La 100 km del Passatore la si può osservare in due modi diversi. C'è innanzitutto la gara dei primi, quelli che corrono nella testa della corsa e questo è, indubbiamente, grande podismo, grande sport, grande spettacolo.
Basta seguire la testa alla gara per rendersene conto: ogni edizione del Passatore diventa anche un'importante capitolo nella storia delle ultramaratone, in cui vengono scritte rilevanti pagine tecniche.
Poi, mentre i primi arrivano al traguardo rapidi come comete, continua la gara dei podisti più lenti che comunque, pur non potendo dire nulla dal punto di vista tecnico e della prestazione, ciò nonostante ci sono e contribuiscono in gran parte a costruire la grande rappresentazione "liturgica" della Firenze-Faenza e a fare la storia stessa della corsa.
Basti pensare che quando si è giunti alla 10^ ora di gara (quando, cioè, al traguardo di Piazza Popolo sono già arrivati almeno un centinaio di podisti) gli ultimi - ma intendo proprio quelli che fanno da fanalino di coda - hanno da poco superato il passo della Colla (sono in altri termini a poco meno di 50 km dall'arrivo).
Basta seguire il grande tabellone con il profilo altimetrico e le lucine colorate rosse e verdi piazzato in prossimità del palco degli arrivi per rendersi conto di quanto sia lenta la progressione degli ultimi.
Chi sta per giungere a Casaglia attorno alla 10^ ora sa bene - non può non pensarci - che i primi sono già arrivati: eppure - e questa è la vera forza di carattere dei podisti più lenti sì, ma assolutamente meritevoli - non si scoraggiano, non demordono, stringono i denti e vanno, perchè per loro, ciò che conta veramente in questa giornata - di grande fatica, ma magica e straniante - è arrivare sino in fondo, trasformando un miraggio - un desiderio vagheggiato - in realtà.
Basta stare a guardare gli ultimi arrivi a Piazza del Popolo, diciamo dallo scoccare della 18^ ora in avanti: i podisti continuano ad arrivare alla spicciolata, al ritmo di uno ogni 2-3 minuti.
Alcuni si affacciano in gruppetti compatti di due o tre.
Alcuni non hanno più la forza di stringere il ritmo in una progressione finale e si lasciano arrivare anche distanziati di due-tre metri da chi li procede, senza nemmeno fare un blando tentativo di raccorciare la distanza: ma, in fondo, a questo punto, un posto guadagnato nella classifica generale non fa più nessuna differenza.
I volti sono emaciati e pallidi, devastati dalla stanchezza e dalla mancanza di sonno, alcuni sono francamente stralunati e vacillanti, altri piegati come alberi torti da un vento furioso: eppure, al taglio del traguardo e subito prima di quell'ultima micidiale rampetta che li porterà a ricevere gli ambiti premi (la medaglia, il trittico dei vini e, per i "ripetenti", il trofeo di ceramica "Io c'ero", un sorriso si apre radioso nel volto di ciascuno, gli occhi si illuminano, qualcuno abbozza un gesto di trionfo stendendo le braccia in alto, altri si buttano sulle ginocchia e baciano il suolo e lì rimangono per un attimo estenuati eppure contenti.
E poi, dalla 18^ ora ci sono anche tanti che fanno la storia del Passatore: personaggi che non mancano mai e che vorremmo sempre vedere di edizione in edizione, tanto siamo affezionati alla loro presenza, come il signore che spinge una carrozzina con un globo in miniatura, pieno di messaggi che inneggiano ad un mondo di pace, più equo e più giusto; oppure Il "pittore" che ogni anno, armato di pennelli e colori ad olio, dipinge strada facendo uno o due quadri che hanno come soggetto le vedute paesaggistiche di cui si gode lungo il percorso; oppure ancora il piccolo (di corporatura, ma anziano di età) Alpino, o ancora il grande Gelli che ha portato a termine per ben 36 volte il Passatore (tutte le edizioni meno una) e che, con pervicacia e orgoglio, trasporta da Firenze a Faenza un grande stendardo che, sulle due facce, porta tutti gli anni delle sue partecipazioni, scritti in rosso con grandi caratteri cubitali.
