martedì 26 aprile 2011

Berlusconi e Sarkozy: dopo il lavoro, il sano divertimento...

Dopo aver discusso di importanti questioni internazionali, nel relax che segue sempre a momenti di grande concentrazione intellettuale, Sarkozy si avvicina a Berlusca e, guardandosi attorno con una certa circospezione, gli dice: "Silvio, dopo avere tanto lavorato, mi piacerebbe provare uno dei tuoi favolosi Bunga Bunga".
"Non ti preoccupare, carissimo Nicolas, ho già pensato a tutto io - gli risponde gioviale Silvio, strizzandogli l'occhio, dopo una vigorosa pacca sulle spalle, e prendendolo a braccetto con fare confidenziale, mentre truci guardie del corpo li attorniano.
"Nemmeno ti avessi letto nel pensiero... Ti ho già anticipato e, da buon padrone di casa, ho pensato a tutto io - aggiunge il Berlusca con tono faceto, dietro il quale s'intravede un piglio manageriale un po' debosciato - vedrai: questa sera rimarrai stupito e senza fiato. Troverai tutto quello che puoi piacerti ed anche quello che non hai mai immaginato. E, ovviamente, per potere reggere a tanta abbondanza tutti i necessari aiutini...".
E Sarkozy: "Non vedo l'ora, Silvio... Ma mi raccomando, acqua in bocca con Carla!"
"Tranquillo, tranquillo, mio caro, nessuno verrà mai a saperlo... Rimarrà come un piccolo segreto tra noi... Ma sai saremo in buona compagnia: proprio oggi ho parlato con Obama e, sapendo di fare cosa a te gradita, ho invitato anche lui..."
"Ma così sfigureremo: io sono un po' bassino e per nulla abbronzato!" - fa Sarkozy.
"Ma figurati - replica Berlusca - avremo altro a cui pensare e, per un attimo, ci dimenticheremo di fare stupidi confronti... Quello che conta è ben altro e noi nani diamo dei punti a quelli di alta statura... siamo iper-dotati da ben altra parte".
Sarkozy lo ascolta, visibilmente dubbioso, ma non replica ulteriormente. Ma poi aggiunge: "Se lo dici tu... Non è che hai invitato anche la Merkel"?
"No, la Merkel, no... a meno che tu, caro Nicolas, non abbia nei suoi confronti una segreta attrazione e, allora in tal caso, potrei cercare di fare in modo che ci sia anche lei. In ogni caso, per quanto riguarda riservatezza e discrezione, puoi stare del tutto tranquillo. Io e miei collaboratori saremo muti come pesci".
Berlusca, nel dire queste parole, si guarda attorno e, incrociando lo sguardo di Lele Mora, gli strizza l'occhio e articola qualche parola, senza suono.
Ma decifrando il labiale, si comprende bene che gli ha detto: "Tienti pronto. E' per stasera...".
Ma un osservatore esterno, appena un po' attento a cogliere i segnali occulti, si accorgerà che il messaggio è anche rivolto a Fabrizio Corona che se ne sta un po' in disparte e gli strizza l'occhio di rimando.
Allora, tutti al Bunga bunga questa sera...



martedì 12 aprile 2011

Davanti al mare


La spiaggia è semideserta Arrivano poche persone, sporadicamente, ma è una processione continua, in qualche modo Via uno, avanti un altro Le onde si frangono con forza con un rombo costante, ma non c'è più il forte vento di ieri La dove c'è la secca e le onde si rompono, una ventina di persone se ne sta in acqua: tutti con la muta, forse surfisti in erba, - ma di tavole non se ne vedono molte - stanno imparando i primi rudimenti per cavalcare le onde, quando si rompono I loro corpi fasciati nelle mute nere conferiscono alla scena un che di lugubre e cupo Più in là, oltre la punta del molo, ci sono due canoisti che si dirigono verso il mare aperto, intrepidi Salgono e scendono sulle onde, molto alte prima di rompersi e ben distanziate l'una dall'altra L'incavo che si forma tra un'onda e la successiva è una valle profonda: Quando uno dei canoisti vi scivola dentro, scompare del tutto alla mia vista e ne vedo a tratti solo la testa: il resto è sepolto nella minacciosa concavità liquida Tornerà a riemergere? - mi chiedo Oppure quel cavo in cui l'acqua sembra farsi torbida e cupa si trasformerà per lui in un maelstrom infido? Il sole picchia forte e duro, pur volgendo al tramonto Come ieri sentivo il soffio del vento, incessante, così oggi le mie orecchie traboccano del rombo della risacca incessante I raggi del sole che mi inondano, mentre sto seduto con le spalle poggiato ad un muro intonacato di bianco sono intensi e mi fanno calore e, forse proprio a causa di questo riscaldamento, le mie fantasie e la mia mente galoppano lontano Vorrei cose che non ho, sicuramente, e si accendono ogni tanto fantasie a luci rosse Poco fa, è entrata sulla terrazza, lastricata con una pavimentazione di pietra pregiata, forse granito, una coppia giovane Lei con tacchi molto alti, in tiro Lui così, vestito alla buona, ma un bel ragazzo Lei, sicuramente bella (uno di quei casi in cui la bellezza non è un'opinione), ha con sé una macchina fotografica reflex e gli dice: Fotografami! Sono bella e potrei essere una modella Il ragazzo l'accontenta e le scatta tante foto Click click click Poi, parlottando, incedono sulla terrazza, e, al suo limitare, si fermano a contemplare il mare A sua volta, la ragazza, evidentemente proprietaria della macchina, scatta alcune foto al fidanzato, ma lui non si mette in posa a differenza di lei Poi, si incamminano e vanno via Le persone vengono, poche, e poi vanno Altre arrivano, fanno pochi passi verso il mare, guardano, poi gli volgono le spalle e vanno, senza indugiare mai per più di pochi secondi Si fermano a scrutare il mare, intenti, ad ascoltare il rumore della risacca, intenti E poi se ne vanno Perchè lo fanno? Forse perchè guardare il mare, sentire il rumore delle onde e del vento è rigenerante... Forse c'è qualche cosa di primigenio in ciò, visto che si tratta di una delle visioni ci ha accompagnato sin dalla più lontana alba dell'umanità Forse perchè la vita - e quindi anche noi - è strisciata fuori dal mare e thalassa è il nostro luogo delle origini Non saprei. Ci sarà un motivo, mi dico, se vengono, continuamente a guardare il mare per stare pochi secondi soltanto senza ristare mai abbastanza a lungo per poi andarsene Qualche volta vorrei chiederglielo Penso che nessuno saprà rispondermi come vorrei Sono certo che balbetteranno qualche risposta. Poi si fermeranno, sentendosi aggrediti nell'intimo, si chiuderanno nel silenzio, mi volteranno le spalle e andranno via, lasciandomi solo con i miei interrogati insoluti, davanti al mare, solo

