giovedì 17 giugno 2010

Gianfranco Manfredi e i vampiri illuministi tra superstizione e ragione


Confesso: non avevo ancora letto un solo romanzo di Gianfranco Manfredi!
Una grave mancanza, a conti fatti, devo ammetterlo alla luce delle mie impressioni al termine della lettura del suo Ho freddo (ww.hofreddo.it).
Un po’ ritardo, ma – alla fine – ci sono arrivato.
L’approccio iniziale non è stato facile, ma è ciò che capita quando ci si accosta per la prima volta a un autore nuovo e mai frequentato prima.
La prosa di Manfredi è densa, con un incedere lento e solenne, eppure se ci si abbandona al ritmo della sua scrittura, dopo un po’ il gioco è fatto.

Il romanzo, collocato all’interno d’una collana della Gargoyle Books, specializzata nell’edizione di preziosi testi horror, sfugge tuttavia ad una precisa catalogazione.
Non è un horror nel senso stretto del termine, né tanto meno lo si può considerare una storia di vampiri.
Propenderei piuttosto nel rubricarlo come “romanzo filosofico” che pone una serie di interessanti questioni, essendo collocata la sua vicenda in un cruciale punto di svincolo tra epoche passate della storia, dominate da oscurantismo e pregiudizio, e quella svolta cognitiva e scientista impressa dai più illustri rappresentanti del “secolo dei lumi”.
Siamo nel Nuovo Mondo, dove l’arrivo di fermenti e idee nuove si trova a cozzare con forza con il forte radicamento di quei pregiudizi religiosi che condussero, per esempio, al paradigmatico caso delle streghe di Salem, cronologicamente collocabile solo pochi decenni prima rispetto alle vicende narrate.
Una parte della storia ruota attorno ad alcuni casi “misteriosi” che rappresentano appunto paradigmaticamente gli errori cognitivi indotti dal pregiudizio, come la storia della misteriosa e tragica fine del gruppo di emigranti guidati da Hans Hermann, su cui la comunità di Cumberland aveva deciso di attuare una sorta di rimozione collettiva; oppure quello di altrettanto misteriosi revenant che, con le loro inquietanti e impalpabili presenze, ritornano a turbare i vivi; oppure, ancora quello della nave maledetta che – come quella dell’Olandese Volante – si aggira davanti alle coste dell’isola nelle notti tempestose, in una ripetizione ossessiva dell’incendio che aveva devastato una nave di migranti alcuni anni prima.
C’è ovviamente un riferimento alle credenze sui vampiri, ma in connessione – molto originale – con focolai epidemici di tisi e di consunzione polmonare, particolarmente diffusa in quegli anni, ma anche con il comparire di episodi endemici di rabbia. I personaggi-chiave che rappresentano l’antitesi tra due mentalità diverse sono Jan Vos, il predicatore battista, e i due gemelli Aline e Valcour, sbarcati nel Nuovo Mondo con l’obiettivo di portare innovazione e progresso, abbattendo al tempo stesso pregiudizi e false credenze e, in particolare, con il desiderio di introdurre nuovi metodi di cura alle malattie infettive (e, qui vi è un riferimento molto cogente e preciso sulla storia delle vaccinazioni).

Una battaglia che si annuncia dura e faticosa e dagli esiti incerti.
Gianfranco Manfredi sembra propendere verso un esito fondamentalmente pessimista rispetto alle ragioni dello scientismo.

Pregiudizio, superstizioni, false credenze sembrano avere la meglio rispetto alle spiegazioni razionali e all'applicazioni di strumenti che dall'applicazione di un approccio epistemologico corretto alla realtà discendono.

Come mostra l'antropologo-psichiatra-psicoterapeuta Tobie Nathan (che è considerato uno dei pilastri della moderna psichiatria transculturale), le credenze - per quanto ritenute "false" da chi detiene strumenti di decodifica della realtà più attuali e moderni - rappresentano per chi le pratica un potente strumento di approccio e conoscenza del mondo ed è, quindi, molto difficile combatterle con un semplice invito a mantenersi aderente alla lettura razionale delle cose.

