Chi percorre la strada da Castelbolognese a Riolo Terme, trovandosi a circa metà della distanza, vedrà sulla sinistra una palazzina ad un piano, in cui al livello della strada si aprono le vetrine di un bar dove servono anche panini imbottiti.
Si noterà, con una certa sorpresa, che - addossata alla facciata dell'edificio - c'è una gigantesca statua di legno scolpito ad arte.
La statua è davvero enorme - per quanto slanciata e non "pesante", perchè arriva con la testa quasi all'architrave della finestra primo piano - e raffigura un uomo che regge una bel fiasco di vino in mano e che, dal modo, in cui tiene posizionate le gambe e i piedi, quasi ad allargare la base d'appoggio per mantenere l'equilibrio, parrebbe un po' alticcio e, di sicuro, allegro di quell'allegria da osteria che induce alle risate grasse e agli scherzi un po' pesanti.
Sembra che sia stato colto nell'attimo in cui vuole avvicinare, con un movimento reso incerto dall'alcool già ingerito, la fiasca alle labbra per bere un ulteriore, generoso, sorso.
Ci sono passato tante volte, senza chiedere, ma sempre ammirando la grande statua.
Ma, a quest'ultimo passaggio, sono entrato nel bar.
Innanzitutto, mi premeva sapere come fosse stata realizzata la statua: pensavo che per fare una base d'appoggio così ampia, disegnata dalle gambe divaricate, sarebbe stato necessario un tronco davvero immenso, oppure l'assemblaggio di pezzi diversi.
Ma non c'erano segni di giunzione visibili.
Ho chiesto e mi hanno risposto che la statua è stata scolpita da un pezzo unico di tronco di castagno che però l'artista ha lavorato, capovolgendolo: gli arti inferiori divaricati erano, infatti, due grosse diramazioni del tronco.
Ho pensato: è proprio dell'artista vedere le cose prima di mettersi all'opera. Io guardando il tronco dal vivo, non avrei mai potuto pensare che rami svettanti verso il cielo, potessero diventare le gambe di una stua antropomorfa...
Mi hanno detto, con un punta d'orgoglio, che l'artista vive proprio alle spalle dell'edificio e che, oltre ad abitarci, lì ha anche il suo laboratorio.
Ma chi è l'artista?
Si tratta di Giò Bert (nome d'arte di Giovanni Bertozzi) che, nato a Brisighella (Ravenna) nel 1924, vive e lavora a Riolo Terme dal 1930.
Bert ha mostrato una grande propensione verso le arti figurative sin da bambino quando, ancora per gioco, si ritrovava a modellare creta, sabbia e neve e ad eseguire disegni con gesso e carbone.
Avendo suscitato sin dalla più giovane età dell'ammirazione di molti, venne chiamato a lavorare da apprendista presso la bottega dei fratelli Girotti, ebanisti ed intagliatori ravennati, dove rimase sino al 1935.
Dopo la parentesi della guerra, in cui fu militare e partigiano, Bert diede vita ad una bottega di mobili d'arte: un'attività che chiuse nel 1970 per dedicarsi a tempo pieno alla scultura, per lui un'autentica passione, realizzando in tempi più recenti anche fusioni di metallo su legno scolpito.
Alcuni hanno detto che le sue sculture sono "sogni realizzati" e, da questo punto di vista, egli ha al suo attivo quarant'anni di straordinari sogni scolpiti e numerose mostre.
Si noterà, con una certa sorpresa, che - addossata alla facciata dell'edificio - c'è una gigantesca statua di legno scolpito ad arte.
La statua è davvero enorme - per quanto slanciata e non "pesante", perchè arriva con la testa quasi all'architrave della finestra primo piano - e raffigura un uomo che regge una bel fiasco di vino in mano e che, dal modo, in cui tiene posizionate le gambe e i piedi, quasi ad allargare la base d'appoggio per mantenere l'equilibrio, parrebbe un po' alticcio e, di sicuro, allegro di quell'allegria da osteria che induce alle risate grasse e agli scherzi un po' pesanti.
Sembra che sia stato colto nell'attimo in cui vuole avvicinare, con un movimento reso incerto dall'alcool già ingerito, la fiasca alle labbra per bere un ulteriore, generoso, sorso.
Ci sono passato tante volte, senza chiedere, ma sempre ammirando la grande statua.
Ma, a quest'ultimo passaggio, sono entrato nel bar.
Innanzitutto, mi premeva sapere come fosse stata realizzata la statua: pensavo che per fare una base d'appoggio così ampia, disegnata dalle gambe divaricate, sarebbe stato necessario un tronco davvero immenso, oppure l'assemblaggio di pezzi diversi.
