domenica 26 ottobre 2008

Panchine



Ieri sono andato per panchine.
Non volevo starmene chiuso a casa nel primo pomeriggio.
La mia prima sosta è stata Piazza Castelnuovo, dove - attorno al palchetto della musica - sono allocate ce ne sono alcune di pietra, fatte d'una specie di granigliato che - con i suoi cromatismi - mima il porfido.
E' incredibile come cambi la prospettiva sulla vita quando si abbandona il flusso del movimento e ci si siede su di una panchina: prendono il sopravvento il tempo dei propri pensieri e quello della memoria, dissociati dal flusso temporale in cui tutti gli altri si muovono.
Una silenziosa, condivisione è soltanto possibile con chi, in quello stesso momento, se ne sta seduto pure su d'una panchina.
Poco più in là, un signore anziano (ma nemmeno tanto: forse più dimesso che anziano) nutre i piccioni con delle briciole di pane. Attorno a lui si accalca una miriade becchettante che, a tratti e per motivi imperscrutabili, prende il volo a stormo con frulli d'ali, passando radente sulle teste di altri frequentatori di panchine che guardano con meraviglia oppure scansano le

Cicaleccio di conversazioni sommesse.
loro teste da traiettorie troppo basse.
Fidanzati intrecciati che si baciano.
Altri, in attesa nervosa, compulsano di continuo il telefonino oppure rispondono a chiamate o ne ricevono, dando istruzioni a chi, forse, deve raggiungerli per un appuntamento. Ma questi non sono degli utilizzatori DOC di panchine, poichè rimangono ancorati al flusso della vita veloce e non si rilassano nell'attesa senza tempo e senza strumentalità cui la panchina dovrebbe indurre.
Poco più in là, mi sposto verso un'altra piazza della memoria, a Piazza Lolli. Qui la piazza-giardino che prima si presentava come un'arida spianata di terra rossa da cui sorgevano palme
svettanti che a me piccino (poco più che un "soldo di cacio", come usava dire mio padre) parevano gigantesche ed incombenti, è stata sistemata da pochi anni con aiuole e vialetti dal bel selciato di grandi lastre di pietra grezze e con tante panchine comode, con la seduta di assi di legno e fornite di spalliera.
Sono tutte stranamente in ottime condizioni e non vandalizzate, salvo una o due.
L'atmosfera è quella di un'autentica oasi di pace.
Sarebbe tutto perfetto, se la grande fontana al centro del giardino fosse piena d'acqua e i suoi zampilli in funzione. Il chiocchiolare dell'acqua sui sassi che contornano gli ugelli accrescerebbe per certo la magia del luogo e indurrebbe ad arabiche fantasticherie...
Mi accomodo su di una panchina che guarda verso il cinema Dante, mentre alla mia sinistra rimane l'edificio dell'antica stazione, oggi soppiantata dalla stazione Notarbartolo.
Anche qui, fidanzati che si baciano.
Gente che sta, contemplando, guardandosi attorno o semplicemente immersa nei propri pensieri.
Qualcuno fuma una sigaretta con indolenti boccate o è intento nella lettura di un libro.
Qui, non solo la panchina è uno spazio magico e senza tempo, ma l'intera piazza lo è, tagliata fuori com'è dalla direttive del grande traffico convulso e caotico della città.

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