lunedì 19 luglio 2010

La strada e l'insularità, nell'apparente diversità una matrice comune


E ogni giorno, vado avanti.
E' strano che nella vita reale le strade che preferisco siano quelle vuote del primo mattino, quando ancora l'aria è fresca e pulita e la luce piena del sole non ha ancora frantumato le sacche d'ombra delle notte.
Se cammino per strada all'alba e vedo un passante che viene verso di me, la mia prima reazione è un sobbalzo, quasi che questa presenza inattesa infrangesse il piacere di una profonda solitudine e, se non prevalesse poi la reazione (più intensa, per compensazione) dovuta all'educazione alla socialità che ho a suo tempo ricevuto seguirei con facilità - quasi con piacere - l'impulso a cambiare direzione, passando sull'altro marciapiede, oppure rapidamente dileguandomi in una strada secondaria o, in mancanza di altre vie di ifuga, voltando semplicemente spalle all'importuna presenza che rompe di colpo una segreta armonia.
La strada sia essa reale o metaforica (o stato della mente) non finisce mai e ammette solo incontri temporanei, quasi mai permanenti condivisioni...
Quando si giunge al momento di stringere, afferrare, tenere, gettare ponti, sono preso da una stanchezza incoercibile. Tutte le delusioni accumulate prendono il sopravvento ed affiora il cinismo (che non vorrei mai dovere infliggere ad altri e che mi fa soffrire quando è diretto a me)...
La strada è la mia casa, in parte.
Ma, nello stesso tempo, la mia dedizione alla strada e alla solitudine, è dovuta al rapporto stretto ed inscindibile con la mia casa, quasi fossimo un'inscindibile unità vivente.
L'essere immerso nel suo abbraccio protettivo mi fa sentire a posto, per alcuni versi: mi fa credere di stare nell'unico luogo confortevole in cui vorrei essere, specie perchè sono circondato da tutto ciò di cui ritengo di avere bisogno....

E' un claustrum accogliente che solo di rado diviene opprimente...

Per altri versi, tuttavia, la confortevolezza manca: e il sintomo di ciò è la condivisione virtuale di ciò che faccio con altri.

Oppure è la costante comunicazione attraverso mail e sms vari. La mia casa, a differenza della strada, è come un'isola ed io allora divento il Robinson che la abita e che, indefessamente - dalla sua solitudine - lancia messaggi rinchiusi dentro bottiglie sigillate, in attesa che vengano rpescati da qualcuno che li legga (ma non gli sarà mai dato di sapere da chi).
Ma in fondo tra la strada e l'isola non c'è molta differenza: quando sei sulla strada, sei tu viaggiatore ad essere una specie d'isola viaggiante, con il vantaggio che pur mantenendo le caratteristiche della tua intima insularità, t'imbatti nel corso del viaggio in numerose altre isole, con le quali - in qualche modo - avviene uno scambio, come nel caso del cosiddetto "scambio colombiano": cioè, nell'incontro con l'alterità, senza nemmeno sospettarlo, c'è uno'inevitabile e reciproco scambio, una donazione di cose e, di conseguenza, si attivanop delle sintesi e dei meticciati che solo dopo molto tempo si identificano in quanto tali.
Ogni persona che io nella mia vita ho incontrato mi ha dato qualcosa che ho trattenuto dentro di me e, di questo, sono rimasto infinitamente grato al donatore, di ciò che mi ha dato (o che io preso, silenziosamente)...

Nell'isola invece la soitudine è più radicale.
E' il tuo territorio, la conosci a meraviglia, anche se ogni tanto ti puàò sempre riservare una soprresa. Dall'isola pupoi pur sempre inviare messaggi, confidando che qualcuno li raccolga; oppure puoi attenderti che, prima o poi, un Venerdì vi faccia naufragio.
La solitudine è uno stato della mente: un po' non la vuoi, un po' diventa come una droga...
L'isola esercita sempre un potente fascino, l'isola rimane dentro di te - sempre - anche quando sei sulla terraferma e - in ogni caso - già dopo una breve vacanza ci vuoi tornare ancora, a star lì a rimetterti a lanciare messaggi nella bottiglia.

Ed per questo poi che - lasciando perdere l'ipotesi di abbandonare l'isola per traghettare nella terraferma - anche soltanto l'idea di un ponte che colleghi quest'isola ad altre isole oppure ad un continente porta agli arroccamenti e ad insularità ancora più spinte.

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