venerdì 12 febbraio 2010

Morgan e la cocaina. E' lecito parlare di uso terapeutico o antidepressivo della cocaina?


Morgan, il noto cantante, nel corso di un'intervista rilasciata ai media (in particolare a Max) ha dichiarato di aver fatto uso di cocaina e di avere contratto nei suoi confronti una forma di dipendenza. Ha aggiunto successvamente che ne ha fatto uso pechè, per lui, la cocaina aveva una valenza anti-depressiva, esplicitamente affermando che, dunque, aveva utilizzato la cocaina in modo "terapeutico".
A proprio favore, ha ricordato che lo stesso Freud, nei primi anni della sua attività professionale, avesse fatto uso della cocaina per le sue proprietà antidepressive, sia per trattare dei suoi pazienti sia per se stesso.
Questo il nucleo centrale delle sue dichiarazioni: "Io sono trasparente. La gente parla di me perché sono aperto, e così si sentono in diritto di non rispettare la mia privacy". Di solito succede proprio per via della coca. "La droga - precisa - apre i sensi a chi li ha già sviluppati, e li chiude agli altri. Io non uso la cocaina per lo sballo, a me lo sballo non interessa. Lo uso come antidepressivo. Gli psichiatri mi hanno sempre prescritto medicine potenti, che mi facevano star male. Avercene invece di antidepressivi come la cocaina. Fa bene. E Freud la prescriveva. Io la fumo in basi [modalità di assunzione nota come crack], perché non ho voglia di tirare su l'intonaco dalle narici. Me ne faccio di meno, ma almeno è pura".
Salvo, poi, a fare marcia indietro a frittata fatta...: "La droga fa male, le mie parole sono state travisate, sono vittima di una trappola"
Pur non accettando il seguito di prese di posizioni ipocritamente moralistiche nei suoi confronti, sino all'espulsione dal Festival di Sanremo, poichè - nelle alte sfere - si è ritenuto che la sua dichiarazione non fosse consona al personaggio pubblico, non mi sento di poter accettare a cuor leggero le giustificazioni di Morgan.
Vediamo perchè.
La cocaina, dal punto di vista farmacologico, non è assolutamente un farmaco antidepressivo, bensì un farmaco stimolante tale da produrre non una "normalizzazione" dell'umore, ma degli effetti fortemente euforizzanti, del pari con un incremento - puramente soggettivo - della fiducia nella propria forza e nelle proprie capacità, sino ad indurre in taluni casi dei vistosi errori di giudizio. Viene considerata una droga del "piacere", poichè rispetto a tutte le altre sostanze psio-attive disponibili agisce direttamente - e senza mediazioni - sul reward system del SNC (Sistema nervoso centrale), procurando ogni volta una intensa scarica del mediatore chimico dopamina nello spazio neuronale intesinaptico nei centri nervosi preposti. La scarica di dopamina, in forma discreta, è peraltro responsabile del rinforzo neurochimico dei processi di apprendimento e ha la funzione di attivare dei circuiti virtuosi che rendono più efficace l'azione.
L'assunzione di cocaina, svincolata da qualsiasi contesto e da qualsiasi sequenza gestuale, provoca il rinforzo di un apprendimento unicamente sugli effetti della stessa sostanza assunta e questo spiega il perchè scatti la trappola insidiosa dell'iterazione delle assunzioni finalizzate alla ricerca proprio di quegli effetti.
La cocaina è dunque una "droga" del cervello e, stante la brevità dei suoi effetti in funzione di un'emivita non lunga, non è idonea per un'azione antidepressiva prolungata: viceversa, il suo utilizzo procurando una deplezione delle riserve di dopamina nelle vescicole pre-sinaptiche predispone l'individuo ad un crollo depressivo dopo una session di utilizzo di cocaina.
Ai primordi dell'era farmacologica della Psichiatria si era tentato di trattare gli stati depressivi con le anfetamine, che sono un altro potente stimolante, con effetti assolutamente nefasti.
L'assuntore di anfetamine, infatti, oscillava tra stati euforici e di eccitamento difficilmente manovrabili (poichè rapidamente sconfinavano nell'azione violenta e nella paranoia) e crolli depressivi che portavano alla ripetizione dell'uso proprio per uscire dalla condizione depressiva indotta dal "manque" della stimolazione farmacologica.
