sabato 18 dicembre 2010

Con “I maledetti e gli innocenti”, Francesco Viviano e Alessandra Ziniti firmano un romanzo sulla pedofilia ispirato a una storia vera


Nel diario di un cinquantenne, sequestrato in Sicilia durante un’indagine sulla pedofilia, è documentato l'abuso sessuale sui minori, prima subìto e poi perpetrato nel corso di un’intera vita.
Da questo documento messo agli atti di un processo, Francesco Viviano e Alessandra Ziniti, già noti al grande pubblico per inchieste giornalistiche di grande spessore, hanno tratto spunto per firmare il romanzo ‘I maledetti e gli innocenti’, pubblicato da Aliberti Editore nella collana Yahoopolis diretta da Edoardo Montolli (2010).
E’ un romanzo che, nato come “instant book (ma senza le sciatterie che contraddistinguono, in genere, i libri istantanei), affronta un argomento di scottante attualità, che ha sconvolto e che, purtroppo, continua a sconvolgere la vita di tanti giovani in tutte le parti del mondo, giovani che, a volte, da vittime si trasformano in carnefici, da innocenti in maledetti.

Francesco Viviano e Alessandra Ziniti, noti per le loro ottime prove di giornalismo d'inchiesta, con questo romanzo-verità propongono - a partire da una storia vera e dal diario di un pedofilo messo agli atti d'un procedimento giudiziario - una riflessione sulla pedofilia che, per come è articolata la narrazione, offre al lettore la possibilità di osservare le cose da un duplice vertice. Il punto di vista del pedofilo (l'Enzo Gastaldi del plot narrativo, ex-seminarista e poi insegnante a domicilio per i ragazzini del vicinato e del quartiere) che prima di diventare tale è stato a sua volta una "vittima", cui fa da contraltare lo sguardo d'una vittima di Enzo (Milena che, da ragazzina, era stata oggetto delle attenzioni di Enzo).

Il Pedofilo, esecrabile perché miete le sue vittime tra ragazzini innocenti che non hanno possibilità di difendersi, è il parto di un meccanismo senza fine che è molto difficile smontare: il racconto ci mostra come un pedofilo non nasce per caso, ma si configuri attraverso una serie di passaggi che, pur potendo presentarsi con molte varianti, sono in certo modo obbligati. Un soggetto che da adulto diviene pedofilo (e, dunque, un "maledetto" e un "tormentatore" di bambini, di ragazzini/e e, in ogni caso, di minorenni), in tenera età, è stato fatto oggetto, a sua volta, delle concupiscenze d'un adulto pedofilo.

Non tutti i bimbi che hanno subito una tale sorte sono destinati a diventare a loro volta pedofili, ovviamente: altri reagiscono alle forme di abuso patite in altri modi, imparando a sviluppare meccanismi psichici difensivi che metteranno a repentaglio il loro futuro evolutivo oppure semplicemente rimuovendo i ricordi più penosi che potrebbero essere recuperati all'improvviso e traumaticamente, come nel caso della Milena della storia.
Nello stesso tempo, quando si tratta questa materia bisogna rifuggire il rischio di cadere in rappresentazioni stereotipate (e di tipo rigidamente binario), frutto di ignoranza e di pregiudizio.
Ciò che impressiona della storia di Viviano e Ziniti è proprio questo: a differenza dell'adulto violento nei confronti dei minori, il pedofilo immette nella sua vittima un veleno sottile e insidioso che sarà molto difficile da eliminare e che svilupperà in seguito una sua azione specifica.
Il “veleno” instillato nella giovane mente innocente, ancora in fase di latenza dal punto di vista psicosessuale o appena all’esordio dell’esplosione adolescenziale, attiva in maniera anomala livelli di eccitazione scaturenti dalla sovra-stimolazione delle zone erogene, senza che questa tempesta sensoriale possa essere sufficientemente elaborata ed inglobata armonicamente nell’organizzazione della personalità e con la funzione strutturante di educazione e cultura.
Questo è appunto uno dei meccanismi più potenti che porta alla perpetuazione della pedofilia. L’innocente, man mano che si trasforma in adulto, tenderebbe a ricercare attivamente proprio quelle forme di eccitazione sperimentate, quando la sua mente e il suo cervello emozionale erano ancora “vergini”, e – spinto dalla sua pulsione – è capace di coinvolgere abilmente nuove “vittime”, perché – sulla sua pelle – ha imparato come fare, essendo rimasta dentro di lui una memoria potente ed inestinguibile dei meccanismi di seduzione e di “deviazione” da utilizzare in ogni nuovo approccio, con una sostanziale debolezza dei freni morali nel prevalere di un bisogno di soddisfacimento sentito come ego-sintonico.
Il circuito, tuttavia, può essere interrotto, se solo la vittima innocente di ieri, candidata a divenire pedofilo nel suo domani, favorito dalle sue circostanze di vita riesce ad acquisire consapevolezza dell’anomalie delle sue pulsioni, attivando al contempo dei freni morali che lo distolgano dall’ineluttabilità della ripetizione di un’azione complementare rispetto a quella subita nel suo passato.
In alcuni casi l’esposizione al trauma iniziale è stata così massiccia e le circostanze di vita tanto avverse sono state così massicce da impedire lo svilupparsi di un benché minimo barlume di consapevolezza.
In questo senso, il romanzo-inchiesta dei due giornalisti offre una rappresentazione del fenomeno della pedofilia non convenzionale e fuori degli schemi che, in una certa misura, può indubbiamente spiazzare ed inquietare il lettore che viene a trovarsi davanti ad una scrittura in cui la divisione tra “innocenti” e “maledetti” non è così netta come si vorrebbe, a scopo di mera rassicurazione.
Tra le “soglie” del romanzo non è convincente, tuttavia, la sovrascritta nella parte alta della prima di copertina della frase “Nelle pagine di un religioso il più ignobile dei peccati”, inserita per motivi più di tipo commerciale e per attivare la curiosità morbosa del potenziale lettore.
Il protagonista della vicenda, Enzo Gastaldi, infatti, non è né un prete e nemmeno un ex-prete, ma soltanto un ex-seminarista poi tornato alla vita laica senza aver preso i voti, come accade a tanti di essere mandati in seminario dai genitori per risparmiare sulle spese scolastiche. E, in ogni caso, le sue esperienze di iniziazione sessuale omofila da parte di un adulto avvengono ben prima dell’ingresso in seminario.
“I maledetti e gli innocenti” non è di lettura agevole, proprio per la natura dell'argomento e, indubbiamente, si procede a fatica. Non perchè sia scritto male. Tutt’altro. Ma non è bello dovere scendere nel maelstrom dell'anima di un uomo, nel cui percorso di crescita esperienze precoci hanno radicalmente eroso alcuni punti di riferimento fondamentali, impedendo lo strutturarsi di corrette direttive morali.