Nei giorni scorsi, per la prima volta dopo molti mesi, sono andato al mare in bici.
Mi sono sdraiato al sole, in un punto adatto, del tutto riparato dal vento. Un po' ho dormicchiato e un po' ho fatto ginnastica E intanto mi guardavo attorno, godendo di un momento sospeso, in cui ancora non è incominciata la ressa estiva che rende questi luoghi inavvicinabili e fa perder loro tutto il fascino che possiedono. Il giorno prima soffiava un forte vento... Oggi, invece, il vento si era placato e,invece, come sempre succede, arrivavano a gruppi le onde che si frangevano sulla secca. Ho giocato con la mia ombra, complice il muro intonacato di bianco... Palermo, il 6 aprile 2011

mercoledì 16 marzo 2011

Peter Cushing e Christopher Lee in un intrigante saggio di Franco Pezzini e Angelica Tintori


Peter Cushing (1913-1994) e Christopher Lee (1922-) sono stati due grandi del cinema: nei tardi anni Cinquanta si incontrarono sui set della Hammer, una casa cinematografica inglese che, dopo la lunga stasi seguita al Muto e all’Espressionismo tedesco, diede un nuovo impulso al genere Horror, sdoganandolo al grande pubblico. Attori eclettici, con alcune prove cinematografiche alle spalle in ambiti diversi, Cushing e Lee si ritrovarono a recitare in coppia nei film diretti da Terence Fisher, The Curse of Frankenstein (1957) e Dracula (1958), entrambi prodotti dalla Hammer: in queste due pellicole, vere pietre miliari della cinematografia horror, furono rispettivamente il Barone e la Creatura, Van Helsing e Dracula, la forte valenza iconica di tali personaggi fu magnificamente recepita dalle loro interpretazioni, destinate a influenzeranno significativamente l’immaginario collettivo a venire.

In tale “specializzazione” di ruoli, il duo Cushing-Lee si affianca ad alcuni nomi importanti della cinematografia horror come Lon Chaney jr (1883-1930), Bela Lugosi (1882-1956), Boris Karloff (1887-1969) e il contemporaneo Vincent Price (1911-1993).
Ma, a differenza degli attori citati che, il più delle volte, pur avendo firmato con la loro presenza dei grandi “classici” del genere horror, operarono il più delle volte in solitaria, Cushing e Lee si ritrovarono a “giocare” in tandem, in un rapporto dialettico di continua alternanza tra agonista/deuteragonista o in una contrapposizione dinamica tra personaggio principale e la sua “ombra” (Frankenstein vs Creatura), tra protagonista positivo e antagonista terrifico (Van Helsing vs Dracula), tra maestro e “aiutante” (Sherlock Holmes vs Watson).

