martedì 22 luglio 2008

Le statue di J. Seward Johnson, a Mondello, pur stimolando la curiosità e divertendo, generano inquietudine

Sull'imbrunire camminavo per le vie di Mondello (la nota località balneare dei Palermitani), quando in lontananza ho scorto la sagoma di un giardiniere chino su di un'aiuola ed intento in un lavoro di rinvaso. Davvero molto strano vedere a Palermo dei giardinieri in attività a questa ora del giorno! Incuriosito e colpito dalla strana immobilità del personaggio, mi sono avvicinato per osservare meglio. Stupito, ho dovuto constatare che si trattava d'una statua, realizzata a grandezza naturale, in cui la resa della plasticità del movimento era accentuata dall'uso dei colori (il blu dei pantaloni, il rosso sgargiante d'un fazzoletto sporgente dalla tasca posteriore) e dall'utilizzo di veri accessori (la paletta per il rinvaso, l'orologio, gli scarponcini da lavoro).




Poco distante (mi trovavo nella rotonda di Valdesi, nei pressi del "Baretto"), due tipi in piedi in vestito elegante e ciascuno con la sua borsa porta-documenti conversavano spigliati tra loro e sembravano in procinto di voler attraversare la strada, non fosse stato per un turista giapponese, che, alquanto molesto, spiava con insistenza nell'orologio da polso di uno dei due per guardare l'ora (o per vedere se fosse vero), spingendo il suo viso quasi a ridosso del braccio di uno dei due uomini. Anche questi due signori ("Frequent flyers", diceva una targa metallica ai loro piedi) erano, in verità, un gruppo statuario, mentre invece il "foresto" era un uomo vero, in carne ossa, ma da lontano - per un attimo - nella luce fioca del tramonto - era sembrato anche lui statua.


Questo tentativo di interazione
del Giapponese con i due e ha provocato un effetto sicuramente straniante, come anche l'improvviso rallentamento degli automobilisti in transito, quasi a voler cedere il passo ai due impeccabili businessmen (solo le scarpe un po' impolverate).
Oppure come quello indotto, poco più in là da un'altro gruppo statuario: due personaggi accomodati su una panchina ed intenti in un'affabile conversazione, mentre seduti accanto a loro o in piedi si notavano alcuni frequentatori del lungomare mondellano. Guardando da lontano, non era dato capire bene chi fosse chi e chi stesse facendo cosa. Chi fosse statua e chi vivente: nell'interazione, si creavano la possibilità di un chiasma, con una probabile crisi d'identità dei viventi e delle statue, e una straniante intercambiabilità dei ruoli tra il vivente e l'inanimato, una sorta di drifting epistemologico.
Si sarebbe portati a pensare che forse,
nel dare forma a statue e gruppi, fosse stato proprio questo l'intento dell'artista: quello di imitare il più possibile - anche nelle scelte cromatiche - la vita. La scultura cosi sembra uscire dalla fredda sala di un'esposizione museale, scendendo anche da quel piedistallo in cui è solitamente collocata e - in metafora - cominciando a camminare tra la gente.
Viceversa, i passanti che si fermano a rimirare, ad osservare, oppure che - scherzosamente (ma anche, a volte, con una perturbante serietà) - tentano di interagire con le statue, come nel caso di quelli che, tra il serio ed il faceto, lanciano il loro obolo nella custodia aperta ai piedi d'un suonatore di violino che s'è fermato proprio davanti alla fontana della Sirenetta, nella piazza di Mondello paese, intrattenendo i passanti con le sue note, sembrano volentieri inglobare nella loro vita la fredda immobilità delle statue.
Queste statue, così precise e realistiche, senza quell'effetto di trascendenza determinato dalla materia di cui in genere sono fatte le sculture (il bronzo, il marmo, la pietra, la creta, il legno) ed ingentilite - anzi, umanizzate - dall'uso di materiali veri (che introducono una diversa e variegata grana alla superficie statuaria) e di oggetti d'uso comune (le calzature, per esempio), sembrano essere statue che tali non vogliono essere e che - prive di vocazione statuaria - vogliono acquistare umanità. facendosi -
per così dire - carne e sangue, secondo un processo opposto a quello messo in atto da uomini e donne in deriva esistenziale che si sforzano con tutte le proprie energie (e denunciando in questo una preoccupante tendenza alla posa catatonica) di assumere (e mantenere per ore) l'immobilità della statua, diventando quindi oggetto inanimato, cosa.
Basti pensare a quelli che - senza tempo - se ne stanno accovacciati a terra con la faccia poggiata al suolo (un cartello scritto a caratteri rozzi davanti a sé nel quale viene richiesto un obolo: "Ho fame. I miei bambini muiono di
fame!") oppure a quei mimi che, impersonando personaggi in costume (per esempio, a New York può capitare di vedere, agli angoli delle strade più frequentate dai turisti oppure a Battery Park dove si transita per raggiungere i traghetti che portano ad Ellis Island e alla Statua, tante Statue della Libertà a grandezza umana), se ne stanno per ore in una catatonica immobilità (senza tremori, battiti di ciglia o respiri più profondi che alterino la fissità che ci si aspetta da una statua), con l'abolizione di qualsiasi variante cromatica nel loro abbigliamento e nelle superfici cutanee esposte (anche loro aspettandosi una mancia per lo spettacolo che offrono ai passanti).
Le statue mondellane, dunque danno l'impressione di voler diventare viventi, forse proprio per il fatto di essere discese dal loro basamento e dalla semoscurità dello spazio museale: ma proprio perchè, in questo loro discendere tra gli uomini che le trasfigura, enunciano un desiderio di vita che - in ultima analisi - è ad esse negato, evocano qualcosa d'inquietante.
La loro collocazione in uno spazio d'interazione naturale contiene in qualche misura un'eccesso di iper-realismo. L'immagine perturbante che esse richiamano alla mente, quando - all'imbrunire - i passanti si ritirano e, assieme a loro, vita ed animazione recedono dalle strade, è quella delle "persone" finte (manichini elaborati e abbigliati di tutto punto) che, negli Stati Uniti - ai tempi dei test nucleari - venivano collocati in cittadine fantasma create all'uopo in luoghi desertici proprio per valutare gli effetti della bomba atomica sulla "vita" in tutte le sue diverse manifestazioni (passanti per strada, donne con passeggino e neonato, una famiglia seduta attorno al desco per cena, spettatori seduto davanti ad uno schermo televisivo buio, un uomo che legge un giornale).
I gruppi statuari wapoati a Mondello (15 in tutto) sono alcune delle opere di J. Seward Johnson Jr., considerato di gran lunga il più famoso scultore contemporaneo negli Stati Uniti, e fanno parte di un'esposizione a cielo aperto che, voluta dall'Amministrazione comunale di Palermo ed inaugurata ai primi di luglio, proseguirà fino al prossimo 15 ottobre: le statue sono esposte - come si diceva - nel lungomare di Mondello, da piazza Valdesi alla piazza del borgo dei pescatori e sono state collocate - apparentemente - senza alcuna di misura di sicurezza e protezione, proprio perchè sono state concepite con la finalità di indurre il fruitore ad un'interazione "attiva" che includa anche, eventualmente, il "toccare con mano".
La mostra en plein air, promossa in Italia dalla Galleria Ca' d'Oro di Roma, è approdata a Palermo dopo avere fatto tappa, fra l’altro, a Montecarlo, Hannover, Gstaad, Berlino, Venezia, Roma, Torino, Milano, Ischia e in costa Smeralda.