Il consumatore di cocaina che afferma di farne uso per via della sua azione antidepressiva, infatti, elide una parte fondamentale del processo del suo consumo:che è quella del primo approccio con essa che ha avviato la circolarità del consumo in un'alternanza di stati euforici e cadute depressive.
L'uso anti-depressivo può essere soltanto in funzione della necessità di porre rimedio alla caduta del tono dell'umore e dal senso di inerzia e di svuotamento conseguenti ad un uso pregresso.
Vi è dunque in una simile affermazione il bisogno di costruire una "propria" verità, in forma autogiustificatoria (o assolutoria).
Il farmaco antidepressivo, invece, agisce su altre strutture neuronali, modificandone al biochimica e correggendo alcuni difetti delle neurochimica cerebrale che sono sottesi al manifestarsi dei sintomi depressivi. I farmaci antidepressivi, proprio per questi motivi, sono lenti nella loro azione e richiedono, perchè si manifesti l'efficacia antidepressiva, dei tempi lunghi (da una settimana ad almeno 15 giorni).
Non forniscono risultati "miracolosi" ed immediati.
Le dichiarazioni di Morgan sono fuorvianti: sarebbe stato interessante e fruttuoso, se egli - nel dichiararsi - avesse affermato che era caduto nell'uso della cocaina per debolezza, divenendone dipendente.
La sua sarebbe stato una testimonianza onesta e utile - eventualmente - a chi si trova a ricevere le prime suggestione verso l'uso di cocaina o di altri stimolanti.
Invece, ha dichiarato pubblicamente il suo alibi alquanto pietistico, richiamando - in maniera erronea peraltro - quello che fu il rapporto di Sigmund freud con la cocaina.
Un capitolo oscuro, per la verità, nella biografia del grande pensatore, dal momento che i suoi scritti giovanili sulla cocaina furono esclusi dalla sue Opere complete.
Freud, a quanto risulta, trattò con la cocaina un suo collega medico che era divenuto dipendente dalla morfina, ottenendo sì una risoluzione di quella dipendenza, ma provocando per contro - come si vide nell'evoluzione successiva del caso clinico - una forte compulsione all'uso di cocaina.
Lo stesso Freud a quanto sembra utilizzò la cocaina, ma mai come antidepressivo, semmmai per la sua intensa azione stimolante e favorente il lavoro intellettuale, in accordo con quelle che furono le sue sporadiche riflessioni in materia. ma quelli erano tempi diversi: la cocaina era liberamente accessibile a tutti coloro che esercitavano la professione medica e non aveva ancora lo statuto giuridico di sostanza stupefacente.
Altri tempi, in cui il Papa era consumatore di una bevanda alcolica contenente un estratto della foglia di Coca, il Vin Coca Mariani, e la stessa formula originaria dell'odierna Coca Cola conteneva, del pari, un estratto di foglie di Erytroxilon Coca.
A parte l'inappropriatezza dell'uso anti-depressivo, oggi la cocaina è anche una sostanza stupefacente ed è fuori dalla Farmacopeia ufficiale di tutti gli Stati, in accordo con le normative internazionali.
Insomma, ci sarebbe piaciuto di più che Morgan avesse dichiarato, in tutta sincerità: "Ho fatto uso di cocaina, perchè sono stato debole, l'ho provata, mi è piaciuta, e ne sono divenuto dipendente. Oggi, ne sono uscito e vi racconto come ho fatto. Ragazzi, non cadete nel mio stesso errore".
Invece, con una confessione puramente esibizionista ci ha dato soltanto un alibi "patogenetico" difficile da digerire che confonde pericolosamente le carte.
E quanto detto da lui comporta che tanti, seguendo il suo esempio, potrebbero trovare delle pseudo-razionalizzazioni al proprio approccio con la cocaina e con altre droghe.
Insomma, in questo senso, Morgan è stato davvero un cattivo maestro!
Un personaggio pubblico che voglia dichiarare i propri errori deve parlare con la verità, se parlando di essi voglia trasmettere un esempio positivo...
In assenza di questa volontà, allora è meglio il silenzio