Ma non c'erano segni di giunzione visibili.
Ho chiesto e mi hanno risposto che la statua è stata scolpita da un pezzo unico di tronco di castagno che però l'artista ha lavorato, capovolgendolo: gli arti inferiori divaricati erano, infatti, due grosse diramazioni del tronco.
Ho pensato: è proprio dell'artista vedere le cose prima di mettersi all'opera. Io guardando il tronco dal vivo, non avrei mai potuto pensare che rami svettanti verso il cielo, potessero diventare le gambe di una stua antropomorfa...
Mi hanno detto, con un punta d'orgoglio, che l'artista vive proprio alle spalle dell'edificio e che, oltre ad abitarci, lì ha anche il suo laboratorio.
Ma chi è l'artista?
Si tratta di Giò Bert (nome d'arte di Giovanni Bertozzi) che, nato a Brisighella (Ravenna) nel 1924, vive e lavora a Riolo Terme dal 1930.
Bert ha mostrato una grande propensione verso le arti figurative sin da bambino quando, ancora per gioco, si ritrovava a modellare creta, sabbia e neve e ad eseguire disegni con gesso e carbone.
Avendo suscitato sin dalla più giovane età dell'ammirazione di molti, venne chiamato a lavorare da apprendista presso la bottega dei fratelli Girotti, ebanisti ed intagliatori ravennati, dove rimase sino al 1935.
Dopo la parentesi della guerra, in cui fu militare e partigiano, Bert diede vita ad una bottega di mobili d'arte: un'attività che chiuse nel 1970 per dedicarsi a tempo pieno alla scultura, per lui un'autentica passione, realizzando in tempi più recenti anche fusioni di metallo su legno scolpito.
Alcuni hanno detto che le sue sculture sono "sogni realizzati" e, da questo punto di vista, egli ha al suo attivo quarant'anni di straordinari sogni scolpiti e numerose mostre.
L'ulivo di Giò Bert (da www.pepijoy.com/)
RispondiElimina«Vorrei vedere più gente sensibile a questo problema e divulgare il messaggio del disarmo».
Giò Bert, Giovanni Bertozzi, nasce a Brisighella (RA) nel 1924. A cinquant'anni decide di abbandonare la sua azienda di mobili per dare finalmente spazio a quello che avrebbe voluto fare fin da bambino, lo scultore, progetto che per senso del dovere e responsabilità nei confronti della sua famiglia aveva sempre rimandato.
Giò Bert sceglie il pezzo di legno - la "materia" che predilige per le sue sculture - in base all'idea da eseguire. Le ispirazioni per le sue opere nascono in momenti diversi, non tutte di immediata esecuzione, alcune maturano per anni. Quando in Puglia ha visto un ulivo strappato dalla terra trent'anni prima, all'età di novecento anni, ha capito che era quello di cui aveva bisogno: un albero inusuale per un discorso contro corrente. «Qui imposto questo sasso che voglio lanciare», ci racconta di aver pensato. Lo ha trasportato a Riolo Terme, dove vive e lavora, superando difficoltà non indifferenti - il tronco è molto grande, supera quattro metri d'altezza e pesa settanta quintali. L'ha pulito dalla corteccia, ha visto nei suoi rami le fiamme ardenti, maestose, e le armi al fuoco: un missile, una pistola, una mitragliatrice, un cannone; e l'uomo dal basso, che finalmente decide di disfarsi delle armi. Con l'ultima scalpellata ha sentito di essersi tolto un peso per averlo potuto realizzare. «Il significato non è nell'opera in sé, ma nel titolo», afferma soddisfatto. Erano almeno vent'anni che pensava di realizzare L'ulivo per il disarmo (terminato nel 2004 dopo due anni di lavoro).
Fin da giovane non ha mai amato le armi. Quando lo chiamarono per fare il servizio di leva era terrorizzato, non sarebbe voluto partire, ma rischiava la fucilazione per diserzione. Nell'addestramento era costretto a sparare su delle sagome, ma il semplice fatto che avessero forma umana lo ripugnava. L'esperienza devastante della guerra - nella quale avevano perso la vita davanti ai suoi occhi la nonna e la sorellina - lo aveva segnato profondamente. Già allora avrebbe dato le armi al fuoco, se avesse potuto. Non sopporta le armerie e non riesce a capire chi gira armato. «Oggi stiamo divulgando la cultura agli armamenti. Con la scusa della difesa facciamo un'offesa - afferma indignato mentre il volto si incupisce. - Se l'uomo ragionasse, metterebbe tutto a posto con il dialogo, la politica, le religioni».
