lunedì 19 gennaio 2009

Luci ed ombre sul delitto di Perugia

Proprio in questi giorni in cui s'è avviato il procedimento penale d'appello contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito è uscito tempestivamente in libreria, per i tipi di Armando Editore, una riflessione criminologica sul delitto di Perugia, ad opera di Vincenzo Mmaria Mastronardi (docente in Criminologia e Psicopatologia Forense) e di Giuseppe Castellini (Direttore Responsabile del quotidiano "Il giornale dell'Umbria").
Il volume, alla luce del materiale processuale già disponibile, quello scaturente dal procedimento con rito abbreviato a carico di Rudy Degue, cerca di fare il punto della situazione, con oggettività e senza propendere a favore di nessuno degli "attori", proponendo in maniera non esplicita (e dunque discreta) la tesi secondo cui "i fatti parlano da sé".
Il titolo del volume è un tributo alla "vittima": "Meredith. Luci e ombre su Perugia"(2009).
Una scelta significativa questa, poichè esprime il desiderio di rappresentare, in qualche modo, la vittima di questa vicenda, Meredith Kercher, in un'epoca in cui attorno ad alcuni delitti, enfatizzati dai media, si accendono polemiche infinite tra "innocentisti" e "colpevolisti", e gli autori del delitto (indiziati come tali) diventano dei veri e propri protagonisti, mentre della/e vittima/e ci si scorda fin troppo rapidamente.
Raramente le voci delle vittime hanno voce in capitolo. Esse cadono rapidamente nell'oblio, perchè - nell'epoca del potere dei media e della televisione del dolore - gli uccisi sono il più delle volte "i sommersi": vengono trascurati soprattutto perchè sono stati definitivamente privati del potere della parola.
Il volume è arricchito da un'appendice che riporta alcuni materiali processuali, tra i quali - molto interessanti - i report "psico-grafologici" effettuati su Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede, con tanto di profili di personalità ed ipotesi diagnostiche.
In più, al volume è allegato un DVD che presenta la ricostruzione in 3D della scena del delitto e riporta alcuni documenti-chiave della vicenda, mettendo in luce i suoi molti aspetti non ancora risolti e problematizzandoli.
L'operazione sembra corretta e non di parte, come altra pubblicistica "istantanea" su Amanda Knox e Raffalele Sollecito, di dubbio valore epistemologico.
All'avvio del procedimento in Corte d'Appello, non può che dare compiacimento la decisione presa dai giudici del Tribunale di Perugia di celebrare il processo d'appello a "porte chiuse" per le telecamere, allo scopo di evitare spettacolarizzazioni deleterie e utilizzazioni successive delle riprese per dar vita a processi "para-giudiziari" nei media.
Ciò nonostante, di già, non sono mancate delle trasmissioni, alla presenza di alcuni legali delle parti, in cui si è discusso in toni accesi e polemici dell'innocenza e della colpevolezza dei due attualmente sotto giudizio, con la proposta di profili, foto d'archivio e altri simili corredi iconografici.
E' certo che la tentazione di portare avanti un processo nei media, dimenticando la vittima e "umanizzando" gli eventuali carnefici, è troppo forte e sicuramente "pagherà" in termini di audience, anche perchè - in tutta la vicenda - c'è anche lo scontro di paesi e di mentalità diversi (Meredith era inglese, Amanda Knox è statunitense, Rudi Guedè africano, Raffaele Sollecito italiano), il confronto di sistemi giudiziari diversi (quello americano, quello inglese e quello italiano, messi a confronto anche con pesanti giudizi di merito), ma anche l'attivazione di forti movimenti "innocentisti" a favore di Amanda Knox con la creazione da parte dei genitori e dei familiari di un "fondo" a suo favore (sostenuto da un'Associazione di supporter), cui chi vuole può aderire, per facilitare ad essi - i genitori - l'assistenza, i viaggi, il supporto.
Secondo la mia modesta opinione, come in tante analoghe vicende, sarebbe più opportuno il silenzio mediatico, lasciando che la giustizia abbia il suo corso.
Un delitto è stato commesso, delle indagini sono state effettuate, i giudici valuteranno ed emetteranno una sentenza.
Le notizie sull'andamento della vicenda giudiziaria andrebbero date con ponderatezza e distacco, senza lasciarsi andare alle seduzioni del processo collaterale celebrato da presunti esperti e frequentatori di sitcom.
Il rischio è quello di ritrovarsi poi con dei "colpevoli" per sentenza giudiziaria che, nel frattempo, sono divenuto personaggi celebrati nei media, pur anche nella loro qualità di eroi negativi e che del loro gesti - in un futuro non troppo lontano - potranno fare fonte di guadagni e di notorietà (libri, film, interviste etc).
E tutto ciò, a pensarci bene, non sarebbe affatto etico.
In ogni modo, bisognerebbe cercare di ridimensionare la non eticità del Moloch dei mass media.

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