La storia più nel dettaglio
Il titolo di un giornale, relativo all’arresto del “pedofilo del doposcuola”, risveglia nella protagonista, Milena, felicemente sposata e madre di tre figli con una vita del tutto normale fatti accaduti durante la sua infanzia e che lei sperava, completamente dimenticati. Quella notizia appresa casualmente fa riaffiorare alla sua coscienza un passato del tutto dimenticato e, per l’appunto del tutto “passato”. Quello che riemerge in lei è il trauma rimosso di un’infanzia violata, un segreto mai condiviso con nessun altro.

«Impallidii e chiusi di scatto il giornale scagliandolo con un gesto rabbioso lontano da me. Che diritto aveva, trent’anni dopo, di tornare nella mia vita, adesso che ero una donna serena, sposata con un uomo che mi aveva dato amore e fiducia, con tre figli che erano il mio orgoglio e la mia rivincita?»
«Il pedofilo del doposcuola. Solo il titolo dell’articolo mi causò un violento conato di vomito che mi costrinse a sedermi al tavolo della cucina. Per fortuna che Daniele, mio marito, era uscito per andare in università e che i ragazzi erano tutti fuori, Marco e Andrea alla solita partitella di calcio e Sofia, la piccolina, a giocare da un’amichetta. Mi costrinsi a leggere l’articolo che raccontava dell’arresto di quel mostro che conoscevo così bene».
Enzo Gastaldi, di umili origini, ex-seminarista, impiegato modello, arrotondava lo stipendio dando lezioni ai ragazzini del quartiere. Poi nel corso del tempo, aveva iniziato a servirsi della tecnologia contemporanea: foto, riprese video, internet e, a tradirlo, ormai cinquantenne è stata proprio la rete, dove è stato intercettato dagli investigatori del Nucleo telematico.
Milena , nel leggere l’articolo sul giornale, si trova a rivivere il trauma della sua infanzia violata, ma desiderosa di ricordare tutto, fare finalmente chiarezza, chiudendo definitivamente con una parte dolorosa del suo passato, decide di andare a fondo.
Ritorna nello stabile, dove da piccina abitava con la madre e utilizzando una vecchia chiave di riserva che, secondo le regole del buon vicinato, l’Enzo Gastaldi aveva affidato loro (per eventuali emergenze), entra nell’appartamento che era stato teatro della sua precoce iniziazione e va alla ricerca di una scatole contenente – come sapeva già – i ricordi più preziosi di Enzo e un suo diario.
La scatola custodita nel ripostiglio di una armadio contiene lettere, foto, una ciocca di capelli, una collanina con una croce d’argento, un Vangelo con la dedica di un sacerdote, il campanello arrugginito di una bicicletta, un soldatino di piombo, delle conchiglie e un quaderno, avvolto in carta da pacco dello stesso color legno del mobile.
Il diario di Enzo Gastaldi, in cui è lui in persona a raccontare, capitolo dopo capitolo, le sue esperienze di bambino e di adulto, inclusa l’iniziazione di Milena, illustra il percorso da innocente a maledetto.
Milena legge, a fatica e con dolore, lasciando per ultimo il capitolo che la riguarda. Quello lettura sarà il disvelamento finale di un aspetto perturbante, proprio perché rimosso a lungo della sua storia personale. La lettura del diario e, in retrospettiva, del frammento di storia che la riguarda avrà per Milena una funziona catartica e terapeutica che le consentirà di archiviare il passato una volta per tutte.

Gli autori
Francesco Viviano, inviato di «Repubblica», ha seguito tutti i maxiprocessi di mafia, analizzando l’evoluzione di Cosa nostra dalle stragi a oggi. Inviato in Iraq e in Afghanistan, è stato insignito di numerosi riconoscimenti e nominato “Cronista dell’anno” nel 2004, 2007 e nel 2008. Per Aliberti ha pubblicato Michele Greco, il memoriale (2008), Mauro De Mauro. Una verità scomoda (2009), Morti e silenzi all’università (2010) e I misteri dell’agenda rossa (2010)
Alessandra Ziniti, inviata di «Repubblica», ha seguito tutte le grandi inchieste di mafia e di cronaca in Sicilia. Insieme a Francesco Viviano ha vinto il premio Cronista dell’anno nel 2008 e sempre con lui ha pubblicato per Aliberti Morti e silenzi all’università. Il laboratorio dei veleni (2010) e I misteri dell’agenda rossa (2010).

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