Nella nostra vita ci sono traiettorie che s'incrociano e che, a volte, si affiancano per poi divergere.
Correre le maratone e, ancor di più le ultramaratone, espone un po' a questo tipo di esperienza.
Ci si ritrova tutti assieme su di un campo di gara, a volte in poche decine, a volte in centinaia o a migliaia.
Si respira tutti quanti allo stesso ritmo, i cuori battono all'unisono in un'emozionante esperienza di condivisione.
Ognuno, poi, inizia a percorrere la strada data, intento alla conquista del proprio personale traguardo.
Nel corso della via - come del resto accade nei pellegrinaggi - ci si affianca a qualcuno che va al nostro stesso passo e gli si procede accanto per un tempo più o meno lungo.
L'esperienza interiore della condivisione si fa, in questi casi, ancora più forte ed intensa.
A volte si parla, a volte no.
Anche l'esperienza del silenzio è condivisa.
La nostra mente inevitabilmente fantastica sul nostro compagno di via.
Emozioni e curiosità si accendono velocemente e poi svaniscono in dissolvenza.
Poi, il passo di uno prevale su quell'altro, oppure uno dei due viene risucchiato indietro a causa della stanchezza o di un improvviso malessere, mentre l'altro continua ad andare avanti cavalcando la freccia del tempo, al suo ritmo cadenzato come un metronomo.
Quei destini che un attimo prima si erano incrociati, si disincrociano, divergendo.
Forse, con quella particolare persona con la quale si erano pure divisi intensamente dei momenti interminabili e densi (anche senza dover parlare) non ci si incontrerà più per il resto della nostra vita, per quanto si continuino a percorrere senza sosta le vie del mondo.
Eppure, in noi, una traccia - una scintilla - di quell'incontro permarrà a lungo.
Tra i miei cimeli di maratona e di gare cui ho partecipato c'è una foto di grande formato (incorniciata e appesa al muro) scattata all'uscita del Queesborough Bridge (al 25° chilometro della maratona di New York, in occasione di quella che fu la mia seconda esperienza di partecipazione alla maratona della Grande Mela).
Io sono in mezzo a tanti altri e sembra che arranchi di buona lena.
Ci sono accanto a me alcuni anziani, altri più giovani, uomini, donne: siamo tutti intenti in un'esperienza condivisa - compagni di viaggi - tutti con lo sguardo rivolto lontano verso la fine della nostra strada, ma ancora il traguardo è ben lontano ed è meglio non pensarci.
La guardo spesso pensosamente, questa foto, e mi chiedo: Che fine avranno fatto queste persone? Sono ancora vive? Sono morte e se la risposta è sì, come? Quali destini avrà riservato loro la vita?
Tutte domande alle quali non posso purtroppo dare risposte.
Perchè so soltanto di me.
Non di altri.
Il destino ha voluto che in quel particolare momento e in quel luogo noi fossimo lì tutti assieme in un'esperienza condivisa, in un'irripetibile unità di intenti, desideri ed azione.
Ho letto di recente un bel ibro, più che altro un racconto lungo, che parla proprio di questo tipo di esperienza.
Si tratta di Un incontro (del cinese Lin Ychang, per i tipi di Einaudi, 2005) che è la storia di un incontro tra un uomo e una donna, appunto.
Un uomo (Chunyu Bay), ormai anziano, cammina per le vie di Hong Kong, ripercorrendo - mentre si muove lungo quelle strade - le memorie del suo passato, che sente ormai remoto: tanto è cambiato, ma tanti dettagli sono sopravvisssuti all'avanzare della modernità (cosìda indurre in lui un miscuglio di nostalgia e conforto).
Anche una giovane donna (Ya Xing) si ritrova a camminare per le vie della stessa città: lei, invece, è tutta protesa verso il futuro e coltiva una serie di sogni (un po' ingenui, ma pieni di entusiasmo) sul modo in cui si svilupperà la sua vita e sui doni che le sono riservati.
Vivono entrambi nel presente, ma ciascuno dei due segue dei percorsi e ritmi temporali diversi.
Entrambi si trovano ad osservare le stesse cose in maniera speculare (arrivano al punto di incontro ciascuno per vie diverse).
Entrambi si ritrovano per puro caso (il destino?) seduti accanto, gomito a gomito, nel buio di una sala cinematografica.
Ciascuno dei due pensa qualcosa dell'altro, sperimenta curiosità e sente vibrare emozioni.
Poi, alla fine del film, i due si alzano, proseguendo ciascuno per la sua strada.
E' come se i due fossero in movimento lungo due traiettorie diverse che s'incrociano in quell'unico punto.
Eppure, per quanto non sia stata pronunciata nemmeno una parola, l'incontro - per quanto puntiforme - c'è stato e qualcosa si è consumato, con la mediazione dell'esperire comune e condiviso, prima, del camminare per le stesse vie e, poi, dell'osservazione dello scorrere della pellicola cinematografica davanti agli occhi.
Tante volte, questi sono gli incontri della nostra vita.
Incontri muti, eppure densi. Fuggevoli, eppure destinati a durare nel tempo e a radicarsi nel proprio bagaglio di esperienze cruciali.
La storia struggente di un amore non consumato. Il libro, che ha ispirato il film del regista Wong Kar-wai, "In the Mood for Love", segue il percorso di due personaggi nel cuore di Hong Kong. Un uomo e una donna. Un uomo maturo e una donna giovane. Lui, immerso nella memoria, lei, proiettata verso il futuro, sognatrice. Opposti e paralleli, i due percorrono le stesse strade di Hong Kong, incontrano le stesse persone, lo stesso cane nero, la stessa gioielleria, ma tutto ispira loro pensieri e sentimenti rovesciati.
"Visto dall'alto, secondo un procedimento di astrazione progressiva, il diagramma della storia si sviluppa secondo due linee che procedono nel medesimo campo visivo e che arrivano a toccarsi in un punto per poi continuare il proprio tracciato separate" (dalla recensione di Francesco Pettinari su L'Indice).
Il racconto è stato trasposto in film dal regista Wong Kar-wai con l'interpretazione di Maggie Cheung (la donna) e di Tony Leung (l'uomo) con il titolo In the mood for love, con un'interpretazione diversa, eppure al tempo stesso molto aderente: lì, infatti, un incontro fisico, corporale, per quanto fuggente si attiva: ma il senso della storia sotanzialmente non cambia.
Era giorno fatto quando Chunyu Bay si risvegliò e tornò alla realtà. Si stiracchiò, si alzò e andò alla finestra per respirare una boccata d'aria fresca. Il sole del mattino aveva scacciato le tenebre. Fuori dalla finestra c'era un filo per stendere i panni. Un passero arrivò da lontano e si posò sul filo. Dopo un po' un altro passero arrivò da lontano e si posò sul filo. I due si guardarono. Poi spiccarono il volo insieme, uno diretto a est, uno diretto a ovest. (da Un incontro, cap. 42).
La foto, all'inizio, è stata scattata in occasione della 100 km Madrid-Segovia 2010 che ha unito in modo splendida un percorso di pellegrinaggio con la pratica del podismo non competitivo per quanto di lunghissima lena.
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