblicato in edizione inglese nel lontano 1971, che riprende in pieno gli aspetti più sulfurei della letteratura sui vampiri.
Si tratta di un prequel "postmoderno" del Dracula di Bram Stoker: il racconto degli antefatti della più celebre storia sul Vampiro transilvano.
Raymond Rudorff, giornalista inglese, appassionato di letteratura sui vampiri, scrisse questo romanzo in forma epistolare, in cui - attraverso un contraltare di voci narranti che si intrecciano, fornendo di volta in volta, punti di vista e vertici di osservazione diversi - viene raccontata la storia della "famiglia" di Dracula e delle articolate connessioni con diversi rappresentanti di una stirpe "maledetta", compreso il collegamento con la sanguinaria Erzsébet Báthory - nobildonna realmente esistita tra la seconda metà del 1500 e i primi anni del 1600, soprannominata "la Belva dei Carpazi" per via dell'irrefrenabile ferocia che la spingeva a uccidere in maniera sistematica, tanto che, per sua mano, vennero torturate a morte più di 600 giovani donne - di cui si diceva che, oltre a godere nell’infliggere inenarrabili torture alle sue vittime, facesse il bagno nel loro sangue.
Questa l'ipotesi portante della ricerca negli "archivi" di Dracula: "Tutto il materiale che ho raccolto supporta saldamente le teorie che erano state scambiate per folli esternazioni di uno studioso lunatico; e conferma in pieno il sospetto che Stoker, con il suo Dracula, intendesse denunciare al mondo l'esistenza del vampirismo, sebbene sia stato infine costretto a presentare il libro come un'opera di pura fantasia" (e a parlare è l’oscuro ricercatore che scrive in premessa al carteggio epistolare intercorrente tra i vari personaggi, e alle loro narrazioni diaristiche a cui, di tanto in tanto, è lo stesso ricercatore ad aggiungere alcuni elementi di raccordo).
Rudorff, presentandosi attraverso il suo alter ego narrante come l'artefice d'una dura e faticosa ricerca, si dichiara come colui che si sta assumendo l'onere di denunciare al mondo l'esistenza della progenie dei vampiri, essendosi messo sulle tracce della loro origine attraverso il reperimento di preziosi documenti epistolari, come a lanciare l'avviso: "Essi vivono tra noi e la piaga non potrà mai essere debellata, perché comunque faranno ritorno, in un modo o nell'altro...", il che - tra l'altro - è un assunto profondamente articolato con la visione del mondo visionaria e pessimistica di H. P. Lovecraft, considerato unanimemente uno dei padri della letteratura horror.
Le vicende narrate si snodano dal settembre 1876, in cui si racconta dell’incursione in un antico e lugubre castello transilvano da parte di un gruppetto di giovani spavaldi alla ricerca del fascino di antiche leggende, all’11 novembre 1877, con un estensione temporale in avanti in cui si svela l’esistenza di un carteggio epistolare tra i professori Arminius - che, come sottolinea una nota al testo, adombra uno studioso realmente esistito - e Van Helsing, in cui il primo riceve notizie dell’esito "positivo" della vicenda esposta nel Dracula di Bram Stoker.
La struttura epistolare, molto cara ai narratori dell’Ottocento consente numerosi vantaggi, tra i quali si possono annoverare la possibilità della molteplicità dei punti di vista e l’abbattimento della rigidità di tempo e di luogo.
Attraverso la narrazione diaristica ed epistolare, l’autore può consentirsi di fare incursioni nel passato anche remoto oppure compiere dei cambi repentini di scena, con l'esposizione - quasi in simultanea - di parti dell’azione che si svolgono in luoghi molto distanti l’uno dall’altro, senza assumere la funzione di deus ex machina onnisciente e sviluppando un racconto diacronico, oltre che sincronico.
Nel romanzo epistolare, come fa appunto il personaggio narrante, alter ego di Rudorff ne Gli archivi di Dracula, lo scrittore fa un passo indietro e si pone semplicemente come “ricercatore” che rende noto ai lettori il risultato della sua ricerca e del suo studio.
