In quest'ultimo periodo, si verifica un fenomeno strano e sempre più diffuso.
I luoghi dove un giovane ha perso la vita traumaticamente, il più delle volte per un incidente d'auto, diventano sempre di più luoghi di pellegrinaggio, di dialogo imperituro, di dolente scambio con chi non è più e di conservazione della memoria.
Ma anche il luogo in cui vengono deposti messaggi che, per quanto fittizzi, in questa cornice finiscono con il diventare veri, messaggi in cui è lo stesso defunto a dialogare con i vivi, specialmente con i suoi amici, più intimi o i suoi coetanei, invitandoli alla prudenza per non dover vedere finire precocemente anche loro la propria vita, così come è accaduto a lui/lei (e molto spesso si tratta di ragazzi, 17-19 anni, che guidavano un motorino o che, ancora alle prime armi, erano alla guida di un auto).
Sì, un tempo, i luoghi della morte traumatica di qualcuno venivano abbelliti con un piccolo vaso di fiori che, periodicamente, venivano cambiati e poi, a distanza di anni, sostituiti a permanenza con fiori di plastica. Qualche volta, proprio nel punto del maledetto impatto, sul tronco di un albero assassino o sulla scabra superficie di una roccia o su di un muro, veniva collocata una semplice targhetta a memoria, oppure una sobria croce di ferro, spesso corredata di una foto in stile cimiteriale.
Questi "nuovi" luoghi si presentano in modo ben diverso: sì, a volte, ci sono delle piccole lapidi marmoree in stile cimiteriale, con iscrizioni in lettere di bronzo a sbalzo e relative fotografie, ma il più delle volte sono arredati con oggetti "freschi" che nulla hanno di funebre e che sono finalizzati a tenere vivi il ricordo e gli affetti. Per esempio, delle fotografie spontanee, istantanee che colgono chi non è più in compagnia dei suoi amici in una delle tante attività che hanno svolto assieme.
E non mancano dichiarazioni di imperituro affetto e ricordo da parte dei compagni di classe, oppure messaggi più personali da parte di amici e amiche che vengono affissi assieme ad altri oggetti nel punto di appoggio più disponibile.
E si va dal biglietto discreto (collocato senza esibizionismi), ai fogli in formato A4 o A3, sino a lenzuoli scritti a lettere cubitali.
A poco a poco a poco, in questi luoghi, crescono dei veri e propri totem (come è stato ed è , per altri motivi, con l'"Albero Falcone") o anche altari "laici" a cielo aperto.
Non so perchè questo accada.
E' come se i cimiteri fossero divenuti dei luoghi desueti e non adatti a mantenere il ricordo per questa particolare tipologia di trapassati.
Oppure può anche darsi che, in questo caso, i cimiteri tradizionali parlino troppo di morte e di staticità e non siano rispondenti alle necessità dei vivi.
La frequentazione dei luoghi in cui è avvenuto il trapasso è anche un riconoscimento del fatto (peraltro rispondente ad un'antica credenza) che qualcosa di chi è morto continui ad aleggiare nel luogo in cui si è verificato l'accidente.
Si tratta, per alcuni, dell'anima, che - soprattutto nel caso di una morte traumatica ed improvvisa, rimane stordita e vincolata al luogo della morte e non riesce a darsi pace perchè non può conquistare la consapevolezza del suo nuovo stato.
Dal punto di vista sociologico, è come se i luoghi della morte di individui - per lo più giovani - prematuramente strappati al proprio mondo a causa della propria (o di terzi) imperizia o del proprio azzardo, divenuti meta di pellegrinaggio, fossero sentiti - molto più dei cimiteri - i luoghi della "perpetuazione" del vincolo e, in qualche misura anche, come luoghi identitari e come punto d'incontro del gruppo dei pari.
Mentre si va al cimitero per ricordare chi non è più, prendendo atto del fatto che appunto quella persona "non è più" perchè lì sono custodite le sue spoglie mortali, in questi luoghi si va in pellegrinaggio perchè vi si riconosce un potere particolare, che è quello di poter perpetuare il vincolo, coltivarlo, mantenerlo vivo.
I vivi, in questo, mostrano di aver paura a confrontarsi con l'inettulabilità della morte e di non volere lasciare la presa sui propri morti.
E' come se lasciarli andare per sempre, fosse un modo (sentito come pericoloso) di lasciar andar via una parte di se stessi, perdendola definitivamente.
