Invece, lo si deve considerare un autore capostipite di tutto un filone di percorsi culturali propri della modernità.
Da piccolo e, poi, da adolescente, mio padre - sempre con l'idea di stimolare le mie curiosità e di trasmettermi le sue passioni, mi andava passando i romanzi di Jack London,. Si trattava di edizioni povere del dopoguerra della casa editrice Bietti, in pagine pesanti e ingiallite, come Il lupo dei mari, Radiosa aurora, Jerry delle isole, Il richiamo della foresta, Zanna bianca, La piccola signora della grande casa (questo romanzo era stato suo da giovane e me lo fece anche rilegare, perché lo potessi leggere senza che le pagine sciolte si disperdessero da tutte le parti). Altri li comprai io: vecchi residui remainder di una collana storica della Sonzogno: piccoli volumi brossurati con una robusta copertina di cartoncino rosso e sovraccoperta in quadricromia.
Innanzitutto, Jack London fu uno che non scrisse di avventura e di viaggi stando confinato nella calma ovattata del proprio studio di scrittore, ma fu uomo d'azione, della strada e dei grandi spazi aperti, per alcuni versi un uomo della "frontiera" (nel senso molto americano del termine), proteso alla sua esplorazione e conquista.
Visse molto sulla strada, spostandosi di continuo ed accettando di fare i mestieri più strani e disparati. Per un breve periodo di tempo fece anche il pugile, esperienza di cui poi scrisse in numerosi racconti. (La sfida e altre storie di boxe, Newton Compton o del recente La classica faccia da pugile, 2010 Mattioli 1885).
Ma fece anche il mestiere del marinaio, fu contadino, visitò il Grande Nord e lì lavorò a lungo (Yukon, Klondike) come cercatore d’oro, viaggio in lungo in largo e in largo per gli States, diventò socialista e si batté attivamente per questa causa, ebbe un’esperienza di dedizione all’alcool: ogni sua esperienza si tramutò in racconto, romanzo, saggio, memoria diaristica.
Jack London si pose come punto di riferimento delle generazioni successive sia come modello di vita - quello stile del vivere “pericolosamente” (“strenously”) e “al limite” sposato ed amplificato al massimo da Theodore Roosevelt, 26° Presidente degli Stati Uniti) con il suo anticonformismo, per la sua passione per la caccia e per la sua vocazione a essere sempre in prima linea nelle situazioni difficili e pericolose - sia come modello da emulare di scrittore e giornalista (visto che molte delle sue esperienze sono appunto sovrapponibili a quelle dell’”inviato speciale” come è possibile intenderlo nel senso più moderno.
Ha lasciato un solco profondo nella successiva letteratura nordamericana. Ernest Hemingway lo prese a modello, nella sua passione per le esperienze pericolose, la caccia, la corrida, muoversi in giro per il mondo sui più disparati teatri di guerra, per non parlare di John Steinbeck con il suo grande affresco sui diseredati d’America in viaggio alla ricerca di lavoro, mentre Jack Kerouac lo emulò per quanto concerne la realizzazione di un vita in continuo movimento sulla strada, “on the road”.
Ma seguendo le tracce di London si può arrivare sino agli autori più attuali e, perfino in Cormac McCarthy con la sua vocazione a descrivere i grandi spazi aperti e i maestosi scenari naturali degli stati USA al confine con il Messico, in cui si svolgono vicende di uomini piccoli ed insignificanti; oppure nella narrativa d’anticipazione moderna e soprattutto in quel filone definito utopico e/o sociologico, per non parlare poi dell’influenza straordinaria di alcune opere non catalogabili eppure di grande impatto e ricche di intuizioni come l’affascinante “Il vagabondo delle stelle” e altri in cui, sviluppando quasi da “precursore” alcuni temi propri della narrativa d’anticipazione, riversa le sue convinzioni in un mondo migliore e più giusto permeate della sua fede nel socialismo.
E’ stato uno dei gli autori americani più tradotti all’estero: da noi un po’ meno, perché, come dicevo prima sino ad un certo punto, le scelte editoriali si limitavano a quelle opere che venissero ritenute più idonee all’infanzia e all’adolescenza, il più delle volte in versione ridotta.
Facendo un giro in internet si nota che, oggi, invece c’è un grande revival di proposte editoriali (il più delle volte promosse dalla piccola editoria indipendente) di testi brevi ancora poco conosciuti in nuove traduzioni.
Tra le ultime cose di Jack London esce
Più che una storia di cammino, questi Diari sono una storia di folli corse per salire sui treni, per buttarcisi giù, per scappare, ma anche una storia di pasti elemosinati, di un esercito straccione di vagabondi che attraversa l'America, di giorni in carcere.
Il testo principale contenuto nel libro è un scritto elaborato da London per Cosmopolitan molti anni dopo aver fatto il vagabondo e pubblicato a puntate.
Ma il libro contiene anche altro: gli appunti grezzi del London vagabondo (inediti: Il vagabondo), utili per capire il passaggio dalla realtà alla scrittura.
Questa parte in particolare è di grande interesse storico e sociologico.
Mentre gli Stati Uniti della rivoluzione industriale e del nascente imperialismo costruivano l'immagine patinata e vincente del "sogno americano", uno scrittore dava voce agli angoli più bui del nuovo continente, mettendo nero su bianco - accanto alla vita dei barboni, dei disoccupati e dei diseredati - le contraddizioni di un sistema in cui il benessere di pochi veniva pagato con la povertà di molti.
È in questo modo che, tra il 1906 e il 1907, Jack London scrive "La Strada": nove capitoli di una saga a cui il padre di capolavori come Zanna Bianca e Martin Eden dava il nome di "vagabonlandia".
La Strada non è soltanto il libro che anticipa di mezzo secolo On the Road di Kerouac e che, con il passare del tempo, alimenterà la poetica di scrittori come Steinbeck (Furore) e Orwell, ma, nella versione curata da Davide Sapienza, fornisce le coordinate di un percorso artistico ed esistenziale ancora poco conosciuto.
Per completare la "vagabonlandia" di London, infatti, questa edizione raccoglie oltre all'inedito "Il diario del vagabondo" anchei due racconti Come sono diventato socialista e Principessa, quest’ultimo una vera e propria “chicca”: uno degli ultimi racconti, scritto da London poco prima di morire (a 40 anni!) e pubblicato postumo.
Nel complesso, il volume rappresenta il tributo di un grande viaggiatore all'arte di (soprav)vivere alla giornata.
L’interesse per Jack London si evidenzia anche nel fatto che proprio in questi Marco Paolini sta dando una rilettura di alcuni testi londoniani, nello spettacolo Uomini e cani che narra di uomini e di cani alle prese con il freddo dello Yukon, del rapporto tra uomini e natura, di senso del limite e di lotta per la sopravvivenza, ispirandosi al racconto di Jack London "To build a fire", nell’originale traduzione dello scrittore Davide Sapienza (Mattioli 1881).
Si tratta di un testo che gli amanti della montagna dovrebbero conoscere, nelle due versioni, quella con finale ottimista, e quella scritta molti anni dopo, più matura, con finale più tragico.
Per riflettere sui pericoli della montagna, vale più di mille raccomandazioni o di manuali di sicurezza in montagna, perché parla al nostro istinto di sopravvivenza. Per ora Paolini ha rappresentato solo due volte lo spettacolo, una volta in Val di Fassa per i Suoni delle Dolomiti, un'altra in Val Clusone. In entrambe le sedi, lo spettacolo, molto in linea con la poetica di Jack London prevedeva un avvicinamento a piedi. E c’è da sperare che il progetto giri l'Italia!
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