Che noia mortale leggere i romanzi di Robin Cook!!!
Ogni volta mi riprometto: mai più!
E poi, all'uscita di un nuovo romanzo, cado nella trappola. Questa volta è stato il turno di "Corpo estraneo"(Sperling & Kupfer, 2009).
A differenza di altri dello stesso autore che hanno causato in me una viscerale irritazione e, da un certo punto in avanti, soporifere reazioni, al punto da indurmi ad interrompere precocemente la lettura, questo mi ha intrigato più di altri, malgrado le sue scadenti qualità letterarie (tra stile narrativo pedissequo, lungaggini e lentezze eccessive per arrivare poi ad un colpo di scena già scontato in partenza che viene disvelato, ma senza alcun pathos, piattezza dei personaggi).
Il più delle volte, i romanzi di Robin Cook, considerato uno dei maggiori scrittori - se non il re - del genere definito "medical thriller" possono avere un interesse più per gli spunti tematici che non per loro intrinseche qualità letterarie.
E, in questo senso, possono valere come strumento di conoscenza per argomenti poco esplorati e poco conosciuti dal grande pubblico.
Corpo estraneo illustra il tema del cosiddetto "turismo medico", includendo nello sviluppo narrativo una serie di paradossali risvolti e la tematica del complotto, ordita da certe associazioni sanitarie statunitensi infastidite dalla concorrenza del sistema di cliniche private indiane, dove sempre più frequentemente i pazienti americani si fanno ricoverare per interventi chirurgici i cui costi, negli Stati Uniti, sarebbero proibitivi. In sintesi, la trama:
Diciamo pure che, per questa volta, Robin cook si è davvero salvato in corner, ma dal punto di vista letterario è una ben misera vittoria.
Anzichè imbastire un romanzo, avrebbe potuto dire le stesse cose, molto più efficacemente con un racconto di 30-40 pagine al massimo.
Tutto il resto è soltanto folklore e uno spunto per la descrizione di scenari indiani che ho avuto modo di apprezzare letterariamente, con molta maggiore intensità, nelle pagine di Shantaram oppure di Dodici domande (il bellissimo romanzo - scritto da un Indiano - da cui è statto tratto il folm "The millionaire").
E' proprio vero che un certo pubblico di lettori più che apprezzare le qualità narrative, con i romanzi vuole viaggiare e conoscere nuovi luoghi.
L'intrigo e il plot servono più che altro per dare al lettore lo spunto per il "viaggio", intessuto di elementi più che altro visuali, come in genere funzione una sceneggiatura nella preparazione di un film.
Ogni volta mi riprometto: mai più!
E poi, all'uscita di un nuovo romanzo, cado nella trappola. Questa volta è stato il turno di "Corpo estraneo"(Sperling & Kupfer, 2009).
A differenza di altri dello stesso autore che hanno causato in me una viscerale irritazione e, da un certo punto in avanti, soporifere reazioni, al punto da indurmi ad interrompere precocemente la lettura, questo mi ha intrigato più di altri, malgrado le sue scadenti qualità letterarie (tra stile narrativo pedissequo, lungaggini e lentezze eccessive per arrivare poi ad un colpo di scena già scontato in partenza che viene disvelato, ma senza alcun pathos, piattezza dei personaggi).
Il più delle volte, i romanzi di Robin Cook, considerato uno dei maggiori scrittori - se non il re - del genere definito "medical thriller" possono avere un interesse più per gli spunti tematici che non per loro intrinseche qualità letterarie.
E, in questo senso, possono valere come strumento di conoscenza per argomenti poco esplorati e poco conosciuti dal grande pubblico.
Corpo estraneo illustra il tema del cosiddetto "turismo medico", includendo nello sviluppo narrativo una serie di paradossali risvolti e la tematica del complotto, ordita da certe associazioni sanitarie statunitensi infastidite dalla concorrenza del sistema di cliniche private indiane, dove sempre più frequentemente i pazienti americani si fanno ricoverare per interventi chirurgici i cui costi, negli Stati Uniti, sarebbero proibitivi. In sintesi, la trama:
Jennifer Hernandez, studentessa al quarto anno di medicina all'Università di Los Angeles, sta facendo una pausa quando sente al telegiornale una notizia che la sconvolge: sua nonna è morta in un ospedale di New Delhi dopo aver subito un'operazione all'anca. Maria Hernandez si era affidata al cosiddetto turismo medico, recandosi in India per sottoporsi a cure che altrimenti non si sarebbe potuta permettere. Distrutta dal dolore ma determinata a fare chiarezza sulle circostanze del decesso, Jennifer parte per l'India. Dopo aver scoperto altre morti misteriose che la dirigenza dell'ospedale cerca di insabbiare con frettolose cremazioni, la ragazza decide di chiedere aiuto alla sua amica e mentore Laurie Montgomery, a sua volta legata a Maria da un rapporto profondo. Laurie, insieme con il marito Jack Stapleton, si precipita in India e si trova di fronte a una struttura medica inaspettatamente sofisticata, dove il margine d'errore è ridotto al minimo. Man mano che le morti si fanno sempre più numerose e gli interrogativi più inquietanti, all'orizzonte si profila un sinistro e intricato complotto di proporzioni globali.Diciamo pure che il complotto attiene alla dimensione romanzesca, ma lo spunto è reale. Mettendo nel motore di ricerca "turismo medico" si trovano a rimandi a ben 280.000 pagine tra cui molte specifiche dedicate alla bontà del servizio sanitario indiano per pazienti a pagamento provenienti da oltre oceano e per quei pochi indiani residenti che possono sobbarcarsi quelli che, per i parametri indiani, sono dei costi davvero elevati. Si apprende anche che, ormai, esiste una rete di agenzie turistiche specializzate nell'organizzazione di viaggi della salute verso le mete più disparate (tra le quali primeggiano Brasile per la chirurgia estetica, paesi dell'Est e India).
Diciamo pure che, per questa volta, Robin cook si è davvero salvato in corner, ma dal punto di vista letterario è una ben misera vittoria.
Anzichè imbastire un romanzo, avrebbe potuto dire le stesse cose, molto più efficacemente con un racconto di 30-40 pagine al massimo.
Tutto il resto è soltanto folklore e uno spunto per la descrizione di scenari indiani che ho avuto modo di apprezzare letterariamente, con molta maggiore intensità, nelle pagine di Shantaram oppure di Dodici domande (il bellissimo romanzo - scritto da un Indiano - da cui è statto tratto il folm "The millionaire").
E' proprio vero che un certo pubblico di lettori più che apprezzare le qualità narrative, con i romanzi vuole viaggiare e conoscere nuovi luoghi.
L'intrigo e il plot servono più che altro per dare al lettore lo spunto per il "viaggio", intessuto di elementi più che altro visuali, come in genere funzione una sceneggiatura nella preparazione di un film.
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