Il Passatore è tutto questo e molto di più: non è soltanto la gara tecnica dei primi.
E questo bisogna ricordarselo bene, rendendo onore a tutti, egualmente: agli ultimi come ai primi.
Ogni persona del Passatore, ogni finisher, ma anche chi è stato costreto a ritirarsi e poi tanto ritornerà, ha una sua storia da raccontare che può spiegarci il suo esserci, le sue aspirazioni e i suoi pensieri durante la gara.
Attraverso tutto questo si è costruito il mito della "Cento più bella del mondo": ed è proprio il mito che le aleggia attorno e che ormai possiede una sua vita propria a far sì che, ad ogni nuova edizione, siano diverse centinaia i "neofiti della 100 km", cioè quei podisti che decidono di partecipare per la prima volta non tanto ad una 100 km quanto piuttosto tout court al "Passatore" (circa 470 quest'anno gli iscritti neofiti che correvano il Passatore per la prima volta).
La 100 km del Passatore è un po' come la Maratona di New York per i tanti che hanno cominciato a correre perchè subivano il fascino della Maratona nella Grande Mela e che ci andavano non tanto perchè gli importasse granchè della maratona come gara "tecnica" ma per potersi abbeverare a quel mito, vivendolo in prima persona e poter dire alla fine, esibendo orgogliasamente la medaglia di finisher "Io c'ero", "Io ci sono stato", "Ce l'ho fatta".
Lunga vita al Passatore che adesso marcia a gonfie vele verso il compimento dei suoi "primi quarant'anni"!
Basta seguire la testa alla gara per rendersene conto: ogni edizione del Passatore diventa anche un'importante capitolo nella storia delle ultramaratone, in cui vengono scritte rilevanti pagine tecniche.
Poi, mentre i primi arrivano al traguardo rapidi come comete, continua la gara dei podisti più lenti che comunque, pur non potendo dire nulla dal punto di vista tecnico e della prestazione, ciò nonostante ci sono e contribuiscono in gran parte a costruire la grande rappresentazione "liturgica" della Firenze-Faenza e a fare la storia stessa della corsa.
Basti pensare che quando si è giunti alla 10^ ora di gara (quando, cioè, al traguardo di Piazza Popolo sono già arrivati almeno un centinaio di podisti) gli ultimi - ma intendo proprio quelli che fanno da fanalino di coda - hanno da poco superato il passo della Colla (sono in altri termini a poco meno di 50 km dall'arrivo).
Basta seguire il grande tabellone con il profilo altimetrico e le lucine colorate rosse e verdi piazzato in prossimità del palco degli arrivi per rendersi conto di quanto sia lenta la progressione degli ultimi.
Chi sta per giungere a Casaglia attorno alla 10^ ora sa bene - non può non pensarci - che i primi sono già arrivati: eppure - e questa è la vera forza di carattere dei podisti più lenti sì, ma assolutamente meritevoli - non si scoraggiano, non demordono, stringono i denti e vanno, perchè per loro, ciò che conta veramente in questa giornata - di grande fatica, ma magica e straniante - è arrivare sino in fondo, trasformando un miraggio - un desiderio vagheggiato - in realtà.
Basta stare a guardare gli ultimi arrivi a Piazza del Popolo, diciamo dallo scoccare della 18^ ora in avanti: i podisti continuano ad arrivare alla spicciolata, al ritmo di uno ogni 2-3 minuti.
Alcuni si affacciano in gruppetti compatti di due o tre.
Alcuni non hanno più la forza di stringere il ritmo in una progressione finale e si lasciano arrivare anche distanziati di due-tre metri da chi li procede, senza nemmeno fare un blando tentativo di raccorciare la distanza: ma, in fondo, a questo punto, un posto guadagnato nella classifica generale non fa più nessuna differenza.