Nel lavoro di Manfredi, personaggio eclettico e colto, nonché profondo conoscitore della storia delle idee e della filosofia, si coglie un lavoro appassionato di ricerca e di raccolta di fonti documentarie che lo stesso autore non manca di offrire al lettore esigente e curioso al termine dell’opera in una preziosa postfazione, mentre – secondo le consuetudini della Gargoyle – in apertura il romanzo è presentato da una bella introduzione di Loredana Lipperini.
La postfazione di Manfredi, tra l’altro, rende un omaggio a Bram Stoker, facendo intravedere al lettore delle connessione tra una delle location in cui ha scelto di ambientare la sua storia e uno dei tre luoghi cardine in cui si sviluppa la parte inglese della vicenda di Dracula il Vampiro. In più, stabilisce una connessione interessante tra le credenze (irrazionali) sui vampiri e le epidemie di “peste vampirica” che imperversarono in Europa in epoca pre-illuministica, da addebitare probabilmente a raggruppamenti endemici di casi di rabbia. Mi è piaciuto davvero molto: un’autentica sorpresa, anche se, per capire quanto valesse, ci ho messo un po’ di tempo. È una scrittura che richiede all’inizio applicazione e fiducia. Un atto di fede, si potrebbe dire dire: “Conoscimi, non rifiutarmi subito e non ti deluderò”, sembra dirti.
Come epigrafe io ci avrei messo la famosa frase goyesca: “Il sonno della ragione genera mostri”.
Dove si amplia la conoscenza scientifica dei fatti e si costruiscono delle teorie che consentano una spiegazione degli eventi, là il pregiudizio, la superstizione, l’ocurantismo dovrebbero dileguarsi. Ma non è cosa semplice...

Nella prefazione, Loredana Lipperini cita ampiamente l’importante saggio di Paul Barber, Vampiri sepoltura e morte (1988, 1994), il cui sottotitolo Folklore e realtà dà la misura del progetto di Barber, docente a Princeton di Letteratura tedesca e storia del folklore: un progetto che fu quello di riportare le credenze sui vampiri a ciò che sono, senza nulla di soprannaturale, ma fondate su fatti spiegabili di cui nei “secoli bui” non si conoscevano le basi razionali e scientifici.
Ed è indubbiamente agli studi di Barber e alla larga messe di episodi storicamente documentati citati nel suo saggio a cui si riferisce Gianfranco Manfredi in Ho freddo.

Citando Barber:
Gli Europei del primo Settecento mostrarono un grande interesse per il vampiro: La parola stessa, secondo l’Oxford English Dictionnary, entrò nella lingua inglese nel 1734, in un periodo in cui, specialmente in Germania, si scrivevano molti libri sull’argomento. Retrospettivamente, appare chiaro che una ragione di tutto questo entusiasmo sta nella Pace di Passarowitz (1718) con la quale alcune parti della Serbia e della Valacchia erano passate all’Austria: Da quel momento le forze occupanti, che rimasero in quelle regioni sino al 1730, cominciarono a notare e a riportare una pratica locale molto peculiare: quella di esumare cadaveri e di “ucciderli”. Forestieri in possesso di un certo grado di istruzione iniziarono ad assistere a queste esumazioni: La moda del vampiro, in altre parole, fu ante litteram un evento “creato dai media”, con il quale alcuni europei colti fecero la scoperta di pratiche che non avevano affatto un’origine recente, ma che per la prima venivano pubblicizzate efficacemente.

Valcour e Aline potrebbero essere stati benissimo tra questi Europei colti a fungere da osservatori e a fare da testimonial di tali eventi, ma essendo rappresentanti del fermento delle nuove idee, i due cercano di dare la spiegazione razionale e scientifica di eventi apparentemente sovrannaturali, senza subirne il fascino perturbante.

Cosa rappresentavano queste pratiche? Indubbiamente alla loro radice vi erano delle credenze profondamente radicate sul fatto che i morti possano ritornare a insidiare i vivi se prima non siano stati opportunamente pacificati. credenze antichissime dunque, alla base di complicati rituali della sepoltura e della sua ripartizione in due tempi successivi, come è diffuse in molte civiltà e come hanno mostrato gli antropologi. In sintonia con tali credenze venivano poi interpretati una serie di fenomeni naturali legati alla trasformazione del corpo post-mortem o al suo permanere apparentemente intatto. Trasformazioni che, peraltro, oggi vengono studiate scientificamente per potere perfezionare sempre di più la possibilità di decodificare il modo in cui una persona è morta (o è stata uccisa) e quali vicissitudini abbia subito il cadavere nel post-mortem.
Oggi, alcune cose sono di pubblico dominio: sappiamo che esistono delle vere e proprie “officine dei corpi” dove si studiano in maniera scientifica tutte le modifiche cui vanno incontro i corpi sottoposti alle più diverse condizioni ambientali, conoscenze che assumono una importanza crescente per i medici forensi.
Tali luoghi e pratiche sono ampiamente descritti in un paio di libri in circolazione a uso e consumo degli appassionati di medicina legale divulgativa e crime stories alla maniera di Patricia Cornwell, per citare uno degli esempi più conosciuti.
Allora, di questi fenomeni e della loro variabilità, nulla si sapeva: è chiaro quindi che alcuni di essi potessero essere interpretati come legati a forze sopranaturali in azione. In contemporanea, proprio in quel periodo nella transizione tra il secolo dei lumi e l’Ottocento prende piede una pratica pià moderna della Medicina, con lo studio ancora embrionario delle malattie infettive e l’affacciarsi della teoria fondante della pratica delle vaccinazioni, con lo scaturire di alcuni accorgimenti che, pur andando contro precedenti superstizioni, in alcune circostanze ed in alcuni contesti, sembrano colludere proprio con quei sistemi di pensiero e con il corpus preesistente di credenze e false convinzioni.