Così descrive il romanzo di Rudorff, il critico Gianfranco Franchi, postfatore della presente edizione:
Cosa ne è derivato? Tecnicamente, uno stravagante romanzo ibrido, emi-diaristico, emi-epistolare, emi-giornalistico, emi-storico, una sorta di atipico incrocio tra Dracula di Bram Stoker (inevitabile), il Kaspar Hauser di vonFuerbach (curioso) e il Faust (suggestivo)”. (G. Franchi, dalla postfazione intitolata “Lucard” che, se letto al contrario, sta per “Dracul”, p. 250, corsivi nell'originale).
Per quanto concerne le similitudini con Dracula, non c’è bisogno di spendere molte parole: vi sono descrizioni in cui la connessione è facilmente riconoscibile, quasi da manuale. Più interessanti e più sottili sono i riferimenti a Kaspar Hauser e a Faust. Infatti, è il piccolo Stephen, cresciuto come un bimbo ritardato, a scoprire l’intelligenza (e la vita) a circa dieci anni dopo la scomparsa tragica dei suoi genitori, ma a differenza del Kaspar Hauser (personaggio misterioso realmente vissuto di von Feuerbach raccontò magistralmente la storia), riesce a mantenersi in vita e a formarsi una personalità forte, governata dalla volontà di dominio e da una passione smodata, seppur priva di emozioni, mentre successivamente il neo-Kaspar Hauser - travolto dalla suggestione del Male, alimentata dallo studio forsennato di antichi testi e documenti alla ricerca della legacy più profonda della sua stirpe - si tramuta in un neo-Faust asservito ad un malefico patto demonico che lo guida nelle scelte successive, in un delirio di invincibile onnipotenza.
Al di là di questa struttura narrativa si intravede al di là anche una profonda ed articolata ricerca d'archivio e sarebbe davvero iinteressante - come osserva ancora Gianfranco Franchi - andare alla ricerca delle fonti storiografiche utilizzate da Rudorff per dare sostanza e credibilità alla sua narrazione e metterle a confronto con quelle utilizzate da Bram Stoker.
Lo stesso Rudorff, come sottolinea Franchi, è un personaggio di cui si sa molto poco: dopo la sua morte, sembra sia scomparso nel nulla.
Non ci sono sue biografie, non è menzionato nel web, né esiste traccia delle vecchie edizioni in Italiano di altri due suoi romanzi, La dimora dei Branderson (pubblicato in Italia da Sonzogno, nel lontano 1975) e Complotto a Venezia (sempre per i tipi di Sonzogno, nel 1977).
Si sa anche che Rudorff ebbe a tradurre, nel 1975, Il vampiro di Ornella Volta.
Di lui sono note soltanto le date di nascita e di morte (1933-1992) ed inoltre si sa che, per un certo numero di anni, visse probabilmente anche in Italia, forse a Roma..
Un mistero avvolge dunque lo stesso Rudorff, tanto che G. Franchi, autore della postfazione, ventila l'ipotesi provocatoria che lo stesso Rudorff non sia altro che il Vampiro redivivo, quasi facendo sua l’idea ventilata dall’anonimo ricercatore che consegna al lettore il frutto della sua indagine tra archivi e biblioteche (tra i quali reperti hanno funzione fulcro i diari di Andrew Fuller e dii Elizabeth Sandor, asserendo che “i vampiri sono tra noi”).
La sintesi dell'opera nel risguardo di copertina
Per decenni, il pubblico dei lettori e dei cinefili ha rabbrividito al cospetto delle imprese del vampiro più famoso della storia, Dracula. Fino ad oggi, tuttavia, si è sempre saputo molto poco del passato del Conte sanguinario, e in particolare delle circostanze che determinarono la sua trasumanazione verso la diabolica condizione di non-morto.
Dalla parentela con la Contessa Elizabeth Bathory, passando per le guerre contro i Turchi e fino ad arrivare alle indagini su di lui condotte dal Professor Arminius, in questo prequel del "Dracula" di Bram Stoker, la spaventosa saga del casato di Vlad viene finalmente alla luce. I diari e gli scambi epistolari dei protagonisti di quest'avventura occorsa alcuni anni prima delle gesta di Van Helsing e Jonathan Harker, porteranno il lettore a spasso per i secoli, conducendolo infine verso la verità che nessuno ha mai osato rivelare. Ecco che cosa accadde a coloro che si imbatterono nelle vicende del Signore delle Tenebre, e a coloro che si ostinarono a tentare di svelarne il mistero...

Per leggere integralmente la postfazione di Gianfranco Franchi, clicca qui.

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