mercoledì 8 aprile 2009

E se le opere di narrativa potessero essere "fabbricate" da un supercomputer?


Uno splendido libro, di quelli che afferri quando stai per uscire di casa e ti porti nello zaino, per avere una cosa da leggere nei tempi morti della tua giornata e che, nel giro di poco, hai divorato.
Non conosco ancora in modo completo l'opera di Roald Dahl, se non per la sua "Fabbrica del cioccolato" e qualche altra short novel, tipo "Il vicario, cari voi" (corredato come molti dei libri di Dahl, dalle belle illustrazioni di Quentin Blake).
I suoi scritti, apparentemente indirizziti ad un pubblico di piccini, sono caratterizzati da una graffiante ironia e dalla capacità, nello stesso tempo, di dire delle cose molto profonde, con il pregio che le sue narrazioni possono essere apprezzate da lettori di tutte le età.
Il titolo di questo libricino è fallace, tuttavia: perchè il libro contiene, in verità, due racconti. Oltre a "Il libraio che imbrogliò l'Inghilterra" ("The bookseller"), storia d'una geniale truffa mandata avanti - sino all'inevitabile passo falso - da una male assortita coppia ("Tanto va la gatta al lardo...")t coniene l'assai più apprezzabile "Lo scrittore automatico" ("The Great Automatic Grammatisator") n cui uno scrittore frustrato, perchè le sue creazioni letterarie vengono regolarmente rifiutate per la pubblicazione, mette a punto una sorta di super-computer capace di comporre ogni sorta di racconto e poi anche di romanzo, miscelando abilmente generi, stili, lessico e financo target di riviste in cui far pubblicare lo scritto o di lettori.
In questo secondo racconto, l'inganno non verrà mai scoperto: Mr Knipe - Il geniale scrittore-inventore - e Mr Bohlen, il suo finanziatore, la faranno franca riuscendo nel loro intento, sino alla realizzazione di traguardi sempre più ambiziosi (compreso, alla fine, il monopolio dell'editoria).
"Lo scrittore automatico" è decisamente una condanna feroce nei confronti di tutti quegli scrittori che si danno delle arie, ma anche dei critici e dei comitati di lettori delle case editrici: l'affermazione forte è che, ammesso e non concesso, che fosse possibile realizzare una simile macchina, il prodotto realizzato alla fine del processo sarebbe del tutto indistinguibile da quello partorito con fatica dalla mente di una singola persona.
E gli scrittori, a quel punto, potrebbero andarsene tutti in pensione... o essere pagati per non scrivere più una sola parola.
Tanto all'intrattenimento letterario e al piacere dei lettori ci penserà con efficacia la macchina computazionale...
L'importante, tuttavia, è lasciare loro l'illusione che dietro quei romanzi o racconti ci siano dei "veri" scrittori, in carne ed ossa...
La critica trasposta nell'ironia lieve - eppure graffiante - di Roald Dahl non è del tutto campata in aria.
L'editoria contemporanea - per quanto dica di essere in crisi - sforna di continuo nuovi testi e propone di continuo scrittori emergenti che sono, in alcuni casi fortunati, la scoperta letteraria dell'anno, mentre i più rimangono semplici comprimari che - se gli va bene - riescono a conquistarsi una propria nicchia di lettori.
Di rado le tirature della maggior parte delle "nuove" opere vengono vendute in modo soddisfacente e, in tempi sempre più ristretti, passa al circuito remainder oppure va direttamente al macero.
Ciononostante, siccome il mercato dell'editoria, al pari di ogni altro settore produttivo, deve girare in continuazione, nuovi libri vengono di continuo sfornati ad un ritmo a dir poco "asfissiante": non c'è giorno che in libreria non ci siano delle novità a far bella mostra di sé.
Oggi, gli scrittori, pur essendo dei "creativi", sono asserviti alle esigenze di un sistema aziendale di produzione: quindi, mentre un tempo lo Scrittore era a tutti gli effetti un' vero artigiano della parola scritta e seguiva il proprio processo creativo dall'inizio alla fine senza tanti strumenti tecnologici (e basti pensare al lento e paziente lavoro lessicale di cesello che Alessandro Manzoni s'impose prima di licenziare definitivamente alle stampe "I Promessi Sposi"), oggi lo scrittore ha un coorte di personaggi che lo seguono nel suo percorso: dall'agente letterario (che colloca sul mercato le sue opere), ad un proprio comitato di lettori personali e di consiglieri fidati, ad un rappresentante della casa editrice incaricato di svolgere l'"editing" del testo (compito cruciale), ai cosiddetti "negri" di cui si avvalgono gli scrittori di best-sellers più affermati per l'esecuzione del lavoro iniziale di composizione del testo a partire da un semplice canovaccio.
Lo scrittore, in definitiva, non è più padrone di ciò che scrive, ma si limita a "sfornare", il più delle volte, un prodotto grezzo che, poi in fase di rifinitura, subisce per esigenze di congruenza editoriale una serie di estesi rimaneggiamenti.
Quindi, anche se il super-computer che elabora testi letterari più o meno complessi non è ancora stato inventato, l'intuizione beffarda di Roald Dahl è davvero geniale: lo scrittore moderno (con diversi gradi di coinvolgimento in funzione della sua posizione "in graduatoria") è sempre di più un semplice ingranaggio d'una macchina editoriale sempre più complessa e, pertanto, facilmente sostituibile.

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