giovedì 26 agosto 2010

La raccolta differenziata dei rifiuti urbani solidi e le ambiguità dell'identità di genere


La raccolta differenziata, a volte, pone alla mente ancora non allenata dei cittadini diligenti dei quesiti di difficile risposta.
Dove collocare questo o quel tipo di rifiuto urbano solido? In quale categoria concettuale e, dunque, nella ricaduta pratica, in quale contenitore?
Si tratta di materiale organico oppure è altro? E se c’è una mescolanza di materie e di fluidi cosa fare? Se all’organico si mescolano carte ed altri involucri, l’organico non è più tale e dovrà seguire i percorsi dell’indifferenziato. Analogamente se il materiale cartaceo è imbevuto d’olio o di altri fluidi, non può essere più catalogato nella “carta” e diventa altro.
Unclassified: è il destino di tutto ciò che non può essere catalogato in una casella già precedentemente costituita.
L’impossibilità di catalogare è il limite di tutti coloro che si dedicano alla costruzione ossessiva di possibili liste e che perseguono il folle obiettivo di catalogare il mondo: ci sarà sempre qualcosa che sfugge alle regole classificatorie stabilite.
Per esempio, tornando alla raccolta differenziata, non si è ben chiarito ancora se anche foglie morte e rami secchi dovranno seguire i percorsi differenziati dei rifiuti solidi urbani (ricadendo, presumibilmente, in tal caso nella categoria dell’”organico”).
Per il momento, nell'incertezza della catalogazione, gli operatori ecologici (alias spazzini) le lasciano per terra.
Tutto ciò parrebbe una banalità, mentre in realtà apre una questione di estremo interesse nella relazione epistemica con la realtà.
Porto un esempio.
Anni addietro, in una Divisione di Neurologia di Palermo, adibita al trattamento disassuefattivo dei tossicodipendenti venne ricoverato uno che, oltre ad aver sviluppato una marcata dipendenza dall’eroina, era anche trans.
Di fronte all’ambiguità di genere (il tizio era di fatto un "ibrido", perché – grazie ad un trattamento con estrogeni - aveva un seno abbastanza ben sviluppato, ma nello stesso tempo pene e testicoli - che, nel regime di ricovero, non potevano essere occultati), il personale preposto decise di ricoverarlo, per attuare la disassuefazione, in una "terra di nessuno": una piccola stanzetta al limite tra il reparto maschile e quello femminile.
Una volta definito il luogo della degenza come non-luogo, rimaneva da stabilire chi del trans se ne dovesse occupare: gli infermieri (uomini) adibiti al reparto maschile o le donne (adibite al reparto femminile)?
Qui, l'incertezza si trasformò in autentico impaccio operativo: chi lo avrebbe dovuto lavare e accudire, visto che aveva attributi dell’uno e dell’altro sesso?
Una questione indubbiamente spinosa…
Il tizio se ne stava al buio nella sua stanzetta e le visite che riceveva erano molto rade, sia parte degli infermieri maschi sia da parte delle infermiere, e soprattutto veloci: insomma, nessuno desiderava soffermarsi più a lungo del necessario e palese era l’imbarazzo di tutti, perché il confronto metteva dura prova consolidate incertezze.
Le menti dei più amano confrontarsi con confini netti e del resto, a quei tempi, ancora il Trans (inteso come categoria a s[ stante) non era entrato nelle grazie di politicanti alla ricerca di svaghi personali dubbi e discutibili, come è accaduto nel caso Marrazzo che ha aperto uno scenario inquietante sulla vita "privata" di personaggi pubblici e sulle speciali attrattive che, evidentemente, posseggono i "viados", forse proprio per l'ambiguità di genere di cui sono portatori.
Anche le comunicazioni verbali erano scarne e stringate: come rivolgersi al trans, al maschile o al femminile? Andava considerato come un “lui” o come una “lei”?
Tutti lo andavano a trovare malvolentieri, anche perché man mano che trascorreva il tempo il suo aspetto si faceva decisamente metamorfico e una barbaccia ispida e scura cominciò a ricoprirgli le guancie, facendolo transitare verso una parvenza di aspetto maschile.
A questo punto, la natura l'ebbe vinta e, rassicurati da questa florida crescita di peli, gli infermieri poterono più facilmente sorvolare sul gonfiore delle tette e poterono esperire nei confronti del poveretto una certa dose di solidarietà maschile, anche se ogni tanto faceva capolino il pensiero che il trans altro non fosse che un esemplare di “donna barbuta” sfuggito al freak show di un circo Barnum di passaggio.
A causa delle difficoltà classificatorie, il tizio si era fatto l'astinenza dall'eroina praticamente da solo e senza solidarietà empatica da parte dei curanti...
Dalle foglie morte nella raccolta differenziata ad ambigua appartenenza di genere: questa mia esposizione rappresenta un tipico caso di deriva del pensiero, in cui tuttavia il percorso associativo seguito mostra in modo evidente come il nostro modo di ragionare e di conoscere il mondo è per schemi rigidi.
Gli oggetti (e gli esseri) ambigui rompono le scatole, perché non si sa mai come collocarli (anche se, in fondo, affascinano)…
Eppure, in natura, di simili esempi ne esistono diversi: prendiamo l’ornitorinco, tanto per menzionare uno di questi esseri che presenta la coesistenza di caratteri tipici di specie diverse e molto dissimili le une dalle altre. Per catalogarlo, è stato necessario creare nel regno animale - per lui e per alcune altre specie – una categoria a parte.

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