Lo scultore J. Seward Johnson nel suo studio

Tra le sculture esposte vi è la tristemente nota scultura “Double-Check”, che è la copia di quella della collezione del World Trade Center, oggi posizionata in Liberty Plaza e divenuta il simbolo della tragedia dell’attacco alle Torri gemelle nel settembre 2001.
Ma si posono citare anche una runner con tanto di walkman alle orecchie ("Shaping up": "mettendosi in forma"), trio di suonatori messicani ("Los Mariaches"), un bagnante atletico con asciugami a righe vivacemente colorati poggiato sulla spalle che risponde ad una chamata al cellulare.
Quando, trovandomi a New York, ho visto per la prima volta questa scultura non sapevo che ne fosse autore di Seward Johnson. Anzi, di lui ignoravo del tutto l'esistenza e l'attività. L'ho imparato adesso, stimolato da questa mostra a cielo aperto.


Double-check in Liberty Plaza a New York

Dalle ricerche che ho effettuato per scrivere queste note risulta che J. Seward Johnson Jr. è lo scultore contemporaneo americano più visto e più amato. E' stata grande l’ammirazione dimostrata da innumerevoli persone di tutte le età che mai hanno imparato il suo nome, ma - andando direttamente al sodo della fruizione delle sue opere - sono stati colpiti e attratti dai suoi lavori che si caratterizzano per il fatto di essere realizzati a dimensione naturale e proprio da questa interattività che, se in superficie diverte e fa sorridere, più in profondità produce un effetto sicuramente perturbante.

Johnson ha fatto scendere a terra la sculture giù da quel piedistallo sul quale venivano collocate in passato, portandola alla luce fuori dall’oscurità in cui erano relegata, per metterla in contatto con il presente, con la gente, con la vita, insomma, e portandole così ad incontrare e catturare l'attenzione dei suoi concittadini.
Per quanto concerne l'esibizione meritevole di queste sculture nella nostra città, nel constatare lietamente che Palermo anche attraverso queste inizative si pone nel solco di altre grandi città europee, tuttavia non si può non riflettere sul fatto che ben altre dovrebbero essere le priorità nella rubrica della nostra amministrazione comunale.
Qualcuno, nel suo blog, al riguardo, ha scritto questo commento:
In una città civile, sarebbe una bella iniziativa, ma scansare le montagnette di “munnizza” o fare gimcana tra i fossi e lo sconquasso dei marciapiedi e poi trovarsi davanti a questi pupi, dà fastidio e fa pensare: “Ma quanti soldi sperperano in questa amministrazione… farebbero meglio a pulire le strade e aggiustare i marciapiedi”.
Il senso civico di moltissimi palermitani che ho visto manutenere da sé le strade (seppure limitatamente al proprio spazio antistante il bar o il ristorante) o addirittura pulire per strada, conferma un mio pensiero: ci sono troppe persone inutili pagate inutilmente in giro per gli Enti di Palermo… Ci metterei loro, come statue, in giro per mondello, almeno avrebbero dato un senso alla loro esistenza su questa Terra.
Non si può che condividere questo punto di vista, senza nulla togliere alla validità del lavoro artistico di J. Seward Johnson.

Nessun commento:

Posta un commento

 
Creative Commons License
Pensieri sparsi by Maurizio Crispi is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
Based on a work at mauriziocrispi.blogspot.com.