I volti sono emaciati e pallidi, devastati dalla stanchezza e dalla mancanza di sonno, alcuni sono francamente stralunati e vacillanti, altri piegati come alberi torti da un vento furioso: eppure, al taglio del traguardo e subito prima di quell'ultima micidiale rampetta che li porterà a ricevere gli ambiti premi (la medaglia, il trittico dei vini e, per i "ripetenti", il trofeo di ceramica "Io c'ero", un sorriso si apre radioso nel volto di ciascuno, gli occhi si illuminano, qualcuno abbozza un gesto di trionfo stendendo le braccia in alto, altri si buttano sulle ginocchia e baciano il suolo e lì rimangono per un attimo estenuati eppure contenti.
E poi, dalla 18^ ora ci sono anche tanti che fanno la storia del Passatore: personaggi che non mancano mai e che vorremmo sempre vedere di edizione in edizione, tanto siamo affezionati alla loro presenza, come il signore che spinge una carrozzina con un globo in miniatura, pieno di messaggi che inneggiano ad un mondo di pace, più equo e più giusto; oppure Il "pittore" che ogni anno, armato di pennelli e colori ad olio, dipinge strada facendo uno o due quadri che hanno come soggetto le vedute paesaggistiche di cui si gode lungo il percorso; oppure ancora il piccolo (di corporatura, ma anziano di età) Alpino, o ancora il grande Gelli che ha portato a termine per ben 36 volte il Passatore (tutte le edizioni meno una) e che, con pervicacia e orgoglio, trasporta da Firenze a Faenza un grande stendardo che, sulle due facce, porta tutti gli anni delle sue partecipazioni, scritti in rosso con grandi caratteri cubitali.
Il Passatore è tutto questo e molto di più: non è soltanto la gara tecnica dei primi.
E questo bisogna ricordarselo bene, rendendo onore a tutti, egualmente: agli ultimi come ai primi.
Ogni persona del Passatore, ogni finisher, ma anche chi è stato costreto a ritirarsi e poi tanto ritornerà, ha una sua storia da raccontare che può spiegarci il suo esserci, le sue aspirazioni e i suoi pensieri durante la gara.
Attraverso tutto questo si è costruito il mito della "Cento più bella del mondo": ed è proprio il mito che le aleggia attorno e che ormai possiede una sua vita propria a far sì che, ad ogni nuova edizione, siano diverse centinaia i "neofiti della 100 km", cioè quei podisti che decidono di partecipare per la prima volta non tanto ad una 100 km quanto piuttosto tout court al "Passatore" (circa 470 quest'anno gli iscritti neofiti che correvano il Passatore per la prima volta).
La 100 km del Passatore è un po' come la Maratona di New York per i tanti che hanno cominciato a correre perchè subivano il fascino della Maratona nella Grande Mela e che ci andavano non tanto perchè gli importasse granchè della maratona come gara "tecnica" ma per potersi abbeverare a quel mito, vivendolo in prima persona e poter dire alla fine, esibendo orgogliasamente la medaglia di finisher "Io c'ero", "Io ci sono stato", "Ce l'ho fatta".
Lunga vita al Passatore che adesso marcia a gonfie vele verso il compimento dei suoi "primi quarant'anni"!
IO C'ERO!. Purtroppo a S. Adriano Km 71 ho dovuto mollare per un'infiammazione alla tibia che non mi consentiva più di muovere un passo. Era la mia prima... volevo fortissimamente arrivare. Lo volevo con tutto me stesso ma non è stato possibile. Voglio dire del senso di onore che ho provato a vedermi sorpassato da quegli anziani di cui scivevi, eroici e bellissimi, con i quali ho condiviso parte del percorso (pittore compreso). Davvero commoventi nel loro sforzo orgoglioso. Una cosa ho visto con grandissima soddisfazione in questa gara: la voglia incredibile di onorare questa gara fino in fondo. Sino all'ultimo briciolo di energia rimasta in corpo, da parte di tutti, anche quelli che stremati si sono dovuti fermare. Gara meravigliosa che merita di essere onorata con un arrivo. Al 2010! Marco
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