A scopo di approfondimento, non si può non citare qui questo lungo passaggio tratto da un saggio su La non-nascita dei vampiri reperibile nella rete
VAMPIRI ILLUMINISTI
Il maggior numero di leggende sui vampiri le troviamo nell’Europa Orientale, soprattutto per il gran numero di resoconti scritti nel settecento in concomitanza all’epidemia vampirica che si sviluppo proprio in quelle terre e che rese il vampirismo un fenomeno sociale da estirpare con ogni mezzo possibile in quanto rappresentava un pericolo reale per le popolazioni. Paradossalmente nel secolo dei Lumi si è avuto il trionfo delle creature della notte, infatti, il Dictionnaire Infernal alla voce Vampiri si esprime affermando che essi hanno terrorizzato l’Europa orientale, mentre gli altri spaventavano gli occidentali ribaltando le loro antiche convinzioni con le quali avevano convissuto per secoli. Dal XV secolo chi moriva nell’area geografica compresa fra la Jugoslavia e la Russia era soggetto a ritornare, in particolare se aveva mancato ai suoi doveri di buon cristiano perché era ancor più facile preda del demonio, anche lui in grado di far risorgere i suoi figli imprigionando la loro anima dentro il corpo. Ne derivò una serie di misure preventive e cautelative per riconoscere il potenziale vampiro (si stillarono elenchi di persone predisposte a diventare vampiro che comprendevano dai criminali ai morti suicidi, alle persone coi capelli rossi o quelli nati in determinati periodi dell’anno) e per far si che il suo corpo non fosse in grado di uscire dalla tomba (dagli impedimenti fisici come mutilazioni a procedure volte ad accelerare i processi di decomposizione della salma), un atteggiamento completamente diverso da quello della cristianità occidentale che assicurava che i cadaveri dalla “carne impassibile” erano quelli dei santi. Le cause sono da ricercarsi nella difficile situazione politica di queste terre soggette al dominio degli Asburgo e a quello della chiesa, e che, però, venivano da anni di dominazione cristiana ortodossa e da assedi operati dai musulmani quindi esisteva una certa confusione fra i popoli stessi se accettare l’origine demoniaca del vampirismo (come sosteneva la chiesa ortodossa) o se accontentarsi di essere ridotti a superstiziosi ignoranti come proponeva l’illuminata chiesa occidentale. Il clero locale era accusato al pari dei villici di diffondere la diceria del ritorno dei morti dietro influsso Satanico, confortati da testi scritti secoli prima e tenuti in gran considerazione come il Malleus Maleficarum di Sprenger e Kramer (Norimberga 1494), la Demonomania di Bodin (Parigi 1580) Il Compendium Maleficarum di Guaccio ecc., tanto che il Cardinale Prospero Lambertini, quando l’arcivescovo polacco gli chiese l’autorizzazione per praticare gli esorcismi sui cadaveri rispose in questi termini: Certamente dev’essere la grande libertà di cui Godete in Polonia che vi consente di andarvene a spasso anche dopo morti. Qui da noi, glie l’assicuro, i morti sono tranquilli e silenziosi, e se non avessimo che loro da temere, non avremmo bisogno né di sbirri né di bargello. Si cominciarono a scrivere numerose dissertazioni riguardo i vampiri, che cercavano di fornire una spiegazione razionale al fenomeno al fine di far smettere le brutali pratiche di esumazione e trattamento dei cadaveri sospetti che certo non si confacevano alla società illuminata che si stava preparando. Se escludiamo la maggioranza di pubblicazioni minori, provenienti prevalentemente da Lipsia, Norimberga e Jena, i trattati più famosi e giunti fino a noi sono quelli di Dom Calmet (ai tempi canzonato da Voltaire per l’accurata documentazione di casi di vampirismo che apportava e per la sua mancanza di presa di posizione a questo riguardo), quello di Davanzati (un religioso italiano che cercava di dare spiegazioni, il più possibile scientifiche, agli episodi di vampirismo e di relegarli all’ambito del disordine immaginativo di queste popolazioni biasimando i riti apotropaici che considerava abominevoli) e quello di Van Swieten il medico di corte della regina Maria Teresa d’Austria che fece si che la regina stessa emanasse un decreto che vietava il ritorno in vita di persone già morte sia per loro opera che per opera del demonio ponendo fine all’epidemia. Negli ultimi anni Paul Barber, nel suo Vampiri Sepoltura e Morte (Pratiche 1994), riesaminerà minuziosamente le testimonianze rese in queste trattazioni e avvalendosi delle moderne scoperte scientifiche e medico-legali ne darà una spiegazione razionale ammettendo come plausibili le osservazioni delle vittime dell’epidemia ma l’etiologia non è affatto satanica bensì legata ai normali processi di corruzione dei corpi post-mortem e agli effetti di sepolture premature e frettolose. Col decreto della Regina Maria Teresa i sepolcri, almeno apparentemente, sono sigillati e non vi saranno più apparizioni vampiriche presso le case degli abitanti del suo impero; ma la mole di scritti darà luogo ad un’altra epidemia che tuttora non si è riuscita ad estirpare: il vampiro diventerà un’icona dell’immaginario collettivo, a cominciare dagli scritti dei poeti romantici fino ad arrivare ai moderni splatterpunk diffondendo il suo contagio subdolamente ma con ben più successo. Per quest’opera si è reso necessario che si spogliasse del sudario masticato per indossare completi alla moda, rinunciasse al gonfiore del ventre e all’incarnato rubizzo per un più discreto pallore e, soprattutto, riuscisse ad infilarsi nei salotti dei circoli colti seducendo gli astanti proponendosi e non facendo loro richieste come usavano i suoi antenati folclorici, negli ultimi anni qualcuno ha anche rinunciato alla bara, evitando il fastidio di uno scomodo trasloco magari da un vetusto castello ad un appartamentino in centro.


