giovedì 25 marzo 2010

Transiti: stasi e movimento


Le stazioni possiedono delle qualità particolari. Sono dei luoghi di transito, dove tutto è costantemente in movimento.
Momenti convulsi in cui si creano flussi monodirezionali di grandi masse alternati ad intervalli di stasi e relativa quiete.
Chi si ferma, uscendo fuori dai vettori del movimento lineare rappresenta l'anonalia, in quanto - anche se per pochi istanti soltanto - trasforma il non-luogo in luogo, in un piccolo angolo confortevole dove vengono collocati alcuni ancoraggi.
E' come se in una stazione dominassero su tutto i vettori del tempo lineare.

Se questi si inceppano gli utenti si sentono perduti quasi fossero costretti in una deriva che viene sentita come inquietante (destrutturante): da qui le manifestazioni di intolleranza ed impazienza che, in alcuni casi, sconfinano nell'ansia e nel panico.
La virtù è quella di saper stare, accettando l'arrotolarsi del tempo lineare in una dimensione sospesa, nella quale tutto può accadere e nel cui contesto qualsiasi cosa si faccia può prendere il sapore magico di ciò che non è previsto o pianificato.
Sedersi su di una panchina, fermarsi in un bar per sorbire un caffè, leggere da un libro, osservare ciò che accade tutt'intorno a te, percepire suoni, colori, odori. Avere il privilegio di stare fermi, mentre tutti quelli che si muovono attorno a te sembrano trasportati da un tapis roulant o immessi in un'enorme centrifuga che produce frullati di corpi e di vite amalgamate, spogliate di qualsiasi individualità.
Al movimento convulso di grandi masse di persone, ciascuna immessa in una sua traiettoria, fanno da contraltare l'immobilità e il silenzio, che per esempio si possono riscontrare in orari marginali, quando le banchine si fanno deserte.
Le luci si affievoliscono e soltanto pochi e sparuti passeggeri vi indugiano in attesa, non si sa di cosa.

Oppure semplicemente stanno... come se avessero dimenticato quale sia la loro meta.

La leggerezza di Italo Calvino

"… è la mia peculiare malinconia composta da elementi diversi, quintessenza di varie sostanze, e più precisamente di... tante differenti esperienze di viaggi durante i quali quel perpetuo ruminare mi
ha sprofondato in una capricciosissima tristezza.
Non è una melanconia compatta e opaca, dunque, ma un velo di particelle minutissime d’umori e sensazioni, un pulviscolo d’atomi come tutto ciò che costituisce l’ultima sostanza della molteplicità delle cose.” (Italo Calvino, Lezioni americane)

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