domenica 24 maggio 2009

L'occasione mancata di Melanie Abrams


L'opera prima (Einaudi, 2008) di Melanie Abrams (tra l'altro, moglie dello scrittore indiano Vikram Chandra), pur presentata in modo accattivante, lascia un po' delusi, alla fine.
La narrazione, infatti, rimane come sospesa e si disperde nel conflitto tra rappresentazione erotica e psicologia.

La sottomissione sessuale di Josie, la giovane studentessa di antropologia, protagonista della vicenda, verso il suo amante Devesh non è raccontata nei dettagli e con cattiveria, come ci si aspetterebbe in un romanzo erotico di buon livello.
E' maggiore lo spessore dell'implicito, di quanto non sia la parte esplicitata., come se da parte della scrittrice ci fosse il bisogno di mantenersi su di un livello espressivo "politicamente corretto" e su di un piano di psicologismo "patogenetico" (in base all'assioa che i comportamenti del presente si piegano a partire dai traumi subiti - o, genericamente, patiti - nell'infanzia.
Il tentativo di dare spessore psicologico al "fascino discreto" della sottomissione masochistica e del desiderio di essere punita vibrante in Josie, la giovane studentessa in antropologia protagonista della storia, unitamente all'intenso piacere che ciò le provoca, sembrerebbe essere piuttosto una diversione rispetto al tema principale e un tentativo di "edulcorare" gli aspetti erotici polimorfo-perversi rappresentati, rendendoli più accettabili.

Insomma, un libro scritto bene, ma senza troppo smalto: di storie con epicrisi finale e relativo tentativo di trovare il "trauma" originario, magari con la facilitazione catalizzatrice di un nuovo trauma più recente (come è ad esempio un'improvvisa perdita), ne possiamo leggere sin troppe.
La psicologia vela ciò che dovrebbe essere il nerbo della storia e induce il lettore a mettere da parte la rappresentazione erotica (che in verità ha ben poco di erotico e non stimola per niente la fantasia), mentre il focus del testo perde così mordente, anche con l'appesantimento della ricerca (scontata) di una catarsi finale (o di una serena accettazione dello stato delle cose, delle scelte e dei gusti di Josie).
Credo che la stessa storia sarebbe stata raccontata molto meglio in fumetto dal grande cartoonist dell'eros (e non solo) Milo Manara, con quelle elaborazioni grafiche che tanto piacevano a Fellini.

Non a caso mi viene in mente da Milo Manara, poichè nel suo repertorio c'è appunto una storia a fumetti (prima ancora divulgata nella forma di breve romanzo, corredato con le illustrazioni in bianco e nero di Art Spiegelman), pubblicata con un titolo molto simile, anzi proprio eguale.
Un caso di "omonimia onomastica", si potrebbe dire... Ma non c'è da sorprendersi visto che la parola "gioco" entra nel titolo di oltre 1200 libri...

Questa la presentazione del volume nella quarta di copertina:
Josie è una studentessa di antropologia che ha un legame un po' magico con lo strano bimbo, forse autistico, cui fa da baby-sitter. Una sera, a cena, conosce Devesh, un chirurgo di origini indiane, un uomo enigmatico, seduttivo, molto più grande di lei. L'incontro scatena per tutti e due un'esplosione di sensi e desideri, preludio a una storia d'amore cruda, ma anche densa di sentimento. Josie si abbandona con una strana gratitudine a un mondo di giochi di sottomissione e dominazione, come se in quel momento si sentisse finalmente appagata e i suoi desideri più segreti si realizzassero. E sarà solo facendo ritorno a casa e ripercorrendo ricordi sepolti da anni che riuscirà a intuire cosa, in un lontano passato, abbia potuto scatenare un simile bisogno di punizioni. E per quale motivo anche il lavoro di baby-sitter fosse un richiamo tanto acuto.

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