Alice Ferretti ha scritto:
RispondiElimina...è veramente un... See More’opera che ti lascia senza fiato. Maestosa, elaborata pur nella semplicità del soggetto. La osservi da lontano e poi non ti resta che avvicinarti, hai voglia quasi di percorrerla tutta con le mani, per sentirne il calore, di arrampicarti su di lei per scoprirne i particolari.
Nonostante i suoi ottantasei anni Giò Bert, con il suo mazzuolo e scalpello sul legno riesce veramente a liberare la sua anima, i suoi sogni diventano grandi opere d’arte. C’è chi va errando alla ricerca dell’elisir di eterna giovinezza e chi sembra averlo trovato...
Mi sembra che il testo sopra menzionato di Alice Ferretti, termini con l'inicipit di un articolo che ho scritto e che oltre sul mio sito www.pepioy.com pagina articoli Giò Bert, è anche stato pubblicato sulla rivista Art Jourunal...che strana coincidenza....segue l'articolo, cordiali saluti
RispondiEliminaPierangela Ezzis
http://www.pepijoy.com/articoliimpaginaz/giobert.html
Giò Bert Nuova collezione
Fusioni di metallo su legno scolpito la nuova frontiera artistica del maestro romagnolo
C’è chi va errando alla ricerca dell’elisir di eterna giovinezza e chi sembra averlo trovato. Uno di questi pochi fortunati è Giò Bert (Giovanni Bertozzi), classe 1924. Nonostante i suoi ottantatre anni, ben portati anche fisicamente, è incredibile constatare quanto entusiasmo e passione metta ogni giorno nel suo lavoro, difatti il nostro artista non è ancora andato in pensione. Bert cela dentro di se un instancabile spirito giovanile, che lo porta alla realizzazione di nuove opere senza sosta e con estrema rapidità. “Quando ho un’idea la devo eseguire subito” – commenta Bert. Basta uno schizzo su carta e via si parte alla realizzazione del pezzo. In questi giorni sta ultimando la nuova collezione di fusioni in metallo, posizionate su legno scolpito. “Una delle prime opere che ho fatto, così per gioco, assemblando sculture in legno e metallo fuso, è stata La mia Famiglia nell’arrampicata della vita. Si tratta di una fusione rappresentante tutti i componenti della mia famiglia, (6 figli mia moglie ed io), che ho posto su una radice di ulivo, e che mi diverto a sollevare sorprendendomi io stesso di quanto perfettamente combaci su di essa.” La fantasia di Giò Bert lo porta ad elaborare sempre soggetti nuovi ed originali. Si coglie la tensione emotiva nella donna che si aggrappa con tutta la sua forza ad un albero, per proteggersi da tuoni e fulmini, in Temporale. Un gatto è scappato sulla cima di un albero, in salvo dalle grinfie di un cane Gatto al riparo. La Modella è un’altra scultura singolare. La donna è composta da una fusione in metallo bianco, in posa da sfilata, che indossa un abito in larice, scolpito con la tecnica della fibra alterata. La tecnica della fibra alterata, studiata da Bert stesso, è una sorta di fitto bassorilievo che mette in evidenza le venature del legno, palesando un abito morbido ed elegante. L’occhio ed il cuore dell’artista, tendono a ritrarre la realtà quotidiana sorridendo con ironia, soprattutto nelle opere degli ultimi anni. All’inizio della carriera artistica di Giovanni Bertozzi, le opere rappresentavano prevalentemente scenari di guerra. Immagini che egli non ha comunque dimenticato, e che rimangono stabili nelle piazze di molte città, come il Museo di Guerra all’aperto a Riolo Terme (RA). E’ possibile apprezzare le doti artistiche di Giò Bert, visitando il suo museo sito tra Cuffiano e Riolo Terme (RA), dove sono collocate sculture in diversi materiali, dal legno, al marmo, alla pietra arenaria, alle fusioni, dalle svariate dimensioni, si va da pochi centimetri fino ai sette metri. Le tematiche trattate sono differenti: la donna nelle varie espressioni, come la curiosissima Donna Gallo, l’amore nel Bacio in bicletta, la Maternità, la Paternità, l’affetto per gli animali. Le opere in bronzo sono tutte fuse da Giò Bert, con un procedimento personale, frutto di continue ricerche e studi meticolosi. Mazzuolo e scalpello nelle mani di Bert diventano utensili musicali, con colpi cadenzati ritmicamente, profusi di passione e amore, il legno libera la sua anima nell’opera realizzata. Info: cell 349 1615792
Pierangela Ezzis – Art Journal n°2 Marzo/Aprile 2007
Great posst
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