
"Australia" potrà non piacere ad alcuni: ma sinceramente ho i miei dubbi. E' un film assolutamente godibile dall'inizio alla fine. Il suo pregio sta nel fatto che, oltre a farci conoscere una realtà ambientale poco nota (sono ben pochi i film australiani ambientati proprio in Australia che giungnon nel grande circuito di distribuzione), ci fornisce una miriade di cose che sono al tempo stesso causa di intrattenimento e fonte di curiosità e di desideri di approfondimenti.
C'è la saga in cui si mescolano elementi storici, quali il transito da un mondo all'altro, determinato dallo scoppio della II Guerra Mondiale, lo scontro tra la piccola oligarchia di aristocratici inglesi e una masnada di avventurieri e profittatori che cercano di accaparrarsi con inganni e violenza la proprietà delle terre e dei pascoli, ma anche il controllo assoluto dei commerci, lo scontro tra culture diverse (che, in alcuni momenti, è anche incontro, le cui conseguenze devono essere tuttavia occultate se non addirittura megate, separando i figli meticci dalle madri per evitare di far crescere una generazione che possa ambire ad occupare i posti dei "bianchi".
Ma c'è anche il sorgere di un amore che va contro la sensibilità e le ipocrisie della classe dominante (la storia che nasce tra Sarah Ashley (Nicole Kidman) e il mandriano brusco di modi, ma giusto e leale (Hugh Jackman) e in esso s'identifica - non in ultima posizione, perchè quest'aspetto pervade l'intero film - un omaggio al fascino selvaggio del Nord-Est dell'Australia (dove è appunto ambientata la vicenda), dai territori desertici che rifioriscono al giungere di grandi pioggie monsoniche alle sue coste dense di rigogliosa vegetazione, al suo mare, ai suoi cieli e ai suoi deserti.
A far da filo conduttore parallello, c'è la rappresentazione del modo di vivere degli aborigeni australiani che, per tutto il XIX secolo continuarono ad essere sottoposti a discrimazioni e persecuzioni che soprattutto li violentavano perchè tentavano di spezzare le loro secolari consuetudini, convinzioni cosmogoniche e necessità culturali.
Quest'aspetto è presentato dal regista in modo discreto, come parte essenziale del plot, senza alcuna sbavatura o eccedenza didascalica.
Lo spettatore ha la facoltà di apprendere di queste vicende nel corso del film stesso e di farsi gradatamente le sue idee, osservando il confronto tra i bianchi "predatori" e gli aborigeni che tentavano di conservare la libertà delle proprie "vie dei canti".
Alla fine del film, il giudizio dello spettatore non può che essere severo proprio nei confronti di "quei" bianchi spietati ed insensibili, con un apprezzamento per quelli che, invece, comprendendo la grande "ricchezza" e la saggezza d'un popolo apparentemente primitivo e povero di ogni tecnologia, cercavano di garantirgli un minimo di libertà e protezione dal deliberato "etnocidio", perpetrato con lo sfruttamento, la violenza, le deportazioni forzate e anche con la liberale distribuzione di alcool.
Luhrmann, Australiano doc, di origini umili e proveniente dall'interno dell'Australia, successivamente formatosi nel teatro ma letteralmente "esploso" al cinema, fornisce in definitiva, con questo film, un magnifico omaggio alla "sua" Australia, intinto di alcuni degli elementi western "visionari" di Sergio Leone (si vedano le sequenze dell'arrivo alla farm di Lady Ashley oppure quelle - epiche ed avventurose assieme - della conduzione della mandria dall'interno desertico sino alla costa), e un omaggio a quelle che furono definite le "generazioni perdute" degli aborigeni.
C'è la saga in cui si mescolano elementi storici, quali il transito da un mondo all'altro, determinato dallo scoppio della II Guerra Mondiale, lo scontro tra la piccola oligarchia di aristocratici inglesi e una masnada di avventurieri e profittatori che cercano di accaparrarsi con inganni e violenza la proprietà delle terre e dei pascoli, ma anche il controllo assoluto dei commerci, lo scontro tra culture diverse (che, in alcuni momenti, è anche incontro, le cui conseguenze devono essere tuttavia occultate se non addirittura megate, separando i figli meticci dalle madri per evitare di far crescere una generazione che possa ambire ad occupare i posti dei "bianchi".
Ma c'è anche il sorgere di un amore che va contro la sensibilità e le ipocrisie della classe dominante (la storia che nasce tra Sarah Ashley (Nicole Kidman) e il mandriano brusco di modi, ma giusto e leale (Hugh Jackman) e in esso s'identifica - non in ultima posizione, perchè quest'aspetto pervade l'intero film - un omaggio al fascino selvaggio del Nord-Est dell'Australia (dove è appunto ambientata la vicenda), dai territori desertici che rifioriscono al giungere di grandi pioggie monsoniche alle sue coste dense di rigogliosa vegetazione, al suo mare, ai suoi cieli e ai suoi deserti.
A far da filo conduttore parallello, c'è la rappresentazione del modo di vivere degli aborigeni australiani che, per tutto il XIX secolo continuarono ad essere sottoposti a discrimazioni e persecuzioni che soprattutto li violentavano perchè tentavano di spezzare le loro secolari consuetudini, convinzioni cosmogoniche e necessità culturali.
Quest'aspetto è presentato dal regista in modo discreto, come parte essenziale del plot, senza alcuna sbavatura o eccedenza didascalica.
Lo spettatore ha la facoltà di apprendere di queste vicende nel corso del film stesso e di farsi gradatamente le sue idee, osservando il confronto tra i bianchi "predatori" e gli aborigeni che tentavano di conservare la libertà delle proprie "vie dei canti".
Alla fine del film, il giudizio dello spettatore non può che essere severo proprio nei confronti di "quei" bianchi spietati ed insensibili, con un apprezzamento per quelli che, invece, comprendendo la grande "ricchezza" e la saggezza d'un popolo apparentemente primitivo e povero di ogni tecnologia, cercavano di garantirgli un minimo di libertà e protezione dal deliberato "etnocidio", perpetrato con lo sfruttamento, la violenza, le deportazioni forzate e anche con la liberale distribuzione di alcool.
Luhrmann, Australiano doc, di origini umili e proveniente dall'interno dell'Australia, successivamente formatosi nel teatro ma letteralmente "esploso" al cinema, fornisce in definitiva, con questo film, un magnifico omaggio alla "sua" Australia, intinto di alcuni degli elementi western "visionari" di Sergio Leone (si vedano le sequenze dell'arrivo alla farm di Lady Ashley oppure quelle - epiche ed avventurose assieme - della conduzione della mandria dall'interno desertico sino alla costa), e un omaggio a quelle che furono definite le "generazioni perdute" degli aborigeni.