domenica 4 gennaio 2009

La piaga della violenza oggi: la forza dei "lupi", il silenzio (e l'oblio) per gli innocenti


Questo evento ha suscitato in me una forte emozione e lo voglio commentare
Il fatto è avvenuto il 29 dicembre dell'anno appena trascorso.
Questa, in sintesi, la notizia
Pesta involontariamente il piede a uno sconosciuto mentre balla in discoteca e, per tutta risposta, viene aggredito, picchiato e ridotto in fin di vita. Vittima del pestaggio, avvenuto a Gela, è un giovane di 25 anni, Saverio D., che ora si trova ricoverato nella divisione di Neurochirurgia dell'ospedale Garibaldi di Catania in coma farmacologico. Il primo diverbio - continua la notizia -era avvenuto all'interno del locale, il 'Tanguera', ma la lite era stata sedata dal personale di vigilanza. Fuori, però, si sono radunati presto gli amici del ventenne che stava litigando con la vittima: quando il 'branco' è stato al completo, è iniziato il pestaggio. La vittima è stata lasciata a terra esanime. Al pronto soccorso dell'ospedale di Gela gli hanno riscontrato trauma cranico, contusioni, escoriazioni e diverse fratture. Il paziente è poi stato trasferito al Garibaldi di Catania. Sull'episodio stanno indagando i carabinieri

Volendo ricercare in internet questa notizia, ho messo nel motore di di ricerca, tra le altre parole, la frase "ammazzato di botte".
Sorprendente per me constatare quanti link il motore di ricerca ha subito spiattellato: un paio di migliaia.
E' un dato che fa riflettere: la violenza è sempre più frequente, dovunque. Non solo nei contesti "istituzionali" (guerre più o meno locali), ma come fatto capillare e diffuso nella vita di tutti i giorni e nei contesti più quotidiani.
Alcuni dicono, minimizzando: la violenza c'è sempre stata, solo che prima non aveva una così rapida e capillare visibilità, come ai tempi di internet e dei mezzi di comunicazione di massa.
Forse, è così.
E' certo che l'Uomo sia intrinsecamente violento e aggressivo - unico tra gli animali - contro i rapppesentanti del proprio stesso genere (secoli, se non millenni, di guerre ce lo dimostrano). Il detto "Homo homini lupus", di tale assunto (la vita come perenne condizione di attacco che ha come suo contraltare la fuga), è un'ottima sintesi.
Quel che è certo è che scorrendo anche soltanto alcune delle molteplici notizie reperibili su internet con "ammazzato di botte" viene fuori che l'esercizio della violenza il più delle volte nasce da motivi futili e banali, o che, in alcuni casi, è addirittura gratuito con motivazioni il più delle volte pretestuose.
Ricordiamoci del sempreverde apologo di Fedro sul lupo e l'agnello...
Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, si ritrovarono a bere nello stesso ruscello. Il lupo era più a monte, mentre l'agnello beveva a una certa distanza, verso valle. La fame però spinse il lupo ad attaccar briga e allora disse: "Perché osi intorbidarmi l'acqua?"
L'agnello tremando rispose: "Come posso fare questo se l'acqua scorre da te a me?"
"E' vero, ma tu sei mesi fa mi hai insultato con brutte parole".
"Impossibile, sei mesi fa non ero ancora nato".
"Allora" riprese il lupo "fu certamente tuo padre a rivolgermi tutte quelle villanie". Quindi saltò addosso all'agnello e se lo mangiò.
Questo racconto è rivolto a tutti coloro che opprimono i giusti nascondendosi dietro falsi pretesti.

