Viviamo in una società di "eccedenze".
Una società in cui vige il principio della velocizzazione estrema, del "nuovo" a tutti i costi, del riempimento degli spazi temporali in un'assillante ricerca dell'occupazione del tempo libero per fare da contraltare al tempo lavorativo.
Se ci si ritrova, in maniera imprevista ad attendere da qualche parte, mal si tollera l'improvviso arresto di ogni attività...
Ciò è evidente quando c'è da fare una fila oppure quando si verifica un improvviso ritardo nei mezzi di comunicazione.
In simili circostanze, i più manifestano palesemente la propria impazienza, rivelando di non essere in grado di stare con se stessi.
Pochi non se ne danno pensiero.
Accettano il momentaneo arresto dell'incessante vettore lineare e si espandono "trasversalmente" nel tempo che, in modo imprevisto, è stato donato loro.
C'è chi si immerge nei propri pensieri, chi prede appunti, chi prende un libro che fa parte della piccola scorta di essenziali oggetti da viaggio, lo apre e si dedica a leggerne qualche pagina.
In fondo, i libri "tascabili" sono stati reinventati proprio a questo scopo: piccoli libri, di modesto ingombro, da poter portare sempre con sé, nella tasca appunto...
Ma queste sono le eccezioni, non la regola.
Esce adesso, per i tipi di Eleuthera, il libro del sociologo Giorgio Triani, L'ingorgo sopravvivere al troppo, che appunto esamina questo male del nostro tempo: il "troppo"di cui le nostre vite sono infarcite ("ingorgate", secondo la felice metafora proposta dal titolo) e sui modi, attraverso cui si possono trovare delle vie di fuga a ciò (volendolo...).
Questa la sintesi dell'opera
Insalatona, tramezzone, regalone, quizzone, allo stesso modo di Mokona e di Illyssimo o dei 2.300 miliardi di sms spediti nel 2008, esprimono bene questa realtà dell'eccesso che ci circonda, dove, in auto o davanti alla tv, a tavola o sulla spiaggia, a una conferenza o a uno snack-bar, in volo o alle prese con il carrello della spesa, ci si trova invariabilmente a fare i conti con un'irreparabile abbondanza.
Ma la cosa più drammatica e preoccupante è che questo ingorgo – sociale ed economico, tecnologico e mediatico, ambientale e domestico – non dà segno di rallentare: il numero di merci continua ad aumentare, insieme alle superfici di vendita, e fare la fila (anche per entrare in teatro o al ristorante) è sempre più comune, così come «affogare» la propria quotidianità in tempi e spazi – di vita, di lavoro, di divertimento – sempre più densi e intensi, veloci e stordenti.
L'ingorgo, raccontando questa realtà con (inevitabile!) abbondanza di dati, esempi e situazioni, ma con stile sempre scorrevole, intende anche indicare alcune vie di fuga e modi di salvarsi.
Offrendo in conclusione un manuale minimo di sopravvivenza, che è un invito a riflettere. A considerare che chi si ferma non è perduto. Ma è sulla buona strada per salvarsi.
Alcuni, leggendo questo libro, hanno osservato "...mi trovo molto d'accordo con questa breve analisi, chi si ferma non è affatto perduto!"
Io mi sento di replicare a questa affermazione che, anzi, chi si ferma ha tantissimo da guadagnare...
Per questo motivo, le panchine - tra tante altre cose - sono un'ottima soluzione... rappresentano un elogio della lentezza e del tempo fermo, potrebbero anche considerarsi un punto di ancoraggio in un flusso continuo e forsennato che crea nel nostro cervello troppo rumore di fondo...
Come anche il camminare a piedi, preferendo ail mezzo motorizzzato i classici "cavalli di San Pietro" per un lento spostamento con una modulazione delle nostre mete sulla base della loro raggiungibilità a piedi.
Come dedicare del tempo alla lettura nei ritagli di tempo, ma prendendola - laddove non venga spontaneo farla - come un salutare esercizio mentale...
L'altro giorno, dopo essere uscito dal cinema, mi sono seduto su di una panchina nella quale mi sono imbattuto lungo la strada verso casa (per il motivo esplicitato sopra, scelgo i film da vedere sulla base della comoda raggiungibilità a piedi della sala cinematografica dove sono in programmazione) e mi sono fermato per un po', prima a pensare al film che avevo appena finito di vedere, poi a leggere alcune pagine del libro che avevo con me...
Poi, del tutto appagato, a passo lento, senza alcuna fretta, mi sono incamminato verso casa...
Credo che potrebbbero essere queste le scelte vincenti
Abbiamo dimenticato che è possibile vivere, facendo cose semplici, a basso costo e a basso impatto ambientale oppure non facendo nulla del tutto.
Ritrovare, in altri termini, la capacità del non fare (che poi significa conquistare per se stessi spazi di riflessione, di desiderio, di sogno)...
"La semplicità è una complessità risolta", dicono alcuni
E, in questo senso, poter vivere di cose semplici potrebbe essere un dono oppure una conquista ottenuto dopo un lungo percorso di elaborazione.
Il fatto è che il troppo da cui le nostre vite sono ingorgate non genera un pensiero creativo (magari fosse quel caos di cui parla Nietzsche!), ma tout court assenza di pensiero e allontanamento siderale da un contatto le noste emozioni e con il nucleo più profondo del nostro essere.
L'autore
Giorgio Triani (Parma, 1951), sociologo e giornalista, insegna Sociologia della comunicazione a Verona.
Gli altri suoi saggi:
- Bar Sport Italia. Quando la politica va nel pallone
- Casa e supermercato. Luoghi e comportamenti del consumo
- Sedotti e comprati. La pubblicità nella società della comunicazione
Ringrazio per il prezioso contributo di idee DA, AF e MM, mie amiche in Facebook.
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