Cushing e Lee sono i protagonisti di Peter & Chris. I Dioscuri della notte (Gargoyle, dicembre 2010), un lavoro davvero impagabile per analisi critica e rigore documentale, firmato da Franco Pezzini e Angelica Tintori, entrambi esperti di cinema e già cimentatisi con il tema del Vampiro nella cinematografia in The Dark Screen. Il mito di Dracula sul grande e piccolo schermo (Gargoyle, 2008).
Il percorso attoriale di Cushing e Lee viene radiografato in profondità: dall’infanzia – con uno zoom assai esaustivo sui rispettivi ambienti familiari – alle iniziali esperienze professionali; dalla collaborazione sui set Hammer – da cui prende avvio una tra le più memorabili stagioni del cinema di genere –, passando poi a una serie di esperienze spurie nordamericane, sino alla conclusione del sodalizio a causa della scomparsa di Peter Cushing (nel 1994), senza trascurare le ultime prove solitarie di Christopher Lee. Chi dimenticherà mai, ad esempio, la sua interpretazione di Saruman il Bianco nella trilogia cinematografica de Il Signore degli anelli (2001) realizzata dal neozelandese Peter Jackson? E sono in tanti a chiedersi come sarebbe stato proprio Lee nei panni di Gandalf il Bianco oppure se, essendo ancora in vita Peter Cushing, i due avessero proposto ancora una volta, nei due rispettivi ruoli antagonisti, un ulteriore, magistrale duetto.
Pezzini e Tintori raccontano di due attori che, pur diversi per formazione e vissuto, sono accomunati dalla tenacia e dalla precisione interpretativa:
La formula della riproposizione del medesimo paio di volti nell’ambito di opere diverse reca un elemento in qualche modo tranquillizzante, di conferma di orizzonti noti agli spettatori, e dunque di garanzia e di valore aggiunto alle produzioni (dall’Introduzione degli autori, p.10).
E più avanti:
Ma anche in tale ambito, fortemente conservativo di caratteri mitici, all’eroe si contrappone spesso una figura-ombra nel segno di una complementarità variamente intesa (Ibidem, p.10).
La collaborazione professionale tra Cushing e Lee sul set si trasformò presto in un legame di amicizia destinato a consolidarsi sempre più nel corso del tempo, così che i due attori, in qualche misura, forgiarono i propri personaggi l’uno sull’altro per effetto di uno strano meccanismo di travaso “empatico”, fermo restando le differenze legate alla forte personalità di ciascuno.
In qualche misura, attore e personaggio partecipano l’uno dell’altro: non evidentemente nelle scelte esistenziali, ma in un sottile gioco che arricchisce vicendevolmente le due persone. Cioè quella in carne ed ossa dell’attore che attraverso il ruolo conosce il confronto con diverse dimensioni interiori, anche molto lontane dal proprio vissuto, e l’altra, nel senso latino di “maschera” (persona, appunto) che acquisisce spessore umano tramite l’interprete.: Il tutto peraltro in termini non sempre chiari per il pubblico, che può faticare a scindere l’uomo-attore dal personaggio abilmente interpretato: Risulta intuitivo quanto tale compenetrazione finisca con l’influire sulla dialettica della coppia professionale (ibidem, p. 10)
Il volume della Gargoyle, il cui progetto è stato ispirato da un’idea lanciata da Paolo De Crescenzo, direttore editoriale della stessa casa editrice, viene a rappresentare una pietra miliare nel campo della saggistica cinematografica , ponendosi come riferimento imprescindibile per gli studiosi di cinematografia e per gli appassionati.
Il libro è esauriente, senza essere arido, perché nella sua elaborazione i due autori hanno travasato la loro passione.
L’approccio multidisciplinare di Pezzini e Tintori – che va dall’antropologia alla semiologia e alla sociologia – permette loro, inoltre, una rivisitazione innovativa e interessante di tanti film più o meno noti, che hanno fatto la storia del cinema di genere.
Sulla cinematografia horror In lingua italiana esiste, come punto di riferimento la grande opera di Teo Mora, Storia del cinema horror, pubblicato da Fanucci in tre volumi, dal 1977 in avanti, forse oggi introvabili nei normali circuiti librari e, in tempi successivi, un’opera più “leggera” a firma di Danilo Arona (Guida al cinema horror, Ripostes, 1996). L’opera di Pezzini e Tintori è rispetto all’insuperabile caposaldo storiografico di Teo Mora, un’opera monografica, nella quale - oltre ad ampliare enormemente il campo già esplorato, ma in un’ottica ben più specialistica - essi si distinguono per un efficace registro affabulatorio, che fa pienamente entrare il lettore nel ritmo di una narrazione (è come se essi dessero al loro la lettore la possibilità di “visualizzare” scena per scena i film di cui parlano), piuttosto che quello della disquisizione dotta.
L’opera è preceduta da una prefazione di Alfredo Castelli (autore di Martin Mystère) dal titolo “Una scelta irresponsabile”, nella quale si legge a elogio alla completezza del testo:
Avendo la fortuna di potere accedere a un formidabile database giornalistico, ho cercato nei quotidiani d’epoca notizie sui Dioscuri sicuro di trovare qualcosa che nel libro non c’era. Niente: non so come abbiano fatto, ma sembra che Angelica e Franco siano vissuti accanto a Peter e Chris, fin da quando questi ultimi erano in fasce (dalla prefazione di Alfredo Castelli, p. 6)

