lunedì 11 maggio 2009

I segni nei muri e il bisogno di condividere storie


Le scritte murali hanno un che di evocativo. Sono frammenti di un discorso che non è conosciuto a chi legge la scritta. Eppure sono un modo per enunciare qualcosa, per condividere un pensiero, per trasmettere la traccia di una storia.
In questo caso, "AVEVA RAGIONE" suscita delle curiosità.

Chi aveva ragione?
Perchè aveva ragione?
Qual'è la storia che si nasconde dietro questa statuizione?
Perchè chi ha scritto ha voluto trasmetterci questo pezzo di storia?

Se ci fosse stato scritto "Avevi Ragione", ci sarebbe stata una maggiore chiarezza.
Si sarebbe trattato di un messaggio che veniva lanciato da un emittente ad un unico ricevente, con l'effetto secondario della condivisione del messaggio con altri.

Un discorso a due, insomma, per quanto pubblico.
Qui invece, l'uso della terza persona implica la volontà di introdurre nella faccenda un terzo (o una molteplicità) che funga da ricevente (oppure da testimone) della dichiarazione di una resa (?), dell'accettazione di un punto di vista a lungo rifiutato (?), di una pacata ammissione (?).

Non possiamo saperlo: quel che è certo è che, trovandosi a passare davanti a quel muro, chiunque potrebbe sentirsi coinvolto.
E siccome il segno grafico apre soltanto una piccola finestra su un discorso più vasto che rimane invisibile ed indecifrabile, a noi rimane soltanto la possibilità di fare congetture o di costruire una storia (da quella più verosimile a quella più fantastica).

Del resto, porsi degli interrogativi, costruire storie sono due caratteristiche ineliminabili della nostra struttura mentale e della natura umana.

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