lunedì 23 agosto 2010

Orlando e la durlindana: tenzone d'amore


Orlando paladino
tornando dalla guerra col feroce Saladino
s’inerpicò
in groppa al fidato cavallo

sino ad un erto castello
non lontano da Roncisvalle
Giunto ai piedi delle mura
udi grida imploranti e alti lai d’una fanciulla
che, per l’armoniosa voce, suppose bella

Aita, aita! A me l’arme del prode cavaliere!
Con colui che mi salverà dal perfido drago
io giacerò senza riserva alcuna!
gridava ossessa la pulzella

E Orlando, a quelle strida,
fermò il suo destriero
ratto balzando giù di sella…

Deh! Dio voglia che sia la mia pulzella!
mormorò con voce roca
e, ciò detto, prese ad inerpicarsi
su per le mura della turrita dimora
seguendo appigli e provvidi anfratti
sino al sommo d’un’alta torre
e qui, per una bifora,
sguisciò in oscuri penetrali

Poscia, guardingo ei si mosse
guatando a destra e a manca
pronto alla tenzone,
sino a che la fanciulla scarmigliata dai bei capelli neri
non si precipitò fuori da recondito anfratto,
con alte grida e gemiti di paura,
avvinghiandosi al forte abbraccio del suo salvator cortese

Deh, salvami, prode cavalier!

Deh, Angelica mia, le rispose colui,
io son Orlando
per mari e monti la mia pulzella perduta ho cercato
financo sino alla luna volai
con un destriero alato
per te trovare
ed ora eccoti qui, stretta alle mie braccia.

Sì, son io, mio prode Orlando,
son proprio io la tua Angelica,
fece la pulzella,
quella per cui tu uscisti di senno,
quella che ovunque tu cercasti,
ma son qua adesso
e tu mi trarrai in salvo
dal maleficio del drago e della perfida Morgana!

E i due corpi per anni esiliati
anelanti si stringevano l’uno all’altro,
pilotati da selvatica e corrisposta passione

Cos’è questa cosa che mi preme sul ventre,
fece Angelica ad Orlando,
deh, dimmelo! Nulla a me asconderai!

È la mia fidata durlindana,
fece il cavalier,
quella di cui giammai io a meno farei
è l’arma con cui ho lottato contro il feroce Saladino
e l’intero esercito dei suoi accoliti,
l’arma di ferro ben temperato
che mulinando vorticosa, senza pietà,
ha tagliato teste braccia e gambe di infedeli.
Toccala se vuoi!
Suvvia, non esitare e apprezzane la ferrigna consistenza!


E, così dicendo,
la mano di Angelica
condusse sino allo spadone

Ma qui Orlando, vilmente.
la dolce fanciulla trasse in inganno:

la vera Durlindana ascosa era rimasta dabbasso
ben inguainata in groppa al destriero
Ben altra durlindana era codesta,
anche questa, invero, atta a sbaragliare
ma soltanto nobildonne e pulzelle,
piegandole al suo volere,
ad arare ventri,
a dispensare inebrianti piaceri

Presto, in un attimo, il drago fu dimenticato,
armi e gesta del pari,
e sol rimasero gli amori

Angelica, estasiata da quel primo contatto
con la durlindana cotanto possente,
senza indugio la tirò fuori dalla guaina
e, con impetuoso ardore
volle subito iniziar la singolar tenzone,
sempre apprezzandone
al tocco e la durezza e il ferrigno spessore.

Fu così che il drago malefico e la perfida Morgana
fossero per alcun tempo mortificati,
ma al termine della tenzon d'amore
- così narrano le storie -
Orlando rinvigorito
contro essi tosto riprese a guerreggiare
con l'ausilio dello spadone


(da Wikipedia) - Durlindana, Durindana, Durindarda,Durendala o Durendal è, secondo la tradizione del ciclo carolingio, la spada di Orlando, paladino del re dei franchi Carlo Magno.
La leggenda vuole che la spada fosse stata donata a Orlando proprio dal sovrano.
Invece, nello Orlando Furioso di Ludovico Ariosto si dice che sarebbe stata data al cavaliere da Malagigi (Maugris) e che sarebbe un tempo appartenuta a Ettore di Troia (tuttavia non c'è menzione del nome della spada nell'Iliade).
Nella Chanson de Roland si dice che la spada conteneva un dente di San Pietro, il sangue di San Basilio, i capelli di San Dionigi e un pezzo di vestito della Vergine Maria.
Nel poema si narra che il conte tentò di distruggere la spada per evitare che cadesse in mani saracene dopo l'agguato di Roncisvalle, generando con l'impatto la cosiddetta Breccia di Orlando, nei Pirenei. Durlindana, però, non si ruppe e allora Orlando la lanciò in un fiume avvelenato. Secondo il folclore, la spada esisterebbe ancora e sarebbe conservata a Rocamadour, in Francia.
Il termine, d'etimologia sconosciuta, parrebbe derivare dal latino durus (duro).

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