Questo, molto in sintesi, il piano dell'opera
Il lavoro di Pezzini e Tintori si sviluppa con un grande rigore.
Dopo un'Introduzione in cui i due autori forniscono un'inquadramento generale del tema che intendono sviluppare e una nota bibliografica per specificare correttamente le principali fonti bibliografiche di cui si sono serviti per sviluppare la loro indagine seguone sei grandi capitoli.
Il primo tratta delle due vite parallele dei due attori, sin quasi al loro primo incontro ("Le vite parallele. Avventure, produzioni e incroci causali prima del sodalizio").
Il secondo affronta il loro primo incontro e le prime due "mitiche" produzioni Hammer, Frankenstein e Dracula ("Le fondamenta del mito. Frankenstein, Dracula e la ridefinizione dell'horror"). Ovviamente, ricalcando il metodo già sperimentato con il loro primo volume sul vampiro cinematografico, i due autori dedicano ampio spazio per rivisatare minuziosamente la trama dei due film "capostipite" della produzione Hammer.
Nel terzo capitolo ("Demoni e dee. la costruzione del Pandemonium Hammer") vengono visitati e analizzati tutti gli altri film della produzione Hammer che hanno visto la collaborazione dei due attori come, ad esempio, Il Mastino dei Baskervilles, La Mummia, The Gorgon, She, Dracula Prince of Darkness.
Nel quarto ("Non solo Hammer. le altre produzioni"), il lettore viene condotto in una lunga carrellata su altre produzioni che, in alcuni casi, conducono Peter e Chris oltre oceano e li fanno incontrare con altri grandi attori dell'horror, tra i quali Vincent Price. Le "altre" produzioni furono rigogliose e numerose, a riprova del fatto che i due Dioscuri erano nel frattempo divenuti nella cinematografia di genere sempre più osannati, riveriti e richiesti.
Il quinto capitolo ("La fine di un'epoca. La stagione horror 1972-1974") esamina la transizione verso una cimnematografia in cui l'horror - transitoriamente - volge al declino, con produzioni realizzate da registi ritardatari, quasi degli "epigoni", mentre i due vengono anche coinvolti in produzioni non di genere.
Nel sesto capitolo ("I dioscuri tra le stelle. Le ultime produzioni") la traiettoria dei Dioscuri volge al termine: sono insieme, ma disgiunti, coinvolti in una serie di produzioni seriali per la TV e reclutati per parti "cameo" da registi maggiori. Alla fine degli anni Novanta, Peter Cushing "ascende" al cielo come Dioscuro mentre Lee rimane ancora attivo e a lui vengono affidai dei ruoli strepitosi, come nel caso della parte che gli viene chiesto di impersonare come Saruman il Bianco nel film-saga, Il Signore degli anelli, sino ad una parte cameo nel recentissimo film di John Landis (Burke&Hare), peraltro non citata dagli autori, perchè al tempo dell'estensione dell'opera il film sulla storia dei due celebri ladri di cadaveri non era ancora stato realizzato.
Ogni capitolo è corredato di un ricco apparato di note critici con tutti i necessari ed esaustivi rimandi bibliografici e alle fonti consultate.
Da menzionare anche l'inserto centrale con foto d'archivio a colori e in bianco nero che offrono il necessario supporto iconograqfico alla materia trattata.
Gli autori concludono, riflettendo, in ultimo, sull'enorme popolarità - rilevabile nel web - di cui godono - con pieno vigore - i due attori, affermando - proprio nel paragrafo di chiusura:
L'esistenza stessa su You Tube, di qualcosa come i cartoni animati Pete e Chris. The Never Ending Stories, coi due attori caricaturati in buffe storielle, offre la misura di un impatto sull'immaginario che li vede assurgere a categorie dello spirito, e persino sttraverso la fondamentale serietà del gioco e della risata. Permettendo di riconoscere in questa storia congiunta un capitolo importante dell'orizzonte che abbiamo dentro (cfr. p. 407).

Perché Dioscuri della notte?
Presente nel sottotitolo, a definire assai suggestivamente il celebrato Tandem è il termine “Dioscuri” che racchiude in sé molteplici significati e rimandi: il carattere “mitico” della coppia ( pur essendo i Dioscuri solo semidèi, quando giunse il momento della loro morte, Zeus concesse loro il privilegio di ascendere al cielo e di rimanervi in forma di costellazione, la cui brillantezza in cielo avrebbe ricordato agli Umani la grandezza delle passate gesta), l’inscindibilità (l’uno era il completamento dell’altro), e l’idea del compimento di grandi imprese all’insegna di dedizione e abnegazione reciproche. L’aggiunta “della notte” all’appellativo “dioscuri”, rimanda ovviamente alle tenebre, al buio, all’oscurità predilette dalle creature e dai “mostri” che i due attori hanno rappresentato e, in generale, all’Horror che, in quanto genere, essi sono riusciti a sdoganare verso un pubblico non più di nicchia.
Nel Mito, Castore e Polluce - detti i Dioscuri - secondo alcuni nacquero da Zeus e Leda, mentre secondo altre fonti avrebbero avuto origine da Tindaro, re di Sparta, ed ebbero come sorella Elena, il cui rapimento da parte di Paride fu causa della guerra di Troia.
Altri, infine, raccontano che solamente Polluce e la sorella Elena fossero figli di Zeus, e dunque immortali, mentre solo Castore sarebbe stato figlio di Tindaro e, dunque, destinato alla morte.
Nel mito, inoltre, Castore e Polluce furono due degli Argonauti, gli eroi che parteciparono - al seguito di Teseo - alla ricerca del Vello d’oro: Polluce – già celebrato come grande pugile – sconfisse in una gara di questa disciplina Amico, il re dei Bebrici.
Poco tempo dopo i gemelli fondarono la città eponima di Dioscuria, collocata secondo il mito in Colchide.
Inoltre, presero parte alla lotta contro Teseo, che aveva rapito la loro sorella Elena nascondendola ad Afidne. Fu dopo quest’ultimo combattimento che Zeus concesse loro l’immortalità.
Si narra inoltre che abbiano preso parte alla Battaglia della Sagra tra le file dei Locresi (della città di Locri Epizephiri) combattuta contro i crotonesi (Crotone). Afareo, fratello del re Tindaro, era a sua volta padre di due gemelli: Ida e Linceo. Secondo una delle fonti, Castore e Polluce rapirono le promesse spose dei cugini e, nell’imboscata che ne seguì, Castore fu ferito a morte. Polluce, volendo seguire il destino del fratello, ottenne di vivere così come Castore un giorno sull’Olimpo e uno nell’Ade.
Un altro mito, riportato da Euripide nella sua opera Elena (al verso 140), ricorda invece che Zeus concesse – visto il loro profondo legame – di vivere per sempre nel cielo, sotto forma di costellazione.