5 commenti:

  1. A mo' di commento ed ampliamento della tematica, Alice Ferretti ha inserito in FB questa ampia citazione:

    Cocaina: Da Freud alla Coca cola Tutte le piste di una storia occidentale
    di Cristina Petrucci - 28/12/2009

    Fonte: Liberazione
    «Nel 2011 i consumatori di cocaina saranno circa 700mila, il 5% in più rispetto al numero di consumatori del 2008». Scriveva il Corriere della Sera quest'estate. E questo è solo uno dei continui articoli, inchieste, scoperte che i mezzi di informazione pubblicano quasi quotidianamente sulla cocaina. Come se il grande consumo della sostanza fosse stato scoperto soltanto adesso. Invece, quella della cocaina è una storia che non inizia neanche in questo millennio bensì si perde nella notte dai tempi. Recentemente le nuove tecnologie hanno potuto trovare traccia nei capelli di mummie cilene del 2000 a.c. della presenza di benzoilecgonina, un metabolita della cocaina. Al nostro secolo si deve tuttavia l'uso degli effetti per la ricreazione, il proibizionismo, ma soprattutto il grande volume d'affari.

    Nel 1884 il dottor Sigmund Freud pubblica un volumetto a lui tanto caro Uber Coca . Il padre della psicanalisi racconta con molto entusiasmo, la scoperta di questa sostanza sperimentata su sé stesso per curare la depressione. In una lettera del 21 aprile del 1884 così racconterà alla fidanzata: «Ho letto della cocaina (….) Me ne sto procurando un po' per me e poi vorrei provarla per curare le malattie cardiache e gli esaurimenti nervosi…». Purtroppo però la natura è crudelmente avara nel dispensare il piacere. Più l'esperienza è eccitante, più il cervello soffre quando si rende conto che è già finita. Con il passare del tempo, Freud si accorge che ci volevano dosi sempre più forti o più frequenti per ottenere lo stesso risultato tanto che molti dei suoi pazienti finirono per assuefarsi. Così come il patologo e suo amico Ernst Fleischl, che diventerà tristemente noto alla storia come il primo caso di psicosi cocainica. Tuttavia Freud una cosa l'aveva capita molto bene: la possibilità di sfruttare questa sostanza per trarne un profitto, il suo sogno era quello di comprarsi finalmente una casa. E molti dopo di lui seguirono questa strada.

    Così il giovane chimico corso Angelo Mariani che a Parigi produsse quell'ottimo vino con estratti di coca che tanto Papa Leone XIII raccomandò per le messe cantate apparendo addirittura in un manifesto per farne pubblicità; mentre l'intraprendente farmacista americano John Pemberton che produsse una delle bevande ancora più bevute al mondo: la Coca cola. Ogni bottiglietta, prima del proibizionismo, conteneva l'equivalente di una piccola dose di cocaina. «Oggi la cocaina vale più del suo peso in oro. Il suo prezzo è all'origine circa il quattro per cento del prezzo di vendita al dettaglio» scrive il docente di Farmacologia di Cagliari, Gian Luigi Gessa nel suo libro Cocaina (Rubbettino, 2008), che aggiunge come «La rivista Fortune colloca l'industria della cocaina illegale al settimo posto nella lista delle cinquecento maggiori imprese economiche, tra Gulf Oil e Ford Motor Company».
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  2. Nel 2003 le vendite della sostanza nelle strade americane hanno raggiunto i 35 miliardi di dollari. E non appena il mercato statunitense si è saturato, quelli in Europa si sono mostruosamente aperti. Tanto che oggi la cocaina non è più esclusiva degli strati abbienti della società, non è appannaggio di fotomodelle o imprenditori, oggi si trova raccolta in "pezzi", appallottolata nelle tasche della gente comune, nelle borsette delle signore, nei portafogli del lavoratori, negli zaini degli studenti, nella cassaforte dei politici, ovunque. Ne hanno trovato percentuali imbarazzanti perfino nelle acque dell'Arno e residui in quasi tutte le banconote che maneggiamo. Pippata, scaldata, tagliata, fumata oggi la cocaina viene usata indistintamente con o senza permesso di soggiorno, con o senza contratto a tempo indeterminato, ricco o povero, uomo o donna che sia. A fronte di una politica del guadagno folle che sta giustificando militarizzazioni e politiche proibizioniste che riempiono le galere.
    Potremmo dire che è tutta colpa degli inca? Gli abitanti dell'area compresa tra Colombia, Perù e Bolivia, dove si producono i tre quarti della cocaina del mondo, masticano foglie di coca da migliaia di anni. Non solo per le sue proprietà stimolanti - che cancellano la fatica e danno l'energia necessaria per affrontare le ripide salite nell'aria rarefatta di quella regione montuosa - ma anche per le sue qualità alimentari, poiché le foglie contengono vitamine e proteine. Poi arrivarono i conquistadores con il loro divieto definendola "uno strumento del diavolo", per poi scoprire che senza quel "dono degli dei" gli indigeni non riuscivano a lavorare nei campi o a estrarre l'oro. Improvvisamente la coca fu legalizzata e anche tassata e gli invasori cominciarono a tenere per sé un decimo dei raccolti. Le foglie erano distribuite ai contadini tre o quattro volte al giorno, durante le pause dal lavoro. Addirittura la chiesa cattolica cominciò a coltivarla. Poiché le foglie sopportavano male il viaggio venivano esportate in Europa solo sporadicamente, così negli Stati Uniti, come nel Vecchio Continente ben presto arrivò la sostanza lavorata e in polvere. Una storia che però si ripete ancora oggi.