E' così che i luoghi del trapasso (e quindi, per definizione, anche dell'impermanenza in questa terra) divenissero attraverso questa diuturna frequentazione e dell'incessante dialogo, in un rovesciamento paradossale i luoghi della permanenza e della stabilità.
Sono i luoghi che confortano, anzichè indurre alla disperazione e alla vera elaborazione del lutto.
In ogni caso, sono luoghi in cui rimane una forte traccia di energia, legata ai modi violenti ed irreversibili in cui è avvenuto il trauma che ha colpito individui nel pieno della loro vitalità.
I luoghi dove un giovane ha perso la vita traumaticamente, il più delle volte per un incidente d'auto, diventano sempre di più luoghi di pellegrinaggio, di dialogo imperituro, di dolente scambio con chi non è più e di conservazione della memoria.
Ma anche il luogo in cui vengono deposti messaggi che, per quanto fittizzi, in questa cornice finiscono con il diventare veri, messaggi in cui è lo stesso defunto a dialogare con i vivi, specialmente con i suoi amici, più intimi o i suoi coetanei, invitandoli alla prudenza per non dover vedere finire precocemente anche loro la propria vita, così come è accaduto a lui/lei (e molto spesso si tratta di ragazzi, 17-19 anni, che guidavano un motorino o che, ancora alle prime armi, erano alla guida di un auto).
Sì, un tempo, i luoghi della morte traumatica di qualcuno venivano abbelliti con un piccolo vaso di fiori che, periodicamente, venivano cambiati e poi, a distanza di anni, sostituiti a permanenza con fiori di plastica. Qualche volta, proprio nel punto del maledetto impatto, sul tronco di un albero assassino o sulla scabra superficie di una roccia o su di un muro, veniva collocata una semplice targhetta a memoria, oppure una sobria croce di ferro, spesso corredata di una foto in stile cimiteriale.
Questi "nuovi" luoghi si presentano in modo ben diverso: sì, a volte, ci sono delle piccole lapidi marmoree in stile cimiteriale, con iscrizioni in lettere di bronzo a sbalzo e relative fotografie, ma il più delle volte sono arredati con oggetti "freschi" che nulla hanno di funebre e che sono finalizzati a tenere vivi il ricordo e gli affetti. Per esempio, delle fotografie spontanee, istantanee che colgono chi non è più in compagnia dei suoi amici in una delle tante attività che hanno svolto assieme.
E non mancano dichiarazioni di imperituro affetto e ricordo da parte dei compagni di classe, oppure messaggi più personali da parte di amici e amiche che vengono affissi assieme ad altri oggetti nel punto di appoggio più disponibile.
E si va dal biglietto discreto (collocato senza esibizionismi), ai fogli in formato A4 o A3, sino a lenzuoli scritti a lettere cubitali.
A poco a poco a poco, in questi luoghi, crescono dei veri e propri totem (come è stato ed è , per altri motivi, con l'"Albero Falcone") o anche altari "laici" a cielo aperto.
Non so perchè questo accada.
E' come se i cimiteri fossero divenuti dei luoghi desueti e non adatti a mantenere il ricordo per questa particolare tipologia di trapassati.
Oppure può anche darsi che, in questo caso, i cimiteri tradizionali parlino troppo di morte e di staticità e non siano rispondenti alle necessità dei vivi.
La frequentazione dei luoghi in cui è avvenuto il trapasso è anche un riconoscimento del fatto (peraltro rispondente ad un'antica credenza) che qualcosa di chi è morto continui ad aleggiare nel luogo in cui si è verificato l'accidente.
Si tratta, per alcuni, dell'anima, che - soprattutto nel caso di una morte traumatica ed improvvisa, rimane stordita e vincolata al luogo della morte e non riesce a darsi pace perchè non può conquistare la consapevolezza del suo nuovo stato.
Dal punto di vista sociologico, è come se i luoghi della morte di individui - per lo più giovani - prematuramente strappati al proprio mondo a causa della propria (o di terzi) imperizia o del proprio azzardo, divenuti meta di pellegrinaggio, fossero sentiti - molto più dei cimiteri - i luoghi della "perpetuazione" del vincolo e, in qualche misura anche, come luoghi identitari e come punto d'incontro del gruppo dei pari.
Mentre si va al cimitero per ricordare chi non è più, prendendo atto del fatto che appunto quella persona "non è più" perchè lì sono custodite le sue spoglie mortali, in questi luoghi si va in pellegrinaggio perchè vi si riconosce un potere particolare, che è quello di poter perpetuare il vincolo, coltivarlo, mantenerlo vivo.
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