Dal risguardo di copertina
Poche coppie dello schermo hanno influito tanto profondamente sull'immaginario collettivo quanto quella formata da Peter Cushing e Christopher Lee. Nel corso delle rispettive, lunghe carriere, i due attori si sono cimentati nei più svariati tipi d'interpretazione, ma la consacrazione a icone internazionali è avvenuta sul terreno dell'horror. A partire dai primi e ormai leggendari film in coppia per la Hammer, "The Curse of Frankenstein" (1957) e "Dracula" (1958), e via via di pellicola in pellicola, Cushing - che muore nel 1994 - e Lee - ancora oggi attivissimo a quasi novant'anni - hanno saputo intessere un rapporto professionale e personale di profonda amicizia. Entrambi eclettici e ricchi di doti artistiche, questi "Dioscuri della notte", in transito incessante sullo schermo tra castelli e sepolcri, rappresentano una testimonianza dello spessore professionale e personale che può star dietro a film etichettati come "popolari". Mai consumate in stereotipi, le maschere offerte da Cushing & Lee hanno spalancato all'Occidente del secondo Novecento una rinnovata galleria di mostri gotici. Con loro si afferma un sofisticato sistema simbolico di enorme impatto sul pubblico, più vivo che mai anche nell'età di Twilight. Ulteriore testimonianza ne è il diffuso e appassionato culto che corre tuttora sul web. Culto che riconosce nella storia di questo tandem un'appassionante epopea sia umana sia cinematografica, nonché un capitolo fondamentale delle mitologie dell'uomo moderno.

Franco Pezzini & Angelica Tintori, Peter&Chris. I Dioscuri della notte, Gargoyle, 2010

giovedì 27 gennaio 2011

"Immaturi": esile la trama, simpatici i personaggi


Immaturi (un film di Paolo Genovese, Italia, 2010) è uno di quei film che si vanno a vedere per caso, perchè il progetto di vedere il film di "prima" scelta fallisce perchè - proprio quando decidi di andarci - in applicazione della Legge di Murphy quella sala cinematografica è chiusa per riposo.

Il film di Genovese - per quanto inizialmente ci si accosti ad esso con riserve - poi ti prende, non tanto per l'intreccio che è fondamentalmente esile, ma per il modo in cui sono costruiti i diversi personaggi, tutti quarantenni che, ex-amici ed ex-compagni di scuola, un tempo legatissimi e sempre assieme, si ritrovano quando apprendono che il loro esame di maturità è stato annullato per irregolarità procedurali e che, a causa di ciò, devono sostenerlo nuovamente per mettersi a posto con i titoli acquisiti successivamente e che, a cascata, rischiano di essere tutti invalidati..

Giorgio (Raoul Bova) è uno psichiatra infantile che va in crisi alla notizia che potrebbe diventare padre.
Lorenzo, invece, è un agente immobiliare che, emancipato nel lavoro ma non nella vita, dorme ancora nel letto a castello della sua cameretta d'infanzia e che per nulla al mondo lascerebbe la casa dei genitori, la colazione a letto con cornetto e caffè appena fatto che gli è servito dalla mamma, pranzi e cenette con le sue pietanze preferite: il classico "bamboccione" italico che per nulla al mondo si schioderebbe dalle comodità della casa dei genitori, al punto di fare della sua condizione un'ideologia.
Luisa (Barbora Boboulova) è una manager separata con una figlia meno distratta di lei e cresciuta come bambina "perfetta" ma ciò nondimeno desiderosa di maggiori attenzioni materne e soprattutto di un clima più autenticamente familiare: Luisa, in crisi con il lavoro, insidiata com'è da una collega rampante, vive con il rimpianto di un bacio mai dato ai tempi della scuola.
Francesca (Ambra Angiolini) è una chef che, per disintossicarsi da un appetito sessuale compulsivo frequenta un gruppo di auto-aiuto sex-anonyimous, disperatamente tesa a cercare di giungere a fare l'amore co un uomo e non semplicemente "sesso", come ha sempre fatto per sfuggire alle sue insicurezze e alla sensazione di non essere amata a sufficienza.
Piero (Luca Bizzarri) è un dj che ascolta ogni notte le nostalgie altrui, vivendo immerso nelle proprie, e che, nello stesso tempo, si divincola sistematicamente dai legami sentimentali troppo stretti, vantando di avere una famglia fittizia, in modo da poter vivere le sue storie d'amore solo marginalmente e che - essendo in crisi con la sua "fidanzata" che ha relegato al rango di "amante" segreta e che è divenuta insofferente delle sue indecisioni e sotterfugi vari - si impelaga in una conversazione in chat e poi via sms con una teenager, illudendosi che questa storia "al buio" possa dare soluzione ai suoi problemi.
Virgilio (Paolo Kessisoglu), vanesio e vanaglorioso, è quello che con una bugia, vent'anni prima, ha disintegrato il gruppo.

Il tratteggio dei personaggi è divertente e delicato assieme. La storia si dipana tra i nodi del presente, le complicazioni che le scelte esistenziali comportano per ciascuno degli amici, ognuno vincolato ai propri fantasmi del passato, e le rievocazioni degli anni ruggenti della scuola, quando il gruppo di amici era ancora compatto e unito. In fondo, "Immaturi" si presenta come una sorta di "Grande freddo" all'italiana, meno orientato sul versante del dramma (lì è un gruppo di amici delusi dalla vita a riunirsi per la prima volta dopo molti anni per piangere uno di loro, morto prematuramente e primo ad andarsene) e più tarato sul registro della commedia leggera all'italiana.