Una nota bio-bibliografica su Gianfranco Manfredi

Gianfranco Manfredi è nato a Senigallia nel 1948. Sfuggito a Milano, vive e scrive in montagna a Gordona (Sondrio). Cantautore nella seconda metà degli anni settanta, si è poi dedicato a una multiforme attività di scrittore: dalla saggistica alla narrativa, dal cinema ai fumetti. Tra i suoi altri romanzi: Cromantica, Ultimi vampiri, Trainspotter, Il peggio deve venire, Il piccolo diavolo nero, Nelle Tenebre Mi Apparve Gesù. È autore per la Sergio Bonelli Editore del popolare fumetto Magico Vento, e della premiatissima miniserie Volto Nascosto, oltre che di alcuni episodi di Tex e Dylan Dog. Di Gianfranco Manfredi Gargoyle ha già ripubblicato il romanzo Magia Rossa (Feltrinelli, 1987) e l’antologia Ultimi vampiri-extended version, arricchita di due nuovi racconti e saggi, suggestivamente introdotta da Tullio Avoledo, a settembre (2010) è prevista l’uscita del suo ultimo nuovo romanzo Tecniche di resurrezione in cui ritroviamo i gemelli Aline e Valcour de Valmont, già protagonisti di Ho freddo.
www.gianfrancomanfredi.com



Una scheda su Vampiri, sepoltura e morte

«Se un tipico vampiro dovesse presentarsi a casa vostra, è probabile che vi ritrovereste sulla soglia di casa uno slavo grassoccio con le unghie lunghe e la barba ispida, gli occhi e la bocca spalancati, la faccia gonfia e rubizza. Abbigliato in maniera informale – per la precisione indossa un sudario di lino – apparirebbe agli occhi di tutti come un contadino
lacero. Se non l’avete riconosciuto è perché vi aspettavate un gentiluomo alto ed elegante con un mantello nero. Ma questo sarebbe il vampiro della letteratura e del cinema...» E il vampiro della letteratura e del cinema non è che un derivato del vampiro del folclore di cui si occupa questo libro. Paul Barber presenta varie testimonianze su questa creatura soprannaturale, tratte dalle credenze popolari, dai racconti folcloristici e dalla letteratura. Prende in esame numerosi resoconti sull’esumazione di presunti revenant, registra che cosa viene detto del loro aspetto, delle loro origini e del modo di sconfiggerli e ucciderli, poi confronta queste informazioni con ciò che oggi si conosce sulla morte e la decomposizione per concludere che la credenza nel vampiro si rivela un’elaborata ipotesi popolare destinata a spiegare eventi in apparenza inesplicabili. Alla base della fortuna, anche letteraria, di questo essere inquietante e tenebroso, presente nelle tradizioni di tutto il mondo, ci sarebbe dunque la paura dei morti, la paura che nasce alla vista della “vitalità” dei cadaveri, delle trasformazioni a cui i corpi sono soggetti dopo la morte, prima di ridursi a puri scheletri «inoffensivi» di natura quasi minerale. Collegando i tratti comuni alle diverse credenze nei non-morti, Barber offre ai lettori un esauriente studio scientifico sul vampiro, il primo che si pubblica in Italia, corredato di ampie note esplicative e di una aggiornata bibliografia sull’argomento. Paul Barber, al momento della pubblicazione del volume, insegnava Letteratura tedesca e Storia del folclore a Princeton.

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