    Nel 2006 il regista Andrea Zambelli si reca in Colombia per un progetto di alfabetizzazione comunicativa, qui realizza Mercancia , un documentario che segue tutto il processo di "fabbricazione" di questa sostanza nella regione del Magdalena-Medio, nei vari passaggi di produzione fino alla pasta. Ma soprattutto raccoglie il racconto degli stessi contadini e si sofferma sui gruppi paramilitari che gestiscono gli scambi della cocaina fra campesinos e narcotrafficanti.
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  3. Dalla raccolta della pianta fino alla raffinazione ogni passo viene tassato dai gruppi paramilitari come una qualsiasi transazione economica. In venti velocissimi minuti, il regista mostra l'esistenza di una piccola comunità di coltivatori dalle tradizioni salde e dalla vita rurale. Nulla di più distante, dunque, da ciò che nel nostro immaginario può rappresentare un narcotrafficante. Nessun campesinos, infatti, è consumatore o fruitore della cocaina, né partecipe, se non in minima parte, degli incredibili guadagni legati al commercio di questa sostanza. In questi paesi, costretti spesso a lavorare nei campi di coca per poter sostentare le proprie famiglie, i contadini tramandano di padre in figlio la tradizione per la raccolta e la preparazione della pasta. L'opprimente condizione imposta dai narcotrafficati e i metodi brutali di repressione dei paramilitari impediscono la formazioni di oppositori e i pochi sindacalisti che coraggiosamente si mettono contro di loro vengono spesso messi a tacere. Ed è proprio questo il problema principale: il guadagno. Nelle nazioni di produzione un grammo di cocaina (come reso noto dalle Direzioni internazionali per la lotta alla droga) viene pagato un euro per una purezza pari al 95%. Sul mercato occidentale bene che va viene rivenduta con soltanto il 25-30% di principio attivo, con un guadagno del 1.200%. Del resto Roberto Saviano in Gomorra ci parla di un «fatturato 60 volte superiore a quello della Fiat». E questo solo in Italia. Sarà per questo che la cocaina viene chiamata "il petrolio bianco", il vero miracolo del capitalismo contemporaneo, in grado di superare qualsiasi crisi economica. Così i mercati crollano e il prezzo della cocaina in Occidente scende ma non quello del fatturato. Un vero affare.

    Tante altre notizie su ww.ariannaeditrice.it

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  4. Ornella Fulco ha scritto:

    Ottimo contributo Maurizio. L'informazione sugli effetti nefasti delle droghe non è mai troppa!

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  5. Vincenzo Cordovana ha voluto dare, secondo una sua pregevole abitudine, un contributo in rima...

    POLVERE
    by "Varietà" enzocordovana.blogspot.com

    L'uomo di oggi, con far quasi normale,
    sia esso artista, politico, prelato o manovale, ... See More
    ritiene migliore la propria prestazione
    se assume di polvere, a strisce, la razione.
    Così lui suole porsi all'altra gente
    adeguato, corretto, brillante e seducente,
    positivo, ottimista, con faccia sorridente,
    capace di mostrarsi televisivamente.

    Supera in tal modo un'altra sua natura
    che vive la stanchezza, il buio, la paura,
    la voglia di fermarsi, di stare un pò a sognare
    di dire: “...ho fatto tutto...”e stare ad aspettare,
    di vivere supino il biblico anatema
    che solo a nominarlo mi gela anche la schiena:
    “...di polvere siam fatti e tali torneremo...”.

    Vuol dir che all'occorrenza polvere assumeremo

    http://enzocordovana.blogspot.com/2010/02/polvere.html

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