Mai questo apologo fu più attuale.
La sua versione più moderna è forse quella in cui vi è una continua interscambiabilità dei ruoli.
Il lupo si fa agnello e gli agnelli, in funzione delle circostanze, si fanno lupi.
Le vittime delle violenza si fanno a loro volta lupi.
"Il gregge alza la testa" era titolato un inquietante apologo fantascientico degli anni '70 che ipotizzava che tutti gli animali addomesticati diventavano improvvisamente aggressivi nei confronti dell'uomo. Forse una rivalsa, dopo millenni di vessazioni?
La cosa che più preoccupa, senza volermi tuttavia addentrare in analisi sociologiche complesse, è spesso l'assenza di motivazioni e la mancanza (o la scarsa incidenza) di freni inibitori.
Prima, c'era forse - a fare da freno - la certezza della pena che poteva essere quella terrena o, peggio, ultraterrena.
La lezione scaturente da un'assiduità di lettura e di meditazione dei testi della Bibbia e del Vangelo aveva sicuramente il suo peso.
A far da filtro preliminare, al repentino passaggio all'azione aggressiva e/o destruente, c'erano una serie di dispositivi morali scaturenti da un superiore apparato etico che governava le vite di tutti gli uomini.
E' come se, oggi, il dilagare della violenza spicciola (il fertile terreno su cui alligna quella ben più grande sino alla scala planetaria) sia il frutto di uno sfilacciamento sempre più accentuato del necessario rigore morale (si badi, non rigidità) che dovrebbe governare i rapporti sociali e il modo di porsi dell'individuo nei confronti dell'Altro da sé.
A questa deriva, si aggiunge l'effetto deleterio dell'amplificazione mediatica.
Si veda per esempio il seguente abbinamento di eventi cui i notiziari televisivi hanno dato molto risalto nei commenti sugli "incidenti" di Capodanno.
Attorno a mezzanotte, proprio al culmine dell'imperversare di botti e scoppi, un giovane si affaccia al balcone di casa e viene colpito da un proiettile vagante esploso poco prima da mani ignote.
Nello stesso notiziario, tre "scapestrati" vengono intercettati dalla troupe televisiva di quell'emittente nelle vie della stessa città.
Il volto dei tre è oscurato per garantire la privacy.
I tre vengono intervistati.
Sono in preda ad una palese eccitazione e si esprimono con poche parole rotte e concitate.
Improvvisamente, uno dei tre tira fuori una pistola, esibendola, ed esplode, in rapida sequenza, tre colpi.
PUM! PUM! PUM!
I tre girano le spalle e corrono via.
L'intervistatore sobbalza.
Ma commenta, comunque: "Era un colpo di pistola... per festeggiare!".
Dal punto di vista giornalistico lo si potrebbe considerare un piccolo scoop.
Tuttavia, commento sciocco quello del giornalista in campo, anche perché accompagnato da un sorriso che, per quanto d'imbarazzo, ai più, potrebbe sembrare compiacente e di complicità su un'azione che - come viene lasciato trapelare - è soltanto una bravata...
E, poi, qualcuno fuori campo commenta: "Certo, non sappiamo se la pistola fosse caricata a salve...".
E se l'incontro apparentemente casuale con i tre giovani non fosse stato tutta una montatura per creare la "notizia"?
Legittima domanda!
Certo è che del povero cristo, morto in un modo tanto stupido nella notte di Capodanno, presto non se ne ricorderà più nessuno: sarà per sempre un perdente.
Anzi, molti - anzichè mettere in moto la pietas e l'empatia - potrebbero alimentare pensieri del tipo:
Lui: un povero fesso, un imprudente, un temerario...
Perchè mai è andato là fuori?
Ha avuto quel che si meritava...

La sua imprudenza è stata ripagata...
Rimarrà anonimo tra tanti altri come lui vittima di soprusi.
Invece, dei tre armati di pistola, pronti a mostrarla in un vano e protervo esibizionismo rimarrà traccia, eccome: sia negli innumerevoli blob (o trasmissioni simili) sia in youtube dove il piccolo stralcio video sarà presto caricato da qualche buon "samaritano" e reso visibile per sempre.
La notizia del pestaggio da cui parte il presente commento e quella sui tre giovinastri che sparacchiano hanno un comune denominatore: ai pestatori e ai tre con pistola viene data una "potente" visibilità mediatica che, anziché disincentivare dalla pratica della violenza (pestare e sparare sono in fondo la stessa cosa), funge da rinforzo, funzionando come volano propulsore sia per i protagonisti degli eventi oggetto delle notizie, sia per altri potenziali imitatori.
Se l'etica del giornalismo prevede la massima libertà dell'informazione e la circolazione delle notizie senza censure, andrebbe detto che in alcuni casi una così grande visibilità accordata a certi eventi si trasforma in un perverso dispositivo di amplificazione di fatti che, pur presentati con l'etichetta della riprovazione e "condannati" a parole, in realtà sono oggetto d'una comunicazione che, essendo sempre ambigua (si dà sempre risalto al fatto violento perchè porta audience), può ricevere molteplici chiavi di lettura.
E' chiaro che chi è incline ai comportamenti violenti seleziona quella decodificazione dell'evento che sia maggiormente idonea a fornirgli una conferma del proprio sistema di riferimento.
Essere in televisione e sulle pagine dei giornali, sia pure come eroi "negativi" è una grande vittoria: è quellla che possono celebrare la ventina di componenti del branco di pestatori di Gela o i tre giovani con la pistola dei vicoli di Napoli.
A loro la perpetua visibilità mediatica, mentre alle vittime restano solo il "silenzio degli innocenti" e l'oblio.
Se questa è giustizia...
Soprattutto, guardando a simili eventi, sul versante del loro impatto educativo, c'è da chiedersi se questa è una maniera di diffondere notizie "etica"...

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