Belle le musiche che oscillano di continuo tra i "ruggenti" anni Ottanta e il primo decennio del XXI secolo.
A suggellare il film un bel brano di Alex Britti composto appositamente per la colonna sonora.

Nel complesso è un film godibile, pur senza pretese.

TRAILER

La canzone di Alex Britti

mercoledì 5 gennaio 2011

Nel "concept book" di Susanna Cantore il mistero degli ultimi giorni di Caravaggio


Susanna Cantore, nella sua recente opera narrativa, "All'ombra di Caravaggio. Ipotesi narrativa sugli ultimi giorni di Michelangelo Merisi" (effequ, 2010) intesse liberamente in forma narrativa una sua ipotesi sugli ultimi giorni del Caravaggio, la cui verità storica è rimasta avvolta nel mistero.
Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (1571-1610), ebbe una vita breve e tempestosa. Introdusse nella pittura del tempo, retta da alcuni canoni rigidi, una propria cifra personalissima ed autobiografica, anticipando di secoli il libero manifestarsi nelle opere artistiche della soggettività con i turbamenti, i conflitti interiori e le emozioni dell'Autore. In questo senso, Caravaggio è un pittore dell'ombra, poichè nel realizzare qualsiasi opera gli venisse commissionata, egli non poteva fare a meno di travasare se stesso nel soggetto rappresentato, totalmente e in maniera tempestosa, ma lo è anche poichè è come se la luce che illumina le sue scene, accendendole di cromatismi crudi e contrastati, scaturisca dal buio.
Non a caso, il breve romanzo della Cantore è introdotto con un'epigrafe che cita Giordano Bruno: "La natura non tollera un immediato passaggio da un estremo all'altro, ma solo con la mediazione delle ombre. L'ombra prepara la vista alla luce. L'ombra temepera la luce (...). Impara quindi a riconoscere quelle ombre che non dissolvono, ma preservano e custodiscono in noi la luce, e dalle quali siamo sospinti e condotti all'intelligenza e alla memoria".
Secondo quei critici che hanno analizzato la vita e le opere di Caravaggio con l'ausilio di categorie psicologiche, egli viveva e agiva sotto l'egida della violenza e dell'impulso, trovandosi nella sua vita a fronteggiare non pochi problemi soprattuto dopo l'uccisione a Roma, a seguito di un banale litigio, di Ranuccio Tomassoni appartenente ad un'influente famiglia filospagnola.
Condannato a morte, si mise in fuga e, grazie all'appoggio di alcuni potenti (la famiglia Colonna), benché costantemente inseguito da alcuni sicari, risiedette a Napoli, in Sicilia e a Malta, disseminando molte sue opere nei diversi luoghi del suo esilio. Nel 1610 fece ritorno in Italia e, febbricitante forse per la malaria, si ritrovò a sbarcare a Porto Ercole in Toscana, città al tempo situata nello Stato dei Reali Presidi di Spagna. Secondo la storia biografica, il perdono tanto agognato da parte del Pontefice era arrivato ed egli si accingeva a rientrare con piena legittimazione nei territori pontifici.
Erroneamente arrestato, venne abbandonato dalla nave che lo aveva trasportato. Rilasciato, cercò di raggiungere Roma a piedi ma, a poca distanza da Porto Ercole, sulla spiaggia (o nella pineta retrostante) morì.
Il suo corpo non venne più ritrovato.
Non esistono allo stato attuale documenti attendibili sulla sua morte.
Il romanzo della Cantore propone appunto un'ipotesi "narrativa" sugli ultimi giorni di vita di Caravaggio, ipotizzando un incontro timido (fatto più che di altri di silenzi e di non detti) con una suora del Convento di Porto Ercole che si ritrova a curare quest'uomo febbricitante, senza sapere nulla della sua identità e che, essa stessa pittrice in erba, raccoglie alcune briciole del mistero degli ultimi anni della vita tormentata del grande pittore.
L'ipotesi narrativa è centrata su di un personaggio femminile, una donna che - come si usava a quei tempi - aveva dovuto votarsi alla vita in convento, pur mantenendo delle aspirazioni di grande ed intensa vitalità. In questo senso, l'opera della Cantore vuole essere anche un grande tributo anche alla Donna che, nella storia, ha dovuto rassegnarsi spesso al ruolo di "ombra" della creatività maschile.
"Mi capita spesso di pensare - scrive l'Autrice - a quanto le donne siano in genere solo sfiorate dalla storia, a quante donne qualsiasi si siano trovate per caso sulla strada di altrettanti uomini famosi o 'transitate' nel bel mezzo di fatti importanti, senza neppure rendersene conto.
Sono poche le donne ricordate e innumerevoli quelle dimenticate. Mi piaceva rendere un piccolo merito a tutte quelle che non hanno fatto la storia perchè non hanno potuto, e che hanno accettato il ruolo di 'ombre', rispecchiandosi in qualche modo negli uomini casualmente incrociati nella loro vita, uomini che avevano avuto la possibilità di studiare o di agire. Liberamente.
Mi piaceva pensare che, nei suoi ultimi giorni, Caravaggio si fosse trovato ad essere assistito da una donna di cui si è persa la memoria.
E' nata così la suora del convento di Santa maria Ausiliatrice (da "Nota dell'autrice", pp 58-59)
Sempre nell'intendimento d'un omaggio al ruolo misconosciuto della Donna nella storia e nell'arte, alcuni versi di Vittoria Colonna (una delle poche che, nella Poesia del tempo riuscì ad emergere), scandiscono la narrazione.
Porto Ercole, luglio 1610. Michelangelo Merisi sbarca da una feluca. È divorato dalla febbre. Non lo sa ancora, ma morirà qui all'Argentario. Accanto all'ultima delle persone che avrebbe immaginato di frequentare: una donna particolare, sensibile, fragile e forte nello stesso tempo, un'artista come lui, confinata in un convento dalle convenzioni dell'epoca, una "ladra" di esperienze. Che non potrà fare a meno di tenere per sé l'ultimo capolavoro del maestro, neppure di fronte alle pressioni del tribunale dell'inquisizione. Ecco gli ultimi giorni di Caravaggio raccontati da una suora successivamente accusata di eresia.
L'opera di Susanna Cantore è a tutti gli effetti - se così si può definire - un "concept book", dal momento che accanto al contenuto narrativo, nella successiva sezione titolata "contenuti speciali", viene offerta al lettore curioso una veloce, ma esauriente, cronologia delle vita e delle opere di Caravaggio, una esemplificazione (nella prima e nell'ultima di copertina) delle opere di Andrea Angione che ha riprodotto fotograficamente alcune soggetti di Caravaggio, utilizzando come modelli gente della strada, come il clochard Tomo che interpreta San Girolamo, e un breve saggio critico di Ersilia Agnolucci, dal titolo "Dall'artista di ieri all'artista di oggi.L'uso del modello caravaggesco nelle opere di Andrea Angione" che serve a illuminare l'opera di un artista contemporaneo che, con tecniche moderne (la fotografia), ritorna a Caravaggio, sia per l'uso dell'ombra e della luce, sia nei temi rappresentati e nella scelta dei soggetti.

L'autrice

Susanna Cantore, insegnante, si è laureata in lettere moderne con indirizzo di storia del teatro rinascimentale. Ha pubblicato saggi di storia del teatro per Sansoni e una ricerca storico documentaria per la regione Toscana sui teatri storici della provincia di Grosseto.

Si è a lungo occupata di teatro anche nella scuola e negli ultimi dieci anni per la compagnia teatrale di cui fa parte ha scritto e interpretato i due testi: "I labirinti della Grande Madre" e "Un brodo di falco per il Maestro" (Quando Puccini era in Maremma), oltre ad adattamenti teatrali da narratori classici e contemporanei. Con effequ ha pubblicato il racconto lungo All’ombra di Caravaggio (ipotesi narrativa sugli ultimi giorni di Michelangelo Merisi), oltre a due guide d’autore con illustrazioni proprie (Orbetello – Natura e storia della città sull’acqua e Parco naturale della Maremma – Pianta e guida). Ha inoltre curato le illustrazioni per la guida Montare alla maremmana, e ha partecipato alle due raccolte di narrativa La musica del vino e La voce dei matti con i due racconti storici Annata 1859 e I lumi della ragione.

giovedì 30 dicembre 2010

"La Banda dei Babbi Natale": una gustosa commedia degli equivoci che parla "milanese"


Con "La banda dei Babbi Natale" (2010, Italia) Paolo Genovese, già regista di "Incantesimo napoletano" ha prodotto un'equilibrata commedia che parla "milanese".
Aldo, Giovanni e Giacomo che, secondo la precedente tradizione filmica, interpretano se stessi, vengono catturati dalle Forze dell'Ordine, proprio alla vigilia di un nevoso natale, mentre - apparentemente - stanno mettendo in opera un furto in un appartamento.
Il forte sospetto che il trio sia una banda di ladri, a parte l'inequivocabile fragranza di reato, deriva dal fatto che nella stessa zona è in opera una banda di topi da appartamento che operano travestiti, per l'appunto, da Babbo Natale.
I tre, portati in Commissariato vi vengono trattenuti, malgrado le proteste e le dichiarazioni d'innocenza, ed interrogati. Il funzionario di turno è interpretato dalla brava Angela Finocchiaro, oscillante tra simpatia per le prodezze dei tre, incredulità, pregiudizio, irritazione, ira, fastidio per essere stata trattenuta in ufficio a causa dell'emergenza creatasi.
Il racconto delle cose "come stanno veramente" suona come una montagna di scuse e di menzogne, perchè alla fine di ogni narrazione, il ritornello è "Bella la storia, ma non ci crediamo", tanto sono paradossali ed incredibili le vicende che li hanno condotti a travestirsi da Babbo Natale.
Apparentemente, vi è nel film unità di tempo e di azione: in realtà, attraverso una serie di flashback, la vicenda si sposta di continuo al passato recente: Aldo, Giovanni e Giacomo, a turno, per spiegarsi, devono fare numerose premesse e raccontare gli antefatti, ciascuno dei quali assurge al rango di storia a sé.
Emerge così, alla fine, il quadro gustoso delle vita dei tre caratteri, ciascuno con le sue piccole (o grandi magagne), amici legati da un'intensa solidarietà - per quanto profondamente diversi l'uno dall'altro - e accomunati dalla passione per le bocce, tutti e tre parte di una squadra bocciofila "The Charlatans" che da molto tempo ambisce a conquistare un importante trofeo annuale (sia pure provinciale).
Sino al disvelamento finale: non erano andati in quell'appartamento per rubare, ma pe compiere un importante atto d'amore.
E ciò nondimeno non vengono creduti, sino alla risoluzione finale con scagionamento e cenone di Natale improvvisato, proprio nella sede del Commissariato: come dire che la vicenda finisce a "taralluci e vino", con ricomposizione delle storie e delle trame (per Aldo e Giacomo) o con la fuga da situazioni insostenibili (Giovanni).
Con la geniale e gustosa commistione tra presente e passato, l'intreccio narrativo procede agile e spedito, benché - essendo privo di gag clamorose e più centrato sui dialoghi e sui personaggi - è poco adatto ai bambini che pure gremivano la sala.
Insomma, un film godibile che vale pienamente il costo del biglietto.

Scheda film

Un film di Paolo Genovese. Interpreti: Aldo Baglio, Giovanni Storti, Giacomo Poretti, Angela Finocchiaro, Giorgio Colangeli, Sara D'Amario, Giovanni Esposito, Silvana Fallisi, Antonia Liskova, Lucia Ocone, Cochi Ponzoni, Massimo Popolizio, Remo Remotti, Mara Maionchi.
Comico, durata 100 min. - Italia 2010. - Medusa uscita venerdì 17 dicembre 2010.

TRAILER

lunedì 27 dicembre 2010

Un altro mondo è possibile, se siamo noi a cambiare...


(Maurizio Crispi) "Un altro mondo" (per la regia di Silvio Muccino, 2010) è tratto dall'omonimo romanzo di Carla Vangelista (Feltrinelli, 2009) e, essendo sia soggetto sia sceneggiatura della stessa autrice, del romanzo conserva quasi intatta la cifra e la profondità. Il tandem Muccino-Vangelista dopo la scritura a quattro mani di "Parlami d'amore" e la realizzazione dell'omonimo film (Muccino per la regia, Vangelista per la sceneggiatura), mostra di possedere ben più d'una risorsa, con la rappresentazione di una storia che, per quanto a lieto fine e forse un po' buonista, è complessa ed articolata, puntando il dito su alcuni mali del nostro tempo.
E' una storia di formazione e di crescita a partire dalle infanzie e dalle adolescenze disastrate di Andrea e Livia che, per rimediare alle ferite profonde e mai sanate che portano dentro di sé, decidono di vivere in coppia, ma rinunciando all'espressione dei sentimenti e alla consapevolezza dell'amore come legame profondo, fertile e generativo. Vivono entrambi alla giornata e all'insegna dell'eccesso, senza preoccuparsi del dopo.
Il bimbo meticcio di otto anni, che irrompe sulla scena e di cui Andrea scopre di essere fratello rappresenta per ambedue un piccolo messia che porta con sé la Buona novella della trasformazione e della crescita interiore, comprensa l'assunzione della responsabilità degli affetti e della loro esplicitazione, che dovranno vincere la freddezza e la grettezza che gli sono stati inculcati attraversol'effetto isterilente dei soldi (dati a profusione ad Andrea da una madre sostanzialmente anaffettiva) e delle cose (i doni, i vestiti, i gioielli, i pacchetti-vacanze di cui è stata ricoperta Livia da un padre rimasto precocemente vedovo ed incapace di occuparsi affettivamente della figlia).
Un altro mondo, un altro modo sono possibili: il cambiamento e la trasformazione sono però difficili ed implicano un percorso arduo e pieno di errori, di soste e di ripartenze, dal viaggio che Andrea deve compiere per arrivare in Kenya, convocato dal padre morente a quello, formativo, che compie assieme al fratellino sulle strade del Kenya, sino alle difficile prove di convivenza assieme nei primi passi di una famiglia neo-costituita grazie al casuale ritrovarsi assieme di Andrea, Livia e Charlie.
La difficoltà del cambiamento risiede tutta - ed è questa la chiave di volta dell'intera vicenda - nella frase apodittica "Le cose non cambiano mai, cambiamo noi" che pronuncia la stessa Livia, nelle sue riflessioni mute a cui il regista dà voce.
Una frase semplice che, tuttavia, apre la porta ad un mondo di complessità, dal momento che i percorsi trasformativi del proprio Sè sono lunghi, complessi e dolorosi, sia che si compiano con l'ausilio delle psicoterapie, sia che vengano catalizzati dagli eventi di vita.
Questa è la sfida del film (come del romanzo): raccontare un percorso di trasformazione gruppale ed individuale al tempo stesso, un percorso che porta individui che vivono nella sofferenza come monadi separate, fingendo che tutto vada bene, alla riscoperta degli affetti, alla loro libera espressione senza timore di delusione e di tradimenti e, infine, allo strutturarsi di una famiglia vera con la possibilità, infine, donata (e, per alcuni versi, faticosamente conquistata) di lasciarsi alle spalle le brume di un passato doloroso e di riprendere un cammino interrotto.
Il film ha dei momenti toccanti, senza tuttavia indulgere al facile sentimentalismo e senza ricorrere a mezzucci per strappare al pubblico qualche lacrima in più.

Il film è espressione di un "buonismo" intelligente e colto: ma indubbiamente non si tratta di un "cinepattone".

IL TRAILER UFFICIALE

Carla Vangelista e Silvio Muccino hanno un sito web, costruito proprio in occasione della realizzazione del film: Un altro mondo

Scheda film
Un film di Silvio Muccino. Interpreti: Silvio Muccino, Isabella Ragonese, Michael Rainey Jr., Maya Sansa, Flavio Parenti, Greta Scacchi
Drammatico, durata 110 min. - Italia, Gran Bretagna 2010. - Universal Pictures uscita mercoledì 22 